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Turchia-Iraq, svolta nella disputa del petrolio in Kurdistan
Il Ministero dell’Energia della Turchia ha annunciato martedì che l’Iraq è stato condannato dalla Camera di Commercio Internazionale (ICC) a pagare un risarcimento ad Ankara in relazione ad una lunga disputa riguardante le esportazioni di petrolio dall’Iraq settentrionale attraverso la Turchia.
La svolta arriva dopo che giovedì l’ICC aveva emesso una sentenza a favore dell’Iraq, ordinando alla Turchia di pagare i danni relativi al trasporto di petrolio del Kurdistan attraverso il gasdotto di esportazione e allo sconto al quale il petrolio è stato venduto. L’Iraq sostiene infatti che il governo regionale del Kurdistan non abbia l’autorizzazione diretta per vendere petrolio attraverso il gasdotto, come concordato tra Ankara ed Erbil nel 2013.
La prima vittoria era stata dell’Iraq
L’Iraq aveva accusato la Turchia di aver violato un accordo commerciale consentendo al governo regionale del Kurdistan di esportare petrolio attraverso un gasdotto verso il porto turco di Ceyhan, nel 2014. Baghdad considera infatti tali esportazioni illegali e richiede ad Ankara il risarcimento dei danni causati.
Il tribunale della Camera di Commercio Internazionale ha accolto le richieste dell’Iraq giovedì scorso, come dichiarato dal Ministero sabato, il quale aveva aggiunto che avrebbe discusso i meccanismi per l’esportazione del petrolio iracheno attraverso il porto di Ceyhan con le autorità interessate nella regione del Kurdistan e con la Turchia, in modo da rispettare gli impegni internazionali.
L’arbitrato, che si è svolto nel tribunale di Parigi per quasi nove anni, ha visto una prima vittoria dell’Iraq, costringendo la Turchia a non consentire più il caricamento di petrolio greggio a beneficio della regione del Kurdistan senza il consenso delle autorità federali dell’Iraq. A partire da venerdì, la Turchia ha smesso di ricevere petrolio tramite il gasdotto curdo: circa 450.000 barili al giorno di esportazioni di greggio, pari a circa lo 0.5% dell’offerta globale di petrolio, dalla regione semi-autonoma del Kurdistan e dai campi del Kirkuk settentrionale sono stati interrotti a seguito della sentenza.
Secondo i dati raccolti da Bloomberg, oltre un milione di barili al giorno sono passati dal terminale di Ceyhan a gennaio, ovvero l’1% delle forniture globali. Baghdad invia 75.000 barili al giorno a Ceyhan, mentre il governo regionale curdo ne invia circa 400.000 al giorno.
La contro-vittoria della Turchia
L’Iraq aveva citato in giudizio la Turchia nel 2014 chiedendo una compensazione di 33 miliardi di dollari per la perdita di entrate ed i danni causati: il mese scorso ha chiesto una compensazione di 58 miliardi di dollari ad Ankara per tutte le vendite di petrolio effettuate fino al 2022. Tuttavia, il tribunale ha concesso al governo iracheno solo un premio di 1,4 miliardi di dollari per il periodo 2014-2018, in attesa degli interessi.
La Turchia ha portato a casa una contro-vittoria, ottenendo che l’Iraq paghi una tariffa di transito del gasdotto: l’ICC ha riconosciuto la richiesta del governo turco, senza tuttavia specificare l’importo del risarcimento che l’Iraq sarà obbligato a pagare. L’importo netto che la Turchia deve all’Iraq ammonta così a circa 1,5 miliardi di dollari prima degli interessi. Il Ministero dell’Energia turco ha affermato che quattro delle cinque richieste dell’Iraq non sono state accolte e che la causa rappresenta in realtà una riflessione sulla divergenza tra il governo centrale dell’Iraq e l’amministrazione regionale curda.
Le aziende petrolifere della regione hanno sospeso la loro attività, con la produzione del Kurdistan che rimane a rischio poiché la sospensione del gasdotto continuerà fino a quando Ankara, Baghdad e il governo regionale curdo non raggiungeranno un accordo per riprendere le esportazioni. La cessazione delle esportazioni attraverso il gasdotto potrebbe provocare il collasso dell’economia della regione curda, mentre la Turchia sarebbe costretta a stringere i rapporti con l’Iran e la Russia per far fronte alla perdita.