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Crollo borse dopo decisione Fed. Europa e Asia in difficoltà

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Quasi tutte le piazze azionarie – con qualche rara (e insignificante) eccezione – in rosso dopo la decisione di Jerome Powell e la conseguente conferenza stampa, a causa di timori di una politica restrittiva di Federal Reserve in termini monetari che potrebbe protrarsi più a lungo. Preoccupazioni che hanno colpito tanto le piazze asiatiche quanto invece quelle europee, con i principali indici che sono tutti in perdita rispetto alla sessione che si è chiusa mercoledì 20 settembre.

A essere colpito dai cali anche il prezzo del greggio al barile, che è sceso sensibilmente sotto i 95$, segnale della sua almeno parziale correlazione di questa materia prima con le aspettative sull’economia globale. Aspettative che nel corso della conferenza stampa di Jerome Powell hanno iniziato a vacillare. Così come hanno iniziato a vacillare le aspettative (e le speranze) di un soft landing quanto meno per l’economia di Washington.

Orsi in controllo dei principali indici azionari

Crollo delle borse: che succede al mercato azionario?

A spingere in territorio rosso tutti i principali e più rilevanti indici dell’economia mondiale sono le preoccupazioni che riguardano ora anche la possibile tenuta dell’economia statunitense. In realtà il discorso è più complesso ed è mutuato dalle preoccupazioni che Jerome Powell ha espresso nel corso della conferenza stampa di rito successiva alla comunicazione della decisione sui tassi negli Stati Uniti.

La decisione era attesa e non ha sorpreso nessuno: nessun rialzo dei tassi, che però è stato – correttamente -interpretato come hakwish pause, ovvero una pausa ma comunque dal sapore aggressivo, dato che lascia più che aperta la porta per ulteriori rialzi in futuro. A preoccupare i mercati è quanto è emerso dai dot plot, con la maggioranza dei 19 che decidono sui tassi che ritengono possibili tassi alti più a lungo – e in alcuni casi tassi più alti più a lungo.

Profondo rosso per tutte le principali borse

Perché è una preoccupazione solida per chi investe

Perché se per ora le azioni di Fed non hanno avuto riflessi significativi su PIL e andamento economico in generale – occupazione compresa – più a lungo saremo in territorio restrittivo, più sarà probabile vedere tali effetti sull’economia stessa. Il che vuol dire che più a lungo i tassi rimarranno alti, meno probabile sarà il cosiddetto soft landing, ovvero la possibilità che a Washington si riesca a evitare una recessione.

Possibilità che è certamente ancora sul tavolo, ma che combatte con un’inflazione che non sta scendendo velocemente come si vorrebbe, e con il fermo intento di Fed di riportarla nel territorio del 2%, prima di discutere qualunque altro aspetto dell’economia. D’altronde Powell non ha mai fatto mistero di ritenere la stabilità dei prezzi la base sulla quale sviluppare qualunque discorso economico.

Gli USA tornano alla guida, ma non nel senso che piace ai mercati

Il dato che emerge indirettamente è che gli USA rivestiranno anche per questo ciclo il ruolo di guida economica. Non solo perché sono l’unica economia le cui proiezioni di crescita sembrano solide, ma anche perché è a Federal Reserve che si guarda per capire cosa significa una politica monetaria separata da ingerenze politiche e tesa a riportare davvero i prezzi in linea con il target.

Decisioni e inflessibilità che è difficile per il momento vedere dalle parti di Francoforte. Mentre diamo alle stampe questo approfondimento, DAX perde l’1%, CAC 40 perde l’1,44%, con ATX e WIG20 in scia. Situazione non migliore a Milano, che perde l’1,29% sempre in virtù delle medesime preoccupazioni. Tra i pochi in segno positivo Zurigo e Tel Aviv, per quanto con crescite risibili dei relativi indici. La palla ora passerà alla sessione USA, che rimane quella più importante in questa fase per valutare eventuali movimenti a cascata sulle altre piazze.

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