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Boeing: domanda forte. Ora ricostruzione della supply chain
La domanda del settore viaggi, crollata per ovvi motivi durante la crisi pandemica, sembrerebbe essere più resiliente di quanto avessero immaginato tanto gli analisti quanto le società del settore. A confermarlo è il CEO di Boeing, Dave Calhoun, che si è detto ottimista anche sul futuro del comparto e su un suo ritorno in trend fortemente positivo. La domanda che arriva al turismo tout court è in crescita e – sempre secondo quanto diffuso dal CEO della compagnia che produce velivoli – anche le società starebbero tornando all’interno del mercato.
Una domanda forte, più forte di quanto ci si aspettasse, ma ancora lontana dal suo pieno potenziale. La cosa si sta riflettendo chiaramente su Boeing, società che è la più importante per la produzione di velivoli civili e che afferma di avere ordini e incontri in agenda che ricordano i migliori giorni dell’industria. Nonostante ciò, $BA si trova ancora a distanza importante dai livelli di prezzo pre-pandemia, con un recupero che sembrerebbe aver esaurito, almeno per ora, la sua spinta propulsiva.
Soft landing o meno, l’industria è in buone condizioni
Che sarà o meno un atterraggio morbido per l’economia USA e per quella globale, non sembra interessare granché il comparto aviation. Secondo quanto ha affermato pubblicamente il CEO di Boeing Dave Calhoun, l’industria non ha nulla da temere in questo senso, perché i segnali che arrivano dai mercati sono chiari – e raccontano una storia molto diversa da quella che in molti stanno analizzando per l’economia nel suo complesso.
Il vero problema per il comparto, avverma Calhoun, è riportare la supply chain dell’intero comparto a livelli di elasticità e resilienza pre COVID, livelli che permetterebbero di fronteggiare una domanda che appare forte come non mai e che incontra problemi importanti sia da Boeing sia da Airbus per essere soddisfatta. Problemi che avranno bisogno di tempo per essere risolti, anche a fronte di una domanda internazionale che è ancora lontana dai livelli pre-pandemici e che ha recuperato completamente in poche aree del mondo, a partire dalla Cina.
Cosa dicono i numeri?
I numeri che sono stati diffusi dal World Travel & Tourism Council parlano di un settore che non recupererà neanche quest’anno i livelli pre-pandemia, per quanto manchi poco. I numeri parlano di 9.500 miliardi di dollari per l’intero comparto – a circa il 5% in meno rispetto ai livelli che erano stati fatti registrare al picco, nel 2019. Manca però, secondo le proiezioni, poco far segnare un nuovo record, dato che nel 2024 si dovrebbero superare i numeri fatti registrati nel 2019.
Per quanto riguarda il turismo, questo è tornato su livelli pre-pandemici soltanto in 34 paesi sui 185 che vengono monitorati dal Council in termini di contributo ai PIL nazionali – e secondo le stesse previsioni questa soglia dovrebbe arrivare al 50% entro fine 2023. Proiezioni dunque ottimistiche e che lasciano intendere un futuro in controtendenza rispetto ad un’eventuale recessione.
Fare i conti senza l’oste
Certi conti invece andranno fatti. La domanda globale non è in ottima forma e un’eventuale recessione prolungata non potrà che avere effetti anche sulla domanda nel comparto turismo e viaggi. Per le società del settore, a partire da Boeing e per finire su Airbus, la grande incognita rimane però quella delle supply chain – cosa che è stata confermata anche dal CEO di Boeing stesso. Finché non si tornerà a una situazione maggiormente resiliente, si potrebbe perdere il treno di una domanda molto forte per nuovi velivoli.
Sulle piazze però la situazione di $BA (BOEING) e di $1AIR (AIRBUS) è molto diversa: il primo sta faticando a recuperare i livelli di prezzo pre-pandemici, mentre Airbus sembrerebbe lanciato per il recupero dei massimi che si erano registrati nel gennaio 2020.