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Idrogeno verde: in Florida il primo sistema end-to-end

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Duke Energy, colosso statunitense dell’energia, ha annunciato un nuovo progetto pionieristico legato all’idrogeno verde. Si tratta del primo sistema end-to-end per la produzione, lo stoccaggio e l’utilizzo di energia proveniente da idrogeno verde presso un singolo impianto. L’obiettivo è quello di trasformare la capacità in eccesso prodotta dall’impianto fotovoltaico di DeBary, in Florida, in idrogeno; questo verrà conservato sul posto e poi bruciato per ottenere energia nei momenti in cui il mercato chiede più energia di quanta ce ne sia a disposizione. Questo è un uso dell’idrogeno di cui si è parlato molto in passato, ma senza che per il momento nascessero effettivamente dei grandi progetti per testarlo.

L’energia rinnovabile ha proprio il problema di generare elettricità in modo incostante, allineato con le forze del vento o del sole ma non con la domanda di mercato. Per questo stanno nascendo sempre più progetti di stoccaggio energetico, in modo da stabilizzare domanda e offerta, principalmente legati all’utilizzo di batterie al litio. L’idrogeno verde è però una tecnologia che avanza, con grande potenziale ma che fino a questo momento ha ancora una diffusione relativamente piccola. Il nuovo progetto di Duke Energy sarà importante non solo per la società, ma più in generale per la conoscenza che abbiamo sull’effettivo utilizzo di idrogeno verde come mezzo di stoccaggio energetico a livello commerciale.

Come funzionerà il nuovo progetto

Duke Energy collaborerà con la divisione GE Gernova di General Electric e con la società di costruzione Sargent and Lundy. L’obiettivo è costruire, vicino al grande impianto fotovoltaico di DeBury -la cui capacità è di 74.5 MW– un grande impianto per l’elettrolisi con due elettrolizzatori da 1 MW ciascuno. Gli elettrolizzatori riceveranno energia dai pannelli fotovoltaici nei momenti in cui la produzione supera la domanda, separando le molecole d’acqua in idrogeno e ossigeno. L’ossigeno sarà emesso nell’atmosfera, mentre l’idrogeno verrà conservato sul posto in apposite strutture collegate a una turbina.

Quando la domanda di mercato è superiore all’offerta, Duke Energy potrà poi bruciare l’idrogeno verde per azionare una turbina con cui produrre energia. Questa potrà essere utilizzata in modo combinato, usando solo idrogeno verde o un mix di idrogeno e gas naturale. Il sistema dovrebbe essere pronto entro il 2024, operando ancora su una scala identificabile come progetto pilota. Nel caso in cui si dovessero ottenere dei dati positivi, allora potrebbero esserci i presupposti per ingrandire lo stabilimento e farlo operare su scala commerciale. Per il momento Duke intende studiare i dati e comprendere la reale economicità di utilizzare l’idrogeno verde come metodo di stoccaggio energetico.

Dubbi sulla sostenibilità economica del sistema

Il motivo per cui solo ora si costruirà negli Stati Uniti un progetto di questo genere sono i dubbi sulla sostenibilità economica di questo sistema. Nel momento in cui si utilizza energia per produrre idrogeno tramite elettrolisi, una parte dell’energia iniziale viene dispersa; un’altra parte viene poi dispersa quando l’idrogeno viene riconvertito in energia. Attualmente, secondo le stime più aggiornate a disposizione solo il 45-50% dell’energia iniziale fornita al sistema viene poi effettivamente recuperata nel momento in cui si brucia l’idrogeno verde. Attualmente il metodo più efficiente per conservare l’energia in eccesso prodotta dalle rinnovabili sono le batterie agli ioni di litio.

Il problema delle batterie agli ioni di litio è che richiedono grandi quantità di materie prime, spesso legate a processi di estrazione poco sostenibili, e che la capacità di produzione mondiale è già oggi inferiore alla domanda. La speranza è che, attraverso progetti come quello di Duke Energy -che stanno ricevendo anche un discreto supporto finanziario governativo negli Stati Uniti- si possa far avanzare la tecnologia degli elettrolizzatori e delle turbine che bruciano idrogeno. Duke e General Electric sono tra le aziende più avanzate nel settore, per cui i risultati del loro esperimento saranno un buon benchmark per comprendere il livello tecnologico attuale una volta che i sistemi di stoccaggio basati sull’idrogeno raggiungono un livello di produzione industriale.

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