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Nuovo studio: i green bonds sono più cari per chi investe
I green bonds hanno catturato l’attenzione degli investitori di tutto il mondo nel corso del 2023, soprattutto in Europa: l’Eurozona rimane sede di oltre il 50% delle emissioni di bond legati a obiettivi sostenibili, e il quadro di riferimento europeo è quello più trasparente sul fronte legale. Addirittura, in Olanda, di recente i green bonds sono arrivati su blockchain. In tutto questo, però, è soltanto da pochi anni che i green bonds hanno conosciuto una vera impennata della loro popolarità: per questo motivo non sono ancora disponibili molti dati che li confrontino con altre tipologie di obbligazioni. Grazie a un nuovo studio appena pubblicato, chiamato Green Bonds Pricing in H1 2023, è finalmente disponibile una panoramica sulle differenze di rendimento e nel modo in cui vengono prezzati i green bonds rispetto alle obbligazioni tradizionali.
Questo nuovo studio ha preso in esame 110+ emissioni di green bonds nel corso del primo semestre del 2023, andando a studiare sia il prezzo di collocamento sul mercato primario che il comportamento di questi strumenti sul mercato secondario. L’obiettivo era comprendere se e quando si sarebbe mostrato un greenium, cioè un premio per il prezzo delle obbligazioni sostenibili rispetto a quello delle emissioni classiche. Le scoperte del nuovo studio sono molto interessanti e offrono spunti concreti per comprendere meglio il mercato dei bond sostenibili.
Greenium nel 32% dei casi
Stando ai dati raccolti dallo studio, si è verificato il caso del greenium nel 32% delle emissioni. Significa che quasi una volta su tre, chi ha emesso obbligazioni sostenibili si è trovato di fronte a una domanda molto più alta rispetto alla quantità di obbligazioni disponibili. Il caso più emblematico è stato il primo green bond governativo austriaco del 2022, con €4 miliardi di raccolta prevista e domande ricevute per €25 miliardi. In questo caso, dal momento che la domanda supera l’offerta, l’emittente ha spazio per abbassare il rendimento previsto dallo strumento sapendo che comunque riuscirà a vendere una quantità sufficiente di obbligazioni per poter raggiungere l’obiettivo di raccolta.
Lo studio conclude comunque che il fenomeno del greenium non è costante, e mostra delle differenze importanti sia in base alla regione geografica dell’emittente che in base al fatto di trovarsi di fronte a un emittente governativo o privato. La domanda è stata molto più alta dell’offerta soprattutto per i bond in dollari, per i quali si manifesta un forte appetito da parte del mercato a fronte di un livello di emissioni relativamente scarso da parte degli emittenti. Tanto in Europa quanto negli USA, in ogni caso, il green bond medio ha visto oltre 3 volte più domanda rispetto all’offerta disponibile.
Diversi i motivi possibili dietro a questo fenomeno
Il greenium sembra essere fortemente correlato al rischio di credito dell’emittente. Lo studio ha calcolato che in media i green bonds in euro pagano rendimenti del 3,1% inferiori ai loro equivalenti non-green, nel caso in cui si tratti di bond governativi tripla-A. La differenza sale al -21,7% per i bond corporate AA e addirittura al -26,6% nel caso dei bond ritenuti BBB. La differenza è simile negli Stati Uniti per i bond con credit rating peggiori, ma nel caso delle emissioni in dollari si nota una forte disparità anche per i bond più sicuri: i bond del Tesoro americano pagano il 20,5% in più rispetto ai green bonds equivalenti.
Diversi i motivi ipotizzati dallo studio dietro a queste differenze: la domanda di green bonds potrebbe essere più ampia perché questi strumenti aiutano le imprese ad abbassare i loro dati sull’impatto climatico; in alcune giurisdizioni beneficiano di un trattamento fiscale migliore. In altri casi, soprattutto quando si tratta di investitori al dettaglio, talvolta chi investe è semplicemente disposto ad accettare un rendimento inferiore pur di sapere che il suo capitale verrà impiegato in progetti ecologici e sostenibili.