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Forex: i falchi del dollaro dominano le colombe emergenti
Le colombe affossano le valute emergenti. È questo il sunto delle ultime sessioni sul mercato Forex, dove le colombe che sembrerebbero aver preso possesso delle politiche monetarie fanno pagare un prezzo alto alle valute del novero meno pregiato sulle piazze internazionali. Una situazione che sembra accomunare luoghi e realtà che mai avremmo sognato di mettere insieme: Bangkok, Pechino, Varsavia.
La relazione tra tassi di interesse e forza della valuta è il caso di scuola che ricorda ancora una volta che è direzione delle politiche monetarie che devono guardare gli investitori non solo nel Forex. E anche su mercati e asset che sono prezzati in valute esotiche – o di mercati emergenti. Una situazione che difficilmente potrà essere invertita sul breve. Questo nonostante la scorsa settimana e quella in corso siano state un’autentica fiera degli annunci da parte di banche centrali che affermano di essere disposte a tutto pur di difendere il valore della valuta locale, salvo poi comportarsi in modo radicalmente opposto.
Yuan, Zloty, Fiorino Ungherese e Yuan: l’asse delle colombe
Le performance di mercato delle valute legate a mercati emergenti o comunque ad economie di dimensioni ridotte non se la stanno passando bene. L’estate del 2023 verrà ricordata come quella del dollaro USA forte – o se volessimo guardarla da un altro punto di vista, quella delle colombe che incendiano il loro nido.
Il trade-off è sempre lo stesso: continuare a rialzare i tassi per contenere l’inflazione e riportarla in target, oppure abbandonarsi a politiche monetarie lassiste, anche conseguenti a pressioni politiche e elettorali? È questa la situazione comune a tutti i paesi e le valute che abbiamo elencato poco sopra, fatta forse eccezione per la Cina, dove comunque nelle scorse settimane si sono susseguiti annunci di sostegno allo Yuan fatti anche di politiche monetarie espansive.
I mercati hanno reagito nell’unico modo che conoscono: punendo le valute governate da colombe e premiando un dollaro USA gestito da una Fed ancora possibilista su ulteriori rialzi, per quanto non durante la riunione del FOMC di settembre.
Pesa anche la forza dell’economia USA
A contribuire ad una situazione di forza relativa per il dollaro USA c’è anche la situazione interna dell’economia degli Stati Uniti, che sembrerebbe essere tra le migliori tanto tra i paesi economicamente sviluppati quanto su scala globale, con la possibilità di un soft landing che guadagna punti percentuali per la maggioranza degli analisti.
Questo al netto dell’incertezza che deriva da una situazione macro mai vista prima, conseguenza di reazioni ad una crisi pandemica inaspettata e con effetti anche di medio e lungo periodo.
Per ora, comunque, a mostrarsi in pubblico con il vestito migliore è il dollaro USA, insieme ad uno sparuto gruppo di valute pregiate e che hanno da sempre un corso proprio, come il franco svizzero.
Per il resto dei paesi continueranno a pesare contingenze che a Washington non si avvertono – e pressioni elettorali che potrebbero essere gestite come sempre si è fatto: allentando i cordoni di una borsa riempita però di valuta sempre meno di valore. Potrebbe questo rappresentare un rischio anche per il debito pubblico di certi paesi, ove nominalmente in dollari?