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Gli “Amazzonia bond” prendono piede: probabile prima emissione già nel 2024

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Un nuovo tipo di obbligazioni legate alla sostenibilità potrebbe fare il suo debutto entro la fine dell’anno: gli Amazzonia Bonds, un tipo di obbligazione a basso tasso d’interesse che permetterebbe di aiutare a salvaguardare la più grande foresta del Pianeta. I dialoghi sono già in corso tra le tre nazioni che ospitano la foresta amazzonica sul loro territorio: Brasile, Ecuador e Colombia. L’idea sarebbe quella di proporre queste obbligazioni a enti sovranazionali, come l’InterAmerican Development Bank o addirittura la Banca Mondiale. I fondi ottenuti con questa emissione potrebbero poi essere utilizzati esclusivamente per la salvaguardia forestale.

La foresta amazzonica assorbe il 10% dell’anidride carbonica emessa dal mondo ogni anno, ma è fortemente minacciata dalla deforestazione. Ogni albero abbattuto non smette soltanto di assorbire la CO2 atmosferica, ma rilascia anche CO2 nell’aria. Il governo Lula in Brasile si sta dimostrando molto attento a questo tema, avendo ridotto del 50% il ritmo della deforestazione lo scorso anno e di un ulteriore 35% nei primi tre mesi del 2024. Si tratta anche di un’area del mondo fondamentale per la biodiversità, ospitando la più alta concentrazione di specie del mondo. Per combattere questo problema, però, è necessario avere tante risorse finanziarie e le obbligazioni sono una delle poche scelte possibili per poter raccogliere capitali sufficienti.

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Uno sforzo congiunto per la salvaguardia

Gli Amazzonia Bonds funzionerebbero come una sorta di prestito agevolato per le attività di salvaguardia forestale. Le obbligazioni avrebbero un tasso di rendimento particolarmente basso, essendo destinate a una missione climatica comune. Al tempo stesso permetterebbero comunque a chi li acquista di avere un piccolo rendimento, in modo tale da attirare i capitali più facilmente. Si guarda soprattutto alle banche multilaterali, che sempre di più stanno diventando grandi finanziatori delle iniziative per la sostenibilità. Soprattutto nei paesi emergenti, dove spesso i capitali non bastano, il ruolo di queste entità è molto importante.

Attualmente lo sviluppo degli Amazzonia Bonds è favorito particolarmente dal fatto che il Brasile stia occupando il suo turno alla presidenza del G20, cosa che lo rende in grado di promuovere meglio le proprie iniziative. L’idea sarebbe quella di trovare un’intesa interna al gruppo dei venti, per poi portare al COP 29 questa iniziativa alla ricerca di capitali. Questo sarebbe il percorso da seguire, ma tra i paesi proponenti c’è anche chi è scettico riguardo all’appetibilità di queste obbligazioni. C’è il timore che semplicemente non si riescano a raccogliere capitali significativi.

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Difficile lo scontro di vedute

Il presidente della Colombia, uno dei principali promotori dell’idea degli Amazzonia Bonds, sostiene questa iniziativa da una parte ma al tempo stesso dichiara di voler rendere la foresta una fonte di reddito e non debito. Gli otto paesi che ospitano la foresta amazzonica chiedono sempre di più che il mondo riconosca il loro impegno per la protezione ambientale e che ci siano delle fonti di finanziamento quantomeno corrispondenti alla spesa da fare. Ad esempio si parla di crediti per la biodiversità, aiutando dunque i paesi che fanno un lavoro migliore nella protezione ambientale ad accedere a finanziamenti a fondo perduto o a tassi d’interesse particolarmente bassi.

L’idea che una nazione debba indebitarsi e riconoscere degli interessi ad altri paesi, per fare anche i loro interessi attraverso la preservazione dell’Amazzonia, è qualcosa che non tutte le forze politiche dei paesi coinvolti riescono a digerire. Per questo rimangono sul tavolo molte alternative agli Amazzonia Bonds, ed è probabile che ci vorranno ancora mesi di negoziati prima di arrivare a una proposta concreta.

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