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Dividendi, arriva lo stop alla doppia tassazione. E si può chiedere il rimborso
Due nuove sentenze aprono nuovi scenari per gli investitori. I dividendi non potranno più essere sottoposti alla doppia tassazione. Ed è possibile chiedere il rimborso per il passato.
I dividendi esteri non possono essere sottoposti a doppia tassazione. È questo, in estrema sintesi, quanto deciso da due recenti sentenze delle Corti di giustizia di Verona e di Siena, che hanno ribadito quanto già sottolineato dalla Corte di Cassazione con due diverse sentenze.
Il principio di fondo, su cui si basano le diverse pronunce dei giudici, è molto semplice e, almeno in linea teorica, dovrebbe essere già garantito dalla normativa vigente: i titoli di emittenti esteri non possono essere sottoposti a doppia tassazione. L’investitore, quando questo dovesse accadere, ha diritto a chiedere il rimborso di quanto gli è stato trattenuto all’estero. Principio valido anche in virtù di una serie di convenzioni internazionali le quali prevedono che per gli investitori non residenti sia prevista un’aliquota del 15%. Anche se nella pratica non si realizza mai.
Dividendi, stop alla doppia tassazione
Sostanzialmente è arrivato lo stop alla doppia imposizione fiscale sui dividendi e sugli interessi percepiti per gli investimenti effettuati all’estero. A mettersi di traverso ad una prassi ampiamente utilizzata in Italia sono due diverse sentenza:
- la n. 423/2023 della Corte di giustizia di Verona;
- la n. 68/2024 della Corte di Giustizia di Siena.
I giudici veneti e quelli toscani si sono mossi su un principio già espresso dalla Corte di Cassazione attraverso le sentenze n. 25698/2022 e n. 10204/2024.
Fino ad oggi il guadagno derivante da un investimento effettuato all’estero subiva una prima imposizione nel paese estero. In alcuni casi la tassazione poteva raggiungere aliquote a due cifre: in Svizzera, per esempio, è pari al 35%, negli Usa e in Belgio è pari al 30%, mentre in Germania siamo intorno al 26,375%. Lo stesso investimento, successivamente, veniva tassato anche in Italia.
Adesso, almeno di fatto, la doppia tassazione sui dividendi e sugli interessi da investimento è stata sonoramente bocciata in tribunale. Anche perché l’Agenzia delle Entrate ha spesso negato il credito d’imposta per le ritenute subite all’estero. Un’opportunità che proprio adesso, dopo le sentenze, si apre completamente.
Quali scenari si aprono adesso? Il primo, senza dubbio, è quello che prevede che l’investitore comunichi la propria residenza fiscale ed esprima la volontà di vedersi applicare la ritenuta concordata tra i due Stati, che generalmente sui dividendi è pari al 15%. Oppure che in prima battuta venga applicata quella valida all’estero e successivamente l’investitore italiano presenti un’istanza di rimborso all’amministrazione finanziaria locale per ottenere il rimborso (se l’investimento è effettuato in Germania, per esempio, i rimborsi dovranno essere fatti da Berlino).
Lo stesso discorso, ovviamente, vale per gli investimenti effettuati in Italia dagli investitori con residenza all’estero. Roma a questo punto applicherà la ritenuta locale del 26%, quindi al netto della ritenuta convenzionale estera. A questo punto l’investitore estero può richiedere il rimborso della percentuale eccedente il 15% previsto dalle convenzioni internazionali.
Lo Stato italiano, però, non sembrerebbe intenzionato a perdere miliardi di euro di gettito e starebbe già apportando una serie di modifiche agli accordi bilaterali con molti paesi. Per ottenere i rimborsi è quindi necessario muoversi subito.