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Titoli del lusso in rosso per i timori di nuovi dazi in Cina, un mercato da 12 mld di dollari
I titoli del lusso crollano condizionati dall’ipotesi di introduzione di dazi in Cina dopo le restrizioni imposte dall’Unione europea sui veicoli elettrici.
Le possibili reazioni di Pechino alla decisione europea di imporre dei dazi ai veicoli elettrici prodotti in Cina ha frenato le azioni europee del lusso. Gli investitori, infatti, temono che le borse di Hermès e le slingback Dior possano essere i prossimi obiettivi delle ritorsioni della seconda economia mondiale. Anche se, almeno secondo gli analisti, questa è una mossa altamente improbabile.
Fino a questo momento la risposta cinese ai dazi europei ha preso di mira il brandy, la carne di maiale e i latticini. Settori importanti soprattutto per la Francia, che ha fatto una serie di pressioni per imporre tariffe più pesanti per l’importazione in Europa di veicoli elettrici provenienti dalla Cina.
A pagare pegno alla guerra commerciale tra Europa e Cina sono LVMH – che commercializza anche il cognac di alta gamma Hennessy -, Hermes, Kering, Ferragamo e Burberry, che nel corso della mattinata hanno perso tra il 2% e il 6% non appena Pechino ha dichiarato che avrebbe imposto delle misure antidumping temporanee sulle importazioni di brandy.
Titoli del lusso, devono davvero temere i dazi cinesi
I titoli del lusso devono effettivamente temere eventuali provvedimenti in Cina? Non ne è molto convinto Jacques Roizen, amministratore delegato della società consulenza cinese Digital Luxury Group, il quale ritiene che prendere di mira i beni del lusso sarebbe in contrasto con le politiche favorevoli alle aziende che lavorano in questo settore. Pechino, infatti, è intenzionata a mantenere una maggiore spesa nel lusso, piuttosto che spingere i consumatori nazionali a spendere nei mercati esteri.
Roizen porta l’esempio di Hainan, un’azienda che opera nel polo duty-free sulla scia di una politica avviata dalla Cina atta ad incentivare la spesa per i beni di lusso. Considerato un fattore positivo per il paese.
Questo, in buona sostanza, aiuta a comprendere le motivazioni che stanno alla base della reazione delle azioni del lusso, particolarmente sensibili ad ogni annuncio proveniente dalla Cina. Ma, sempre secondo Roizen, la minaccia di introdurre o di aumentare le imposte sui consumi interni di beni di lusso potrebbe colpire i conglomerati francesi più importanti proprio nel punto in cui fa più male.
Lo scorso anno, le spedizioni di brandy francese in Cina hanno raggiunto 1,7 miliardi di dollari e hanno rappresentato il 99% delle importazioni di questo liquore nel Paese, mentre lo scorso anno sono stati importati in Cina beni di lusso europei per un valore di 11 miliardi di euro (12 miliardi di dollari).
Secondo Albert Hu, professore di economia presso la China Europe International Business School di Shanghai, le dimensioni stesse dell’industria dei beni di lusso potrebbero renderla un obiettivo meno appetibile per Pechino. Albert Hu ritiene che, a questo punto, né l’Unione europea né la Cina siano intenzionate ad aprire una vera e propria guerra commerciale su vasta scala che danneggerebbe entrambe le economie. L’attenta orchestrazione degli obiettivi di ritorsione da parte della Cina indica che Pechino è desiderosa di continuare a negoziare e lavorare per raggiungere un compromesso con Bruxelles.
La natura del settore dei beni di lusso rende inoltre difficile per la Cina sostenere ragionevolmente le accuse di dumping.
I dazi contro i brandy
Il Ministero del Commercio cinese ha affermato, proprio questa mattina, che le misure antidumping contro i brandy importati dall’Unione europea sono, a tutti gli effetti, delle misure legittime di rimedio commerciale.
Marchi francesi come Hennessy e Remy Martin dovranno mettere in conto una serie di restrizioni, adottate solo pochi giorni dopo che l’Unione europea ha votato per l’imposizione di dazi sui veicoli elettrici di fabbricazione cinese, innescando la più grande disputa commerciale con Pechino in un decennio.
Il Ministero del Commercio cinese ha affermato che i risultati preliminari di un’indagine hanno dimostrato che il dumping di brandy dall’Unione Europea minaccia di arrecare danni sostanziali all’industria nazionale.