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Jp Morgan, le commissioni dell’investment banking sono cresciute del 31%
Jp Morgan registra un’ottima performance nel corso del terzo trimestre grazie al buon andamento dell’investment banking.
L’utile del terzo trimestre di Jp Morgan supera le aspettative. La solida performance dell’investment banking e l’aumento degli interessi hanno sostanzialmente compensato l’impatto determinato dai maggiori accantonamenti per le perdite registrate sui prestiti. Le azioni di Jp Morgan sono quindi salite prima dell’apertura del mercato.
Il rally dei titoli azionari nel terzo trimestreè stato stimolato dalla prospettiva di un allentamento monetario da parte della Federal Reserve. A questo si è aggiunto un rinnovato ottimismo, che ha indotto la maggior parte delle aziende ad effettuare delle acquisizioni o ad emettere dei titoli di debito.
Jp Morgan, i principali dati
A far brillare i dati di Jp Morgan sono principalmente le commissioni di investment banking, che sono aumentate del 31%: il doppio della guidance del management fissata a settembre al 15%. I ricavi sono stati spinti dal forte andamento delle azioni, che hanno spinto i ricavi da trading, che risultano essere in aumento dell’8%.
Il reddito netto da interessi (NII) ovvero la differenza tra quanto guadagnato sui prestiti e quanto versato sui depositi, è cresciuto del 3% nel trimestre.
La banca ha inoltre aumentato le sue previsioni sull’NII a 92,5 miliardi di dollari, rispetto ai 91 miliardi di dollari precedenti e in misura superiore ai 91,05 miliardi di dollari previsti dagli analisti intervistati da LSEG.
Jamie Dimon, Ceo di Jp Morgan, ha voluto mantenere dei toni cauti sull’economia e ha spiegato che il management sta monitorando da vicino la situazione geopolitica da diverso tempo e gli eventi recenti dimostrano che le condizioni sono pericolose e stanno peggiorando.
Le tensioni in Medio Oriente sono aumentate questo mese, con Israele che si scontra con l’Iran e il gruppo libanese Hezbollah, mentre combatte Hamas a Gaza.
Jp Morgan ha accantonato 3,11 miliardi di dollari per probabili perdite sui crediti, rispetto agli 1,38 miliardi di dollari di un anno fa, nonostante la salute finanziaria dei consumatori abbia resistito agli elevati tassi di interesse e ai timori sulla disoccupazione.