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Iraq, nuovo bando per le licenze di esplorazione del gas
L’Iraq ha annunciato domenica di aver aperto le porte alle aziende straniere per partecipare a una gara d’appalto volta all’esplorazione e allo sviluppo di nuovi giacimenti di gas naturale in 11 blocchi. Come membro dell’OPEC, il paese mira a incrementare la produzione di gas naturale necessario per le centrali elettriche interne, allo stesso tempo riducendo le importazioni che mettono a dura prova il bilancio nazionale.
L’iniziativa prevede l’assegnazione di otto blocchi nella provincia occidentale di Anbar, uno nella città settentrionale di Mosul e altri due lungo i confini tra le province, tra cui uno tra Anbar e Mosul e un altro tra la città meridionale di Naja e il resto dell’Iraq, come dichiarato dal ministero del petrolio in un comunicato.
Il ministero ha già completato i preparativi per il lancio della sesta fase di gara d’appalto, tuttavia non è stata ancora fissata una data precisa per l’inizio del processo di offerta.
La pratica del gas flaring
L’Iraq è il secondo più grande produttore di petrolio all’interno dell’OPEC e, attualmente, la maggior parte del gas associato che viene estratto dai suoi pozzi di petrolio viene bruciato anziché essere catturato e utilizzato per la generazione di energia. Di conseguenza, l’Iraq dipende dalle importazioni di gas naturale dall’Iran per soddisfare fino al 40% del suo fabbisogno di generazione di energia.
Gli Stati Uniti stanno esercitando pressioni sul governo iracheno affinché modifichi questa situazione e sfrutti le sue stesse riserve di gas naturale. Come risposta, il governo iracheno ha recentemente dichiarato l’intenzione di porre fine alle importazioni di gas naturale entro il 2026.
L’Iraq riconosce che questa pratica di bruciare il gas è uno spreco di denaro. Il primo ministro iracheno, Mohammed Shia al-Sudani, ha fatto notare che attualmente vengono bruciati ogni giorno 1.200 metri cubi di gas naturale provenienti dall’Iraq, oltre a importarne altri 1.000 metri cubi dall’Iran. Questo comporta una spesa annuale di almeno 4 miliardi di dollari per il paese.
Nonostante l’Iraq sia un firmatario dell’iniziativa “Zero Routine Flaring” promossa dalla Banca Mondiale e dalle Nazioni Unite, che mira a porre fine alla pratica di bruciare il gas entro il 2030, finora sono stati compiuti progressi limitati in questo ambito.
L’Iraq possiede riserve significative di gas naturale, che lo collocano al dodicesimo posto nel mondo con circa 131 trilioni di metri cubi. Tuttavia, a causa della mancanza di sufficiente combustibile per le centrali elettriche, il paese soffre di blackout cronici che causano interruzioni nella fornitura di energia.
Intanto, nel corso della giornata di lunedì, a Baghdad si è tenuto un incontro tra una delegazione tecnica turca nel settore dell’energia e funzionari petroliferi iracheni al fine di esaminare la possibilità di riprendere le esportazioni petrolifere settentrionali dell’Iraq.
Lo stop è stato causato da una sentenza di arbitrato emessa dalla Camera di Commercio Internazionale (ICC), che ha portato alla sospensione, da parte della Turchia, delle esportazioni settentrionali dell’Iraq tramite il gasdotto Iraq-Turchia, che ammontano a 450.000 barili al giorno (bpd), a partire dal 25 marzo.