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Crisi Eolico: nelle trimestrali USA miliardi di minusvalenze

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La situazione per il settore dell’energia rinnovabile negli Stati Uniti, e in particolare per le società che si occupano di energia eolica, continua a peggiorare. In queste settimane le aziende stanno pubblicando i loro risultati economici e finanziari relativi al terzo trimestre dell’anno, con aggiustamenti anche ai dati dello stato patrimoniale. Si nota una valanga di stralci e minusvalenze sul valore degli investimenti in parchi eolici, a cominciare da società come British Petroleum ed Equinor. Le due aziende, che hanno già riportato i loro dati per il Q3 2023, hanno complessivamente stralciato $840 milioni di valore degli investimenti sull’eolico e non sono nemmeno considerabili come dei colossi del settore.

C’è grande attesa soprattutto per quanto riguarda Orsted, il colosso danese dell’eolico che da decenni domina il mercato e che non ha ancora riportato i suoi dati trimestrali. Ad agosto la società aveva apertamente dichiarato ai propri azionisti che le minusvalenze sugli asset eolico negli States sarebbero state importanti. Si parla addirittura di 16 miliardi di corone danesi, cioè fino a 2.3 miliardi di dollari persi tra problemi nella supply chain, aumento dei costi per via dell’inflazione cavalcante e diminuzione della redditività in seguito agli aumenti dei tassi d’interesse. Il tutto mentre, in Germania, Siemens Energy cerca il bailout governativo a fronte di perdite previste per il 2023 di €4,3 miliardi dovute soprattutto al comparto eolico.

Peggiora la crisi dell’energia eolica

L’energia eolica è diventata una parte centrale della Bidenomics. Il Presidente americano punta a sostituire i combustibili fossili con energia pulita, soprattutto grazie al potenziale per l’eolico offshore offerto dalle coste statunitensi e dalle correnti oceaniche. Il tutto supportato da grandi progetti di stoccaggio energetico, in modo da immagazzinare c’è energia in eccesso e immetterla nella rete quando le turbine eoliche non ne producono abbastanza. Tutto questo teoricamente funziona molto bene, ma nella pratica si sta rivelando molto difficile. In mancanza di nuovi crediti ambientali e sostegni alle imprese che si occupano di energia eolica, molte rischiano di chiudere.

Orsted ha già dichiarato che la perdita sarà quantomeno di 5 miliardi di corone danesi, quindi non inferiore a 700 milioni di dollari. British Petroleum, soltanto nel terzo trimestre, ha stralciato $540 milioni in asset eolici dopo che lo Stato di New York ha rifiutato di concedere alla multinazionale inglese un aumento dei sussidi per la produzione di energia. BP aveva acquisito i suoi grandi impianti statunitensi per $1,1 miliardi nel 2020, quando i tassi d’interesse erano prossimi a zero e l’energia eolica era un business molto redditizio. Ora la metà di quel valore è andato perso, in base alle condizioni attuali del mercato, e la società non si sente di mantenere questa zavorra sul proprio bilancio.

Guardando alle aziende più piccole, SothCoast Wind e Commonwealth Wind hanno pagato le municipalità locali per smettere di fornire loro energia eolica: costa meno delle perdite legate alla produzione. Complessivamente avrebbero dovuto fornire 2.400 MW di potenza, alimentando centinaia di migliaia di abitazioni e imprese in Massacchussets.

Arriveranno dei bailout pubblici?

La domanda che si pongono i mercati è cosa decideranno di fare le amministrazioni locali e quelle federali di fronte alla situazione attuale. Gli Stati Uniti possono accettare di rallentare la transizione energetica in modo significativo e lasciare che le piccole società falliscano, oppure intervenire a sostegno del settore per fornire dei fondi con cui mandare avanti le aziende in questo periodo difficile.

Il problema è arduo: l’indebitamento generato dall’amministrazione Biden è già molto elevato, ma al tempo stesso il settore genera migliaia di posti di lavoro e di MW di energia pulita. Sarà una scelta ardua, ma che tra inflazione e tassi alle stelle rischia di diventare anche una scelta urgente. Secondo diversi analisti, l’amministrazione opterà per il salvataggio quantomeno delle aziende più rilevanti del settore. Per il momento, in ogni caso, la Casa Bianca non ha ancora commentato sull’argomento.

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