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Export russo di gas verso l’Europa dimezzato nel 2023
La fine del 2023 permette di fare dei bilanci complessivi su come sia andato lo scorso anno. Uno dei più importanti, per il bilancio energetico europeo, riguarda le fonti di approvvigionamento. Per quanto l’Unione Europea non sia ancora riuscita ad affrancarsi totalmente dalla Russia, ci sono già degli ottimi segnali per quanto riguarda il calo delle importazioni. I calcoli sono stati fatti da Reuters e non arrivano direttamente da una fonte ufficiale russa, ma secondo i dati c’è stato un calo del 55% nel passaggio di gas attraverso i gasdotti che collegano Russia e Unione Europea. Dati incoraggianti per il calo del finanziamento della macchina bellica russa, con l’UE che sta cercando anche di aumentare i controlli sulle esportazioni di petrolio oltre il tetto di 60$ imposto dal G8.
Secondo i dati ufficiali dell’Unione, le importazioni di petrolio nel terzo trimestre del 2023 sono state dovute solo per il 3% alle forniture russe. Un dato in netto contrasto con quelli del terzo trimestre del 2022, quando le importazioni di petrolio dalla Russia rappresentavano addirittura più del 20% del volume totale di import. La differenza non è soltanto dovuta alla volontà di affrancarsi dalle importazioni russe, ma anche alle oscillazioni dei prezzi: visto il tetto imposto dal G7, nel momento in cui il barile supera i 60$ diminuiscono rapidamente le importazioni dalla Russia. Mentre Putin continua a cercare di avvicinarsi alla Cina per assicurarsi un mercato di sbocco, l’Occidente si è allontanato significativamente dalle fonti di energia russe.
Importazioni di gas in calo del 55%
Le importazioni di gas dalla Russia, anno su anno, sono calate di oltre il 50%. Per il gasdotto che attraversa l’Ucraina, il volume di trasporto totale è stato di 77 milioni di metri cubi in tutto il 2023. Nel 2022 era stato di 174.8 milioni di metri cubi, un calo drastico e non dovuto a problemi di sicurezza del gasdotto stesso. Inoltre i prezzi sono crollati, con la crisi energetica europea ormai abbondantemente alle spalle. Con l’inverno atipicamente caldo che diminuisce la domanda per il riscaldamento, e i depositi europei che sono pieni già dall’estate, si preannuncia un inizio di 2024 segnato da margini e volumi decisamente più bassi per Gazprom e le altre compagnie energetiche russe.
Gazprom ha smesso di pubblicare i dati ufficiali a inizio 2023, e ha rifiutato la richiesta di un commento sui calcoli di Reuters. In ogni caso sembra che anche i numeri di altri analisti siano allineati con quelli dell’agenzia di stampa. Nel frattempo l’Unione Europea si è assicurata una solida rete di forniture dall’estero, specialmente di gas naturale liquefatto proveniente dagli Stati Uniti. La crescente quota di rinnovabili nel mix energetico europeo è stata altrettanto di grande aiuto, soprattutto per diminuire la domanda di gas per la produzione di energia elettrica per i condizionatori durante la torrida estate dello scorso anno.
Difficile progredire ulteriormente
Per quanto il 2023 sia stato un anno positivo per la riduzione delle importazioni di combustibili fossili, la maggior parte degli analisti ritiene che sia arrivato un momento in cui non si riuscirà a scendere molto di più. Non soltanto perché i Paesi Membri hanno diversi fabbisogni di gas, ma anche perché hanno diversi rapporti con il Cremlino. Nel caso dell’Ungheria, ad esempio, è molto difficile che Orban voglia rinunciare alle importazioni di combustibili fossili. Complessivamente la Russia continua a rappresentare il 95% delle importazioni di gas che arrivano in Ungheria, contro il 5% circa della Spagna. A fronte di differenze così grandi, sta diventando anche difficile mettere d’accordo le forze politiche su delle linee guida comuni. L’Unione si può dire decisamente meno dipendente dal gas e dal petrolio russi di quanto lo sia stato in passato, ma decisamente non indipendente.