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Per USD è fine della corsa? Analisti chiamano lateralizzazione del dollaro
È un po’ come aspettare Godot, ma tanti analisti sembrano concordare sulla fine del rally del dollaro, che da giugno ha guadagnato circa il 5% nei confronti delle principali valute. Una corsa incredibile, in parte innescata dalla corsa verso la sicurezza, in parte dai differenziali dei tassi tra Washington e il resto del mondo. Una corsa però, dicono ancora una volta gli analisti, che potrebbe essere vicina alla sua fine naturale.
Il motore del dollaro starebbe perdendo giri e a testimoniarlo ci sarebbero dati che arrivano dalle opzioni, dal posizionamento di grandi fondi e anche dai volumi e dalla volatilità. Una situazione che però non vorrà dire necessariamente inversione del trend ma piuttosto l’ingresso in una fase di movimenti laterali che poco lasceranno all’entusiasmo di chi ama la volatilità. Ma sarà davvero così? I mercati per ora sembrano infischiarsene, complici le difficoltà di diverse banche centrali, a partire da quella giapponese.
Dollaro alla fine della corsa? Non è la prima volta che…
Data l’incredibile corsa partita durante l’estate per il Dollaro USA, sono in tanti a chiamarne la fine, ormai da qualche tempo. Tuttavia le opinioni contrarian non sono mai mancate: troppo forte la corsa del dollaro, qualcosa di inaudito, di mai visto se non in momenti di crisi.
Tuttavia c’è da parlare di più di quanto sta accadendo, perché il valore di una valuta sui mercati è sempre relativo ad altre. Il caso dello yen giapponese, che pur ieri aveva tentato un rimbalzo è emblematico. Quella che è stata considerata da sempre o quasi una valuta rifugio ha perso questo status – fatti salvi i momenti di crisi molto intensa – e con ogni probabilità farà fatica a recuperarlo a stretto giro. Ogniqualvolta viene toccato il cambio di 150 contro USD, Bank of Japan è intervenuta anche con acquisti spot. Questo a poco è servito, dato che a ogni recupero artificiale è seguito il ritorno su livelli bassi.
Ma non è dello yen giapponese che si dovrà parlare in questo approfondimento. A tenere banco è infatti il dollaro USA – e una corsa che a nostro avviso erroneamente si legge con gli occhiali dell’analisi tecnica e dei dati macro in tempo di pace. Tempo di pace non è, soprattutto sui mercati finanziari, e chiamare il bottom di questa valuta, porto sicuro in momenti di crisi, è forse prematuro.
Perché gli analisti parlano di fine della corsa?
La questione è di dominio così comune da aver trovato oggi ospitalità anche su Bloomberg. Il primo fattore sono le posizioni ancora estremamente long da parte degli operatori principali di mercato. Il rallentamento della corsa nonostante queste posizioni sarebbe il primo segnale di un rallentamento della stessa.
Il secondo fattore è costituito dalle strategie di hedging dei principali operatori: qui siamo a un minimo degli ultimi tre mesi, cosa che accompagnata a una volatilità ridotta farebbe pensare al fatto che i mercati non si starebbero più aspettando dei movimenti decisi.
Sono fattori che in tempi normali offrirebbero indicazioni chiare, e che però in questa particolare situazione di mercato ci costringono alla cautela: mercoledì 1° novembre Federal Reserve deciderà sui tassi tramite FOMC e per quanto al decisione appaia come scontata, ci saranno sussulti a ogni parola di Jerome Powell.
Rimane inoltre sul tavolo forse soltanto negli USA la possibilità che si proceda con un ulteriore rialzo dei tassi in futuro, per quanto in realtà si stia facendo già molto per tornare verso il target al 2% dell’inflazione.
Se questo dovesse essere il caso, siamo ancora più incerti sulla chiamata di bottom per il resto delle valute, soprattutto se continueranno – le principali banche centrali dei paesi sviluppati – ad avere uno spazio di manovra ristretto dalle contingenti condizioni economiche.