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Dominio cinese nelle rinnovabili: l’allarme della Yellen
La centralizzazione della produzione di energia rinnovabile in pochi paesi, e in particolare in Cina, rappresenta una delle sfide importanti della transizione energetica. La necessità di diversificare la supply chain è una questione sempre più spinosa soprattutto per gli Stati Uniti, che non vogliono ritrovarsi a dipendere dalla tecnologia e dalla capacità produttiva cinese. La Segretaria del Tesoro Janet Yellen ha recentemente messo in luce questi problemi durante un discorso a Las Vegas, nella mattinata di lunedì.
Ha sottolineato la crescente preoccupazione riguardo alla centralizzazione della supply chain dell’energia rinnovabile in un numero limitato di nazioni manifatturiere, e in particolare sulla dominanza della Cina. Questa centralizzazione potrebbe rappresentare un rischio significativo per l’economia e la sicurezza energetica americana: una situazione simile a quella che si è verificata in Europa con la dipendenza dal gas e dal petrolio russo per decenni, che a distanza di tempo si è rivelata un grave problema strategico.
Il timore di Yellen si inserisce in un contesto in cui l’amministrazione Biden ha manifestato un impegno profondo nella transizione energetica, con l’allocazione di 5 miliardi di dollari per un ambizioso piano che mira alla costruzione di 47 impianti produttivi dedicati all’energia solare. L’ambizione non si ferma qui, con l’obiettivo di raggiungere una capacità di 30 GW di energia eolica offshore entro il 2030.
Gli USA vogliono spingere sulla produzione locale
La storia delle relazioni tra USA e Cina è un intricato intreccio di collaborazione e competizione. Negli ultimi anni, si sono susseguiti momenti di tensione e apertura, ma in generale, le sfide sono aumentate. Queste tensioni non sono confinate alle questioni commerciali o territoriali, ma hanno un impatto significativo anche sulle dinamiche della produzione globale.
Nell’arena dell’energia rinnovabile, Yellen sottolinea come una questione cruciale non sia solo l’ambientalismo o la lotta ai cambiamenti climatici. Si tratta anche di sicurezza e stabilità economica. Immaginiamo per un momento un mondo in cui una nazione ha il controllo quasi totale sulla produzione di una risorsa critica come la produzione di energia: le implicazioni sarebbero enormi, e non solo dal punto di vista della fornitura. In un contesto di crescente tensione, una dipendenza eccessiva da una sola nazione potrebbe rappresentare un rischio per l’intera economia globale.
Nel 2023, la Cina ha consolidato il suo dominio sul mercato dei pannelli fotovoltaici, detenendo circa il 60% della produzione mondiale. E questo non preoccupa soltanto gli Stati Uniti. Durante l’ultima riunione del G8, molti leader mondiali hanno evidenziato la necessità di diversificare la supply chain in questo settore chiave, pur senza menzionare esplicitamente la Cina. L’Unione Europea ha recentemente cercato nuovi accordi con le Filippine, proprio con l’obiettivo a medio termine di diversificare la supply chain. Tuttavia, è chiaro che, quando si parla di centralizzazione e diversificazione, il gigante asiatico è al centro della discussione.
Il dominio cinese nella produzione di rinnovabili
La strategia cinese per il dominio del mercato dell’energia rinnovabile è formata da un mix di fattori. Una combinazione di forti investimenti governativi, un’economia già fortemente improntata sulla produzione industriale e una forte volontà di emergere come leader globale ha propulso la Cina in questa posizione.
I numeri parlano da soli: nel 2022, la Cina ha rappresentato quasi la metà della capacità globale di energia eolica offshore, con un imponente 48% dei 64,3 GW totali. Inoltre ha installato 5,05 GW di capacità, rappresentando oltre il 57% dell’installazione totale quell’anno. E come se non bastasse, ha superato l’intera Europa, il secondo mercato più grande, producendo il 46% in più di energia eolica, come evidenziato dai dati del think tank Ember. Chiaramente le imprese locali hanno beneficiato di tutto questo, potendo fare economie di scala e potendo lanciare grandi investimenti in ricerca per l’ottimizzazione dei pannelli e delle pale eoliche. Questo le ha rese competitive in tutto il mondo, non soltanto nel mercato domestico.
La Cina ha riconosciuto l’importanza strategica dell’energia rinnovabile già decenni fa. E ha agito di conseguenza, investendo massicciamente in ricerca, sviluppo e produzione su larga scala. Questi investimenti, combinati con una strategia governativa incentrata sulla sostenibilità, hanno portato alla situazione attuale, in cui l’energia rinnovabile rappresenta oltre il 34% della produzione energetica totale del paese.