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In Israele tassi ancora fermi. Ancora pressioni ribassiste su ILS
La banca centrale d’Israele, per la terza volta consecutiva, lascia invariati i tassi e lo shekel continua una discesa avviata con l’inizio della guerra nella Striscia di Gaza. Sulle decisioni della banca centrale pesano sia le incertezze sugli effetti del recente ciclo di rialzo dei tassi, sia la questione che ora tiene banco ovunque in Israele, ovvero quella di un potenziale allargamento del conflitto anche a altri paesi e la conseguente impossibilità di tornare a una sorta di normalità sul breve periodo.
Benché ampiamente prevedibile, la decisione di non alzare ulteriormente i tassi ha esercitato una discreta pressione sullo shekel israeliano, che si trova su minimi nei confronti del dollaro che non si vedevano da anni, complice appunto la situazione di cui sopra, una situazione che difficilmente prevederà un ritorno alla normalità a stretto giro. Questo nonostante l’annuncio della banca centrale di essere pronta a intervenire sia a tutela dell’economia interna, sia a tutela entro certi limiti del valore della divisa nazionale.
La guerra cambia l’atteggiamento anche della banca centrale d’Israele
Dopo due stop consecutivi, era lecito aspettarsi un ritorno al rialzo dei tassi da parte della banca centrale israeliana. Con maggiore accuratezza possiamo dire che sarebbe stato lecito aspettarselo prima che la situazione sul fronte geopolitico degenerasse rapidamente. L’attacco improvviso e inaspettato di Hamas ha causato effetti a cascata non solo sul piano militare, ma anche, prevedibilmente, su quelli economici. Effetti che si sono prodotti anche sul mercato del Forex, dove ILS continua a perdere e continua in quella discesa che è stata inaugurata ormai due settimane fa e che secondo i principali analisti non troverà facilmente un bottom.
La situazione è certamente difficile da gestire, in particolare perché in una situazione particolare del genere, sommata alle note difficoltà di quasi tutte le economie mondiali, mettere sul tavolo politiche monetarie restrittive diventa, in modo crescente, più difficile. Il ragionamento seguito dalla banca centrale israeliana deve essere stato questo, con uno spazio di manovra che è diventato, per eventi al di fuori del controllo della stessa banca centrale, ancora più stretto di quello delle omologhe in altre parti del mondo. I tassi rimangono pertanto a 4,75%,livello che sembra essere quello di picco almeno alle attuali condizioni.
Differenziale minimo con il dollaro USA, ma potrebbe giocare contro ILS
I problemi, almeno sul breve e medio periodo, per il valore di ILS sulle piazze internazionali sono due: il primo è che esiste, per quanto ridotto, un differenziale nei tassi di interesse praticati a Tel Aviv e a Washington – e questo differenziale finisce per giocare un ruolo importante per il tasso di cambio tra due valute. Il secondo dei problemi è che l’economia di guerra alla quale Tel Aviv dovrà sottomettersi finirà per avere un impatto sulla tenuta della produttività e dell’attrattiva commerciale, impatto che poi si trasferirà senza dubbio e fermi restando gli altri fattori, sullo shekel israeliano.
Chi aveva, all’inizio della vicenda, ritenuto più che sufficiente l’intervento della banca centrale non ha previsto e non poteva prevedere l’incertezza che il conflitto ha portato con sé, sia in termini di durata sia in termini di estensione dello stesso. Incertezze che stanno tenendo con il fiato sospeso tutti i mercati e in particolare quelli legati a questa specifica area geografica. Sono dunque da ritenersi ormai non più valide le analisi che parlavano di caduta sì, ma contenuta soprattutto in termini temporali.
Per il resto a dettare la linea, come abbiamo più volte scritto su queste pagine, sarà ancora una volta la guerra, l’ingresso eventuale di altri paesi nel conflitto e la risposta di Israele a tali minacce. Nel frattempo sarà dura trovare chi è long su ILS contro il dollaro USA.