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Cina: buoni i dati su produzione e vendite retail. Rimangono preoccupazioni
I dati che sono arrivati dalla Cina e che riguardano produzione industriale e vendite retail si sono rivelati essere buoni. La produzione industriale ha fatto infatti registrare una crescita del +6,6%, contro previsioni il cui consenso si era fermato al +5,6%. Discorso inverso, ma comunque in presenza di un dato positivo, per quanto riguarda le vendite retail: +10,1% con il consenso che invece indicava una crescita attesa del 12,5%. In leggero calo rispetto alle previsioni gli investimenti sui fixed-asset.
Sono dati tutto sommato buoni, per un’economia che scricchiola da tempo e che in diversi non ritengono in grado di continuare a rivestire il ruolo di locomotiva della crescita mondiale. Il tutto mentre ci si aspetta un 2024 di crescita – al 5% circa – per quanto riguarda il PIL e la possibilità che il Partito decida di continuare a sostenere la crescita economica con misure spot – e difficilmente però di carattere più organico.
Il peggio non è ancora passato?
I dati sono certamente buoni – e a distanza siderale da quelli che fanno registrare le cosiddette economie sviluppate – ma non basteranno per ora a dissolvere i dubbi sull’eventuale tenuta della Cina, almeno nel ruolo di locomotiva della crescita mondiale. Dati tanto buoni sono infatti comunque da raffrontare con un 2022 avido di soddisfazioni per la Repubblica Popolare e che passerà alla storia come l’anno di un’inflessione negativa del percorso di crescita un tempo inarrestabile di Pechino.
Il tutto è testimoniato dai target di crescita indicati per il 2023, che sono tra i più bassi e che segnalano la permanenza di problemi importanti, partiti nel settore immobiliare e poi percolati in altri settori cruciali per la tenuta dell’economia cinese.
La situazione, in breve, continua a essere complicata e di difficile lettura nonostante i dati che testimoniano una domanda interna che forse è in via di ripresa e una produzione industriale che sta rimbalzando dai minimi.
A preoccupare c’è anche altro, ed è di natura politica
Le preoccupazioni per il futuro di breve periodo sulla Cina hanno però anche altra natura, che solo indirettamente è economica. È in corso una guerra, fredda ma comunque di impatto, con gli Stati Uniti, che hanno già implementato da tempo limitazioni, restrizioni e semi-embarghi proprio per i settori che più interessano gli investimenti cinesi, a partire dai chip.
L’altro aspetto interessante di questa guerra fredda commerciale riguarda l’assenza totale di possibilità di miglioramento dei rapporti tra i due paesi, anche se dovesse cambiare nel 2024 l’inquilino della Casa Bianca.
In una situazione del genere – e con la Cina che difficilmente potrà diventare autarchica, almeno per le produzioni ad alto tasso tecnologico – pensare ad una pronta ripresa di Pechino che la porti sui tassi di crescita di qualche anno fa appare come impossibile.
Pesano anche le mosse che in molti imputano a Xi Jinping, che si sono materializzate in arresti, perquisizioni e intimorimento di dirigenti sia di società statali sia di società estere.
Il sentiment, in particolare quello slegato dai fattori economici più diretti, continua a essere negativo. Starà ora ai trader più bravi capire se si tratta o meno di una narrativa spinta dai giornali per qualche click o se le preoccupazioni per la Cina sono consistenti.
I dati diffusi poche ore fa, per quanto carichi di speranza, non potranno superare questa situazione ed è per questo che gli occhi degli investitori, soprattutto short, continueranno a essere puntati su Pechino – e in correlazione sull’India, che in molti sembrano aver individuato come prossima locomotiva dell’economia mondiale. Una rondine non fa primavera – e neanche un dato positivo sulla produzione industriale.