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Banche in apnea: nel 2023 tagliati 60.000 posti
Il 2023 passerà agli annali come un ottimo anno per il settore azionario, nonostante politiche monetarie restrittive nella principale economia del mondo e nonostante gli spettri di un landing non così soft per quelle europee. A ricordarci che però non va per il verso giusto, ci sono i pessimi dati che arrivano dall’impiego presso i principali istituti bancari a livello mondiale. Le principali venti banche globali hanno infatti già tagliato 60.000 posti di lavoro lungo tutto il 2023. E, sempre tornando agli annali, si tratta di dati che hanno invertito il recupero post COVID che pur aveva lasciato ben sperare il settore.
A pesare sul settore bancario, nonostante i tassi alti siano in genere un toccasana per questo comparto e per i suoi profitti di breve periodo, tutto il comparto dei public listing e il caso – che passerà alla storia anche questo – dell’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS, che da solo ha contato per circa 13.000 esuberi. La situazione sembrerebbe essere comunque di stallo lungo tutto l’arco bancario, situazione che anche in presenza di prospettive incerte per il futuro di breve periodo, diventa ideale per i tagli al personale, anche se di alto rango.
Banche in crisi? Non ancora, ma le risorse umane hanno già ristrutturato abbastanza
È stato un anno che ha visto la riduzione di oltre 60.000 posti di lavoro nel settore bancario globale, circa la metà di quanti ne sono stati persi nella grande crisi tra 2007 e 2008. E questo soltanto tenendo conto di quelli che sono i 20 principali gruppi bancari mondiali, i cui dati sono stati raccolti e elaborati da Financial Times. Ma cos’è che pesa sull’outlook del settore bancario al punto tale da spingere a tagli di queste proporzioni?
È l’altra faccia del settore azionario, quello delle società che vorrebbero quotarsi e che provano a quotarsi e che fruttano per le grandi banche commissioni milionarie. In assenza di un ciclo virtuoso di questo tipo – le quotazioni nel 2023 sono scese ai minimi da tempo quasi immemore – le banche d’affari non possono che pagare un prezzo alto in termini di profitti e, di conseguenza, guardare alla possibilità di tagliare ulteriormente.
Lee Thacker di Silvermine Partners è di questo avviso, ritenendo che data la situazione estremamente flat per tutto il settore bancario, con ogni probabilità ci saranno ulteriori tagli anche nel 2024.
C’è anche da ricordare che a pesare sul computo complessivo per quasi 1/4 è stata la situazione Credit Suisse e UBS, che è risultata in un taglio di 13.000 posti di lavoro circa, contribuendo così all’aggravarsi di un computo che è il peggiore dal 2007/08.
Quale riflesso sul mercato azionario?
L’outlook interno non è dei migliori e vedremo se questo finirà per riflettersi sul mercato dei titoli bancari. Sul tavolo anche per questo specifico contesto ci sarà il soft landing, con il settore bancario che risentirà delle evoluzioni dell’economia in senso generale. Servirà però uno scossone anche sul fronte quotazioni: in ballo c’è a breve quella di Shein e potrebbero arrivarne altre di interessanti nel 2024.
Saranno questi i due filoni che con ogni probabilità segneranno il futuro, di breve e medio periodo, del settore bancario ai piani più alti, dopo un 2023 buono in borsa ma da dimenticare per gli impiegati, dai quadri medi fino a quelli di rango meno elevato.
Il segnale è quello che è e se dovessero materializzarsi ulteriori tagli nel 2024 la situazione potrebbe farsi più preoccupante. La situazione però è sensibilmente diversa da quella del 2015 e del 2019, quando a innescare sofferenze per i grandi gruppi bancari furono tassi molto bassi e dunque l’impossibilità di portare a casa margini interessanti. Ora a soffrire, a guardare i dati, sono le grandi banche legate a Wall Street.