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Shekel e bond israeliani in sofferenza dopo dubbi su cessate il fuoco

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Male lo shekel israeliano, in salita i rendimenti dei bond di Israele. Le ragioni per questa performance di Tel Aviv sono da rintracciarsi nei crescenti dubbi sulla chiusura dell’accordo per il cessate il fuoco, che durante il weekend era sembrata molto vicina – o almeno così era stata definita dalla Casa Bianca – e sulla quale ora, invece, si comincia a nutrire più di qualche dubbio. Blinken lancia l’allarme parlando di unica possibilità di ottenere un cessate il fuoco, dopo aver raggiunto poche ore fa in Israele.

La paura anche dei mercati per un’escalation che potrebbe partire una volta falliti i negoziati c’è, per quanto per ora si parli di stallo che ha ancora spazi però per ripartire in senso positivo, dopo che Benjamin Netanyahu aveva parlato di dialoghi positivi proprio con Anthony Blinken.

Male lo shekel, che recupera però in chiusura di sessione USA

Male ILS, che durante la sessione odierna scende anche sotto lo 0,269 contro il dollaro, salvo poi recuperare per chiudere intorno a uno -0,50% comunque poco positivo. Al contempo salgono i rendimenti dei bond, per una situazione di grande incertezza che continuerà a pesare sui mercati fino a quando non si raggiungerà un accordo che gli USA ritengono necessario e impossibile da lasciarsi scappare.

TA-35, il più rappresentativo degli indici della borsa israeliana, che raccoglie le 35 società più importanti per capitalizzazione, ha chiuso la sessione con un -0,43% in controtendenza rispetto invece alle buone performance delle borse USA.

Una situazione di incertezza quando le trattative sono ormai nel vivo – e anche nella peggiore possibile situazione di stallo da quando sono state avviate.

E a segnalare il momento di incertezza c’è anche la volatilità attesa, che si può ricavare dall’andamento delle opzioni, che segnala dati così elevati che non si vedevano da ottobre 2023, ovvero dall’avvio delle operazioni belliche.

Tutto legato al cessate il fuoco e alla restituzione degli ostaggi

L’accordo, se dovesse andare in porto, comporterà da un lato la restituzione degli ostaggi e dall’altro invece un cessate il fuoco di durata – almeno per il momento – indefinita. Una situazione che se dovesse svilupparsi in questo senso aiuterebbe a recuperare da una settimana precedente molto tesa, dovuta sia al downgrade di Fitch – che ha portato il debito israeliano a A – sia da discussioni in parlamento sulla legge di bilancio che non stanno procedendo nel migliore dei modi.

Tensioni su tensioni dalle quali si vorrebbero estromettere almeno quelle di natura geopolitica, a patto chiaramente che gli accordi, se ma ci si dovesse arrivare, siano effettivi e rispettati da tutte le parti, per equilibri che continuano (e continueranno) ad essere piuttosto precari.

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