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Cina: è boom del debito (e dei default) tra privati

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Secondo quanto è stato riportato da Financial Times, in Cina è record per prestiti non restituiti o in sofferenza. Ci sarebbero, afferma l’importante giornale, più di 8 milioni di persone tra i 18 e i 59 anni che sono state ufficialmente inserite in blacklist dopo aver mancato la restituzione di debiti della più svariata natura. All’interno di queste sofferenze e di questi debiti non restituiti ci sono infatti i mutui, ma anche prestiti da parte di piccole, medie e grandi aziende. Una situazione che sarebbe esemplificativa di quanto grave sia la crisi economica che ha colpito la Repubblica Popolare Cinese.

Di che numeri si parla: di circa l’1% dell’intera forza lavoro cinese, ovvero di chi ha accesso a un salario e dunque può anche permettersi di contrarre certi debiti. Il numero è alto – anche rispetto alla fase pandemica – e la racconta relativamente lunga su quale sia la situazione in Cina, con la crisi del settore immobiliare che è forse la maggiore responsabile dell’attuale situazione.

Un problema più vasto di quello che potremmo vivere in Europa

La situazione in Cina è diversa, ricordano sempre le principali testate USA, rispetto a quella che si potrebbe verificare negli States o anche in Europa. Una volta che si entra a far parte di suddetta lista nera si possono avere tutta una serie di problemi a cascata, compreso ad esempio l’acquisto di un biglietto aereo. Si possono avere problemi anche ad accedere a sistemi come quelli di pagamento integrati in WeChat, senza i quali si arriva o quasi alla morte civile.

Tale processo di inserimento nella lista nera arriva quando viene contestato il mancato pagamento di un credito – e gli effetti a catena che si innescano rendono estremamente difficile il recupero. Per tanti dei milioni di cinesi finiti in queste condizioni vuol dire l’impossibilità di rientrare nella normalità e – dal punto di vista economico – tornare a essere cittadini che contribuiscono nel pieno delle loro forze e delle loro capacità, al sistema economico.

In altre parole condizioni dure, durissime, che finiscono per ripercuotersi anche nella capacità di recupero economico da parte di un Paese, la Repubblica Popolare Cinese, che sta vivendo un momento piuttosto duro e che ha comportato anche per la prima volta dal ’94 una riduzione del suo share di economia mondiale, almeno in termini nominali.

Il tutto all’interno di un quadro che ha visto negli anni recenti un forte aumento del debito dei privati, che ha raggiunto recentemente il 64% del PIL cinese.

Più dell’1% della popolazione in età da lavoro sarebbe in “blacklist”

L’altra questione sulla digitalizzazione del denaro

L’altra questione, per quanto certamente più filosofica, riguarda quanto avviene in sistemi – il nostro non ne è escluso – dove il denaro è completamente digitalizzato. Secondo quanto racconta Financial Times chi viene inserito in certe blacklist può avere difficoltà anche a pagare pedaggi di strade a pagamento ed è comunque tagliato fuori da quello che è il più comune mezzo di pagamento del paese, ovvero WeChat Pay. È una situazione che si può verificare solo quando i pagamenti digitali hanno raggiunto una soglia critica importante.

Sono sistemi che invece di ammorbidirsi, tra le altre cose, saranno esacerbati dall’arrivo – in Europa sembra cosa certa – dell’Euro Digitale, per quanto la sua portata sarà certamente limitata almeno in prima battuta.

In pochi qualche decennio fa avrebbero immaginato il denaro digitale come strumento di ulteriore controllo, tanto finanziario quanto politico, ed è questa la storia a lato del problema dei default privati in Cina.

Qualcosa sul quale, prima che sia troppo tardi, sarebbe il caso di fermarsi a ragionare, per quanto certi trend alla cinese ci vengano raccontati come lontani, troppo lontani per tornare a fare capolino anche nel continente dei diritti.

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