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Eolico in crisi: Siemens cerca il bailout, GE perde miliardi
Il momento è molto difficile per l’industria dell’energia eolica. Ci sono grandi problemi per tutte le imprese private, che derivano dall’inflazione e dai tassi di interesse in aumento. L’inflazione fa sì che sia sempre più costoso mantenere operativi gli impianti esistenti e soprattutto per la costruzione di nuovi impianti; i tassi di interesse hanno reso molto cari i debiti che tutte le grandi società hanno fatto negli anni scorsi per finanziare nuovi parchi eolici, e ora rifinanziare le vecchie emissioni di obbligazioni o di linee di credito significa pagare tre o quattro volte più interessi rispetto al periodo pre-pandemia. Ci sono ora dei forti dubbi sulla solvibilità delle imprese del settore, incluse alcune delle più grandi in assoluto.
Durante questa stagione di report trimestrali, negli Stati Uniti ha sicuramente sorpreso il dato di General Electric: le sue operazioni legate alla produzione di energia eolica offshore hanno già provocato perdite per $1 miliardo nei primi nove mesi dell’anno. In Europa la situazione è quasi peggiore: Siemens Energy, colosso tedesco dell’energia rinnovabile, sta cercando un salvataggio da parte del governo tedesco per non causare decine di migliaia di licenziamenti nel corso dei prossimi mesi. Le azioni hanno perso oltre la metà del loro valore nel corso dell’ultimo mese e Siemens si trova seriamente sull’orlo della bancarotta.
$1 miliardo in perdite per General Electric
Larry Culp, CEO di General Electric, si aspetta che le perdite per il 2023 generate dal business di energia eolica offshore siano di oltre un miliardo di dollari. La soglia di $1 miliardo è già stata raggiunta fino a questo momento. Non soltanto, ma Culp ritiene che la situazione non sia destinata a migliorare nel corso del 2024: lo scenario che si prospetta per gli azionisti è che questa divisione di General Electric perda nuovamente un miliardo di dollari il prossimo anno. E se tutto questo non bastasse, il CEO mette in guardia anche sul futuro a medio termine: la redditività può peggiorare ancora, per via della scelta di General Electric di concentrarsi soprattutto su turbine di maggiori dimensioni.
General Electric ha già annunciato di voler alleggerire la zavorra rappresentata da questa divisione, che il prossimo anno dovrebbe essere quotata in modo indipendente con il nome di GE Vernova. Due settimane fa l’azienda ha annunciato una partnership con la società pubblica polacca PGE, con l’obiettivo di iniziare a produrre idrogeno verde usando parte della produzione di energia eolica in eccesso. Si continuano a cercare dei modi per attirare finanziamenti pubblici, nella speranza che questi mettano una pezza ai conti disastrosi di GE Offshore.
Siemens chiede il bailout alla Germania
L’altro colosso in estrema difficoltà è Siemens Energy. Si tratta del più grande costruttore di pale eoliche in Germania e di uno dei tre più grandi in Europa, che di recente ha celebrato l’arrivo delle nuove politiche europee sull’eolico. Ma potrebbe essere troppo tardi: l’azienda è piena di debiti e le sue perdite in Spagna sono andate ancora aumentando nel corso degli ultimi tre mesi. Le turbine eoliche di Siemens si sono rivelate difettose negli ultimi due anni, causando un’ondata di richieste di manutenzione straordinaria e di risarcimenti. La società non ha i mezzi per far fronte a tutti i problemi e si trova a chiedere al governo un salvataggio d’emergenza.
Solo la scorsa settimana il titolo ha perso oltre il 40% della quotazione, portando le azioni Siemens Energy a perdere €3 miliardi di capitalizzazione e raggiungendo un nuovo minimo storico. Siemens vorrebbe l’approvazione di un piano d’emergenza da 15 miliardi di euro, a fronte di perdite previste di €4,5 miliardi nel corso del 2023. Si spera che questo pacchetto di aiuti serva a rilanciare la competitività di Siemens dopo questo periodo difficile, ma i negoziati con il governo tedesco non sono ancora conclusi. La società dà lavoro a 94.000 dipendenti, la maggior parte dei quali in Europa.