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Fondo sovrano di Abu Dhabi raccoglie $750 milioni con green bonds
Abu Dhabi si avvicina al mondo della finanza sostenibile con il primo green bond offerto dal fondo sovrano nazionale Mubadala. Si tratta di un’emissione avvenuta in dollari americani e che offre agli investitori un rendimento del 6,03% su un orizzonte temporale di 10,5 anni. Il rendimento sarà composto al 5,875% dal tasso annuo delle cedole e per la parte restante dallo scarto di emissione. Questa nuova emissione ha ricevuto immediatamente un grande supporto dagli investitori, che hanno inviato offerte di sottoscrizione per un valore ben superiore al capitale he Mubadala voleva raccogliere. Il fondo sovrano puntava a una raccolta da $750 milioni, ma sono arrivate offerte di sottoscrizione per $6,1 miliardi: oltre il 900% in più rispetto all’obiettivo iniziale.
Il grande successo dell’emissione può facilmente essere spiegato da un rendimento superiore a quello dei Treasuries americani a 10 anni, che in questo momento offrono un tasso annuo del 5% circa, a fronte comunque di rischi molto bassi. Il fondo sovrano nazionale di Abu Dhabi può contare su alcune delle finanze pubbliche più sane al mondo in suo sostegno, grazie all’attività di estrazione di petrolio. Inoltre, trattandosi di un green bond, le finalità della raccolta sono legate al finanziamento di progetti e iniziative sostenibili. Una mossa forse sia finanziaria che d’immagine, considerando che il prossimo COP 28 si aprirà tra meno di un mese e sarà ospitato dall’Emirato di Dubai.
Crescente diversificazione nella sostenibilità per l’Emirato
Abu Dhabi è nota in tutto il mondo per essere uno dei grandi centri della produzione mondiale di petrolio, una materia prima che ha scritto la storia di successo anche di tutti gli altri Emirati. Ma con la transizione ecologica che avanza, sempre di più si cercano opportunità per diversificare gli investimenti in opportunità green. In questo modo, Abu Dhabi mette una garanzia sulla prosperità del suo futuro a lungo termine: la nazione può contare sui proventi dei combustibili fossili nel breve termine, e nel lungo termine sarà in grado di mantenere gli stessi standard di spesa pubblica grazie ai proventi degli investimenti.
Questo è anche uno dei motivi principali dietro alla decisione di ospitare il COP 28 a Dubai. Gli Emirati Arabi, così come l’Arabia Saudita, stanno al tempo stesso cercando di approfittare di uno degli ultimi boom nella storia del petrolio e al tempo stesso stanno decarbonizzando rapidamente le proprie economie. Il fondo sovrano di Abu Dhabi da solo gestisce un portafoglio da 276 miliardi di dollari, con investimenti in oltre 50 nazioni e in tutti i settori: dalle costruzioni al tech, dalle quote di proprietà in grandi colossi internazionali agli investimenti in piccole startup. Considerando che la popolazione attuale di Abu Dhabi si aggira intorno a 1,45 milioni di persone, significa che il fondo già oggi può investire circa 190.000$ per ogni persona residente.
Un colosso nascosto della green economy
Anche se è istintivo associare Abu Dhabi al mondo del petrolio, il fondo sovrano dell’Emirato è di fatto una delle grandi holding del mondo della rinnovabilità. Oltre 16 anni fa, Mubadala ha creato la sua divisione Masdar che si occupa esclusivamente di energia rinnovabile e che ha già emesso un green bond. Mubadala ha investito oltre 525 milioni di dollari recentemente in Tata Power Renewables, un gigante indiano che nuovamente incentra la sua attività sulle rinnovabili. Un altro grande investimento di Mubadala è quello in Xpeng, grande società cinese che si occupa di veicoli elettrici e che sempre di più sta diventando competitiva anche nel resto del mondo.
L’elenco potrebbe andare avanti con Asper, una delle grandi società d’investimento europee in energia rinnovabile, con il Brasile dove Mubadala controlla grandi investimenti nel settore dell’etanolo, e con una lunga serie d’investimenti minori in iniziative direttamente controllate dal fondo. La prima offerta di green bonds nella storia di Mubadala conferma l’impegno di Abu Dhabi a diventare un centro della finanza sostenibile, in un’epoca in cui i profitti del petrolio sono alti ma potrebbero non rimanerlo a lungo.