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Pubblicità ingannevole sulla sostenibilità: arrivano nuove normative UE contro il greenwashing
Il Parlamento Europeo ha votato a favore di un nuovo regolamento sui claim pubblicitari, in particolare quelli legati alla sostenibilità ambientale dei prodotti. Secondo Bruxelles, diverse aziende starebbero approfittando dei vuoti legislativi per proporre i loro brand come “net zero” o “senza impatto ambientale”, portando i consumatori a scegliere i loro prodotti malgrado questi claim non siano verificabili. Si tratta di una pratica molto comune di greenwashing, volta a migliorare l’immagine di un’azienda e favorire le vendite grazie a pubblicità ingannevoli sul tema della sostenibilità. Specialmente termini come “biodegradabile”, “meno inquinante” o “buono per l’ambiente” dovranno essere accompagnati da una dimostrazione del fatto che quanto affermato corrisponda alla verità.
Alle aziende sarebbe richiesto di dimostrare la veridicità di quanto affermano sulle etichette ancor prima di mettere in commercio i loro prodotti. Di conseguenza, solo dopo avere in mano prove concrete le aziende avranno la possibilità di utilizzare termini legati alla sostenibilità, anche se non è ancora chiaro se ci sarà un sistema di controllo a livello europeo oppure no. Ci sono diversi modi per fare in modo che un prodotto non sostenibile risulti tale, per cui senza un ente regolatore si rischia che le pratiche di greenwashing vadano avanti. Questo è un tema su cui si discute ancora in sede europea, dal momento che al momento il Parlamento ha solo deliberato di voler introdurre una nuova regolamentazione sul tema.
Regole ancora in via di studio
Secondo quanto proposto dalla nuova normativa, che andrà poi trasformata in una bozza di legge pronta per essere votata dai parlamentari, le aziende avrebbero un arco di 30 giorni al massimo per inviare le prove di accompagnamento ai loro claim pubblicitari. In seguito alla revisione di questi claim, verrebbe poi concessa o meno la possibilità di utilizzare la leva della sostenibilità per promuovere il prodotto. Le micro imprese sarebbero totalmente esenti da questa necessità, in modo da non gravare troppo sui costi e sui processi delle aziende più piccole. Le piccole e medie imprese, invece, avrebbero un anno di tempo in più rispetto alle grandi imprese per adattarsi alla nuova legge e procurarsi le prove dei loro claim pubblicitari.
L’International Market Committee ha commentato positivamente questa novità, aggiungendo che a oggi circa il 50% dei claim pubblicitari legati alla sostenibilità sono vaghi o semplicemente infondati. Un caso di cui si sta parlando molto in questi giorni, ad esempio, è la causa dello Stato di New York contro il più grande produttore di carne macellata del mondo -la brasiliana JBS-. Dopo aver definito “neutrale” dal punto di vista climatico la sua gamma di prodotti, JBS ha immediatamente attirato su di sé una bufera che a NY rischia di trasformarsi anche in una multa piuttosto salata.
Multe salate per chi non rispetta le regole
Spesso le iniziative volte a limitare il greenwashing si risolvono senza nessun cambiamento concreto, per via della mancanza di vigilanza e sanzioni su chi non rispetta le regole. Pare proprio che non sarà questo il caso, dal momento che l’UE immagina un sistema di multe piuttosto corposo per chi non rispetta le regole. Per le violazioni minori si potrebbero prendere delle contromisure non monetarie, a partire dall’esclusione delle aziende penalizzate dalla partecipazione agli appalti pubblici. Per le violazioni più grandi si parlerebbe invece di multe fino al 4% del fatturato. Al momento però, non è ancora chiaro dove l’UE voglia fissare l’asticella in termini di gravità delle infrazioni. Questa settimana si è fatto un primo passo verso la nuova regolamentazione, ma probabilmente ci vorranno dei mesi prima dell’approvazione finale.