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Caos dopo le elezioni in Venezuela: si allontana ristrutturazione bond da 150 miliardi

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Il caos in Venezuela, con le elezioni che sono state riconosciute soltanto da uno sparuto gruppo di paesi non allineati con Washington, potrebbe causare problemi anche nella ristrutturazione del debito dello stato sudamericano. In queste ore il tema più dibattuto tra chi è a caccia di obbligazioni junk in vista di ristrutturazione è quello delle possibili conseguenze non solo della permanenza al potere di Nicolás Maduro, ma anche le prossime eventuali mosse del presidente del Venezuela, davanti a una situazione che a livello internazionale appare come sempre più compromessa.

Sarà difficile immaginarsi secondo gli analisti un qualunque tipo di accordo con l’intervento di autorità internazionali per l’importante debito accumulato dal paese. Così come sarà impossibile immaginarsi una sorta di tregua con Washington, con la rimozione o la sospensione di sanzioni che rendono particolarmente difficile per il paese accedere ai mercati di capitali internazionali. Per tanti è il peggiore dei possibili outcome elettorali: un’elezione fortemente contestata, i cui commenti si sono accesi anche in conseguenza di un grande distacco dalle indagini pre-elettorali, per quanto in pochi, almeno ai piani della finanza che conta, si aspettavano un esito diverso.

Accuse di brogli, proteste in strada e ristrutturazione del debito mai così lontana

Sono ore tese a Caracas così come nelle principali piazze internazionali, a causa di un esito elettorale in Venezuela che non piace a nessuno né numericamente né per le modalità con le quali ci si è arrivati. Le accuse di brogli sono arrivate praticamente ovunque, con nessuno dei paesi del blocco occidentale che si è ancora congratulato con Nicolás Maduro per la vittoria elettorale e tanti paesi limitrofi, a partire dall’Argentina di Milei, che hanno alzato i toni, invitando la popolazione a cercare libertà economica a Buenos Aires.

Una situazione che peggiora un quadro internazionale già non eccellente e che al centro vede tanti problemi legati ai bond che si trascinano da tempo e che difficilmente potranno trovare una soluzione sul breve periodo.

Sul tavolo miliardi di debito junk, con tanti creditori internazionali che attendono di essere saldati all’interno di un più ampio e necessario programma di ristrutturazione.

Ristrutturazione che è una di quelle messe che è estremamente difficile celebrare senza che partecipi il prete di Washington e gli enti internazionali – su tutti il Fondo Monetario – che potrebbero effettivamente dare una mano.

Senza riavvicinamento, ci sarà da aspettare. E l’esito elettorale difficilmente potrà contribuire a questo riavvicinamento.

150 miliardi di debito in ballo

Il debito da ristrutturare ammonta a 150 miliardi di dollari, impossibile da sostenere per un paese che è allo stremo economico e che non vede sul breve periodo occasioni di invertire il trend, complici anche i problemi di cui sopra con la comunità internazionale.

I mercati rimarranno alla finestra, valutando quali siano i margini per intraprendere un percorso di ristrutturazione che mai come oggi è apparso lontano. Per oggi sono previste altre manifestazioni, che potrebbero contribuire a mantenere la situazione tesa, anche sui mercati finanziari e tra gli analisti che stanno seguendo la questione da vicino.

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