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Intelligenza artificiale, le big tech in trattativa per attenuare l’AI Act

L’intelligenza artificiale e l’AI Act aprono un nuovo fronte di discussione tra l’Unione europea e le big tech.

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Le big tech a livello mondiale stanno facendo pressione contro l’Unione europea per adottare un approccio leggermente più soft sull’intelligenza artificiale. L’obiettivo è quello di evitare il rischio di incorrere in sanzioni che possono essere anche molto pesanti.

Nel corso del mese di maggio le autorità dell’Unione europea hanno adottato l’AI Act, un insieme di norme che, almeno sulla carta, hanno il compito di disciplinare il mondo della tecnologia, dopo una lunga serie di negoziazioni con i principali player del mercato.

Fino a quando, però, non verranno ultimati i codici di condotta allegati alla legge, non sarà chiaro quanto saranno rigorose le norme sull’intelligenza artificiale e come le regole possano andare ad impattare su Chat GPT di OpenAI e su i suoi vari concorrenti. Ma soprattutto non è ancora chiaro quali e quanti cause legali per la violazione sul copyright possano essere intentate e le sanzioni che le multinazionali potrebbero essere costrette ad affrontare.

Intelligenza artificiale, l’invito della Ue

L’Unione europea ha già invitato aziende, accademici e altri soggetti a dare un contributo alla stesura del Codice di Condotta. Al momento sarebbero già arrivate qualcosa come 1.000 candidature: un numero senza dubbio molto alto.

È bene sottolineare che il Codice di Condotta AI non risulterà essere legalmente vincolante nel momento in cui entrerà nel 2025. Ma avrà una funzione ben precisa: fornire alle aziende un check list che possono utilizzare per dimostrare di essere conformi alle regole. Una qualsiasi azienda che affermi di rispettare la legge, ma che, allo stesso tempo, non conosce il codice, si potrebbe trovare nella situazione si affrontare una vera e propria sfida legale.

Boniface de Champris, senior policy manager presso l’organizzazione commerciale CCIA Europe, spiega che il Codice di Condotta è fondamentale. Se viene fatto bene, saremo in grado di continuare a innovare. Se è troppo limitato o troppo specifico, diventerà molto difficile proseguire sulla strada dell’innovazione.

Intelligenza artificiale e problema dei dati

Aziende come Stability AI e OpenAI si sono trovate ad affrontare una questione molto delicata: l’utilizzo di libri di successo o di archivi fotografici per addestrare i propri modelli di intelligenza artificiale, senza il permesso dei rispettivi creatori, costituisce una violazione del copyright?

L’AI Act prevede che le aziende siano obbligate a fornire dei riassunti dettagliati dai dati che hanno utilizzato per addestrare l’intelligenza artificiale. In linea teorica, un qualsiasi creatore di contenuti che abbia scoperto che il suo lavoro è stato utilizzato per addestrare un modello di IA potrebbe essere in grado di chiedere un risarcimento. Stiamo parlando di un’ipotesi che, almeno per il momento, è ancora tutta da verificare, almeno in tribunale.

Gli operatori del settore, ad ogni modo, hanno sottolineato che i suddetti riassunti devono contenere pochi dettagli, in modo da poter proteggere i segreti commerciali. Altri, al contrario, ritengono che gli eventuali titolari dei diritti d’autore devono essere informati del fatto che i loro contenuti vengano utilizzati o meno senza la loro autorizzazione.

Secondo alcune indiscrezioni circolate, OpenAI sarebbe già stata criticata per essersi rifiutata di rispondere alle domande sui dati utilizzati per addestrare i suoi modelli.

Alcuni esponenti del mondo degli affari hanno criticato l’Unione europea per aver dato priorità alla regolamentazione della tecnologia rispetto all’innovazione. Questo è il motivo per il quale i responsabili incaricati di redigere il testo del codice di condotta si impegneranno a raggiungere un compromesso.

La scorsa settimana, Mario Draghi, ex presidente della Banca centrale europea, ha dichiarato che l’Unione europea necessita di una politica industriale meglio coordinata, di processi decisionali più rapidi e di ingenti investimenti per tenere il passo con Cina e Stati Uniti.

Thierry Breton, fervente sostenitore della regolamentazione UE e critico delle aziende tecnologiche non conformi, ha lasciato – proprio nel corso di questi giorni – il suo incarico di Commissario europeo per il mercato interno, dopo uno scontro con Ursula von der Leyen, presidente dell’organo esecutivo dell’Unione.

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