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CEO di BlackRock: recessione forse nel 2025. E sarà debole

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A parlare è Larry Fink, CEO di BlackRock, il più importante gestore di fondi e di investimenti del mondo. Il tema è quello – ormai ricorrente – della possibile recessione negli Stati Uniti. L’opinione è certamente forte – e interessante tenendo conto di chi l’ha pronunciata: non ci sarà alcuna recessione nel breve termine, con qualche possibilità che questa si palesi nel 2025. Una proiezione non solo temporalmente, ma anche quantitativamente ottimistica, dato che per lo stesso Fink ammesso che si presenti, sarà di impatto ridotto.

Quella di Larry Fink, non nuovo a opinioni controcorrente, è un’opinione che farà certamente discutere analisti, investitori e piani alti della politica. Un’intervista a tutto tondo a uno dei personaggi più importanti dell’economia globale che mette sul fuoco tanta carne per le analisi future. Analisi che interesseranno chi investe in azioni, chi investe in bond, chi investe in materie prime.

Larry Fink non crede a una recessione, almeno nell’immediato

Larry Fink controcorrente: recessione? Forse nel 2025

È un Larry Fink quasi controcorrente: mentre i più ottimisti parlano di soft landing per l’economia USA e i più pessimisti parlano già di autunno caldo, il CEO di BlackRock cerca un equilibrio tra le posizioni più estreme. Se mai si tratterà di recessione, questa arriverà nel 2025, con le possibilità che si presenti nel breve periodo che sono praticamente a zero. Una lettura di questo tipo incorpora implicazioni importanti per i mercati: dalla libertà di azione di Federal Reserve in termini di tassi, a fronte di un’economia ancora forte, alla possibile ripresa della domanda globale e dunque anche del grande malato cinese.

È un Larry Fink spumeggiante quello che ha parlato al Berlin Global Dialogue di Berlino, dove si è occupato anche di indicare la futura trasformazione di BlackRock. Il passaggio che è stato lasciato intendere sarà da un asset manager principalmente impegnato in azioni e bond a un hub più centrale per gli investimenti anche nel settore non quotato. Mosse che sono in programma da tempo e per le quali il gruppo sta già procedendo con acquisizioni mirate.

Situazione sarà diversa per le economie non USA

Costi di rifinanziamento del debito rimarranno alti

I costi – nominali – del rifinanziamento del debito negli USA rimarranno con ogni probabilità alti, almeno sui bond decennali. Larry Fink crede in rendimenti superiori al 5% per un lungo periodo, aggiungendo che investitori e gestori stanno sottovalutando le ripercussioni di quanto avvenuto nell’economia di recente, in particolare in chiave geopolitica.

Secondo Fink inoltre il gruppo che dirige sarebbe – e forse questo fa il paio con le letture di carattere geopolitico – poco esposto verso la Cina, con una lettura possibile che indica un ritorno di fiamma per le blue chip dell’economia cinese, ora impantanate nel panico innescato da Evergrande. Questo, altrettanto probabilmente, con buona pace dei tanti gestori che stanno indicando nell’India il canale di fuga ovvio per tutti coloro i quali hanno capitali da allocare che un tempo avrebbero appunto allocato in Cina.

Il discorso non è valido per tutte le economie

Larry Fink ci tiene a specificare che le sue previsioni sull’eventuale recessione soltanto nel 2025 sono relative all’economia degli Stati Uniti e non alle altre. Alcune, dice, entreranno in uno scenario recessivo prima – per quanto non si sia speso nell’individuarle.

E molto dipenderà da certezza e speranza: Fink ha dichiarato di aver parlato di questi due concetti e di queste due necessità con tutti i leader globali che ha incontrato. In assenza dell’una e dell’altra si creano le condizioni mentali per una recessione. Che basti dunque cambiare narrativa – e politiche in alcuni casi – per evitare un atterraggio tutt’altro che soft? Sembrerebbe essere questa la scommessa di Fink, che si è detto comunque poco preoccupato da un’eventuale recessione – che sarà, a sua detta, di proporzioni ridotte.

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