News
Shekel ai minimi da 7 anni. Il sentiment torna negativo
Gli analisti di Goldman Sachs si sbagliavano. Soltanto quattro giorni fa, in principio di guerra o quasi, avevano dichiarato di ritenere la corsa ribassista dello shekel quasi terminata citando gli importanti interventi della locale banca centrale a tutela del valore della divisa nazionale di Tel Aviv. Non si poteva però prevedere – anche se sono passate meno di 100 ore dalla previsione – che la guerra in Medio Oriente si sarebbe orientata verso una escalation invece che verso una de-escalation, questione che è di grande preoccupazione per i mercati.
Con ogni probabilità saranno ancora i venti di guerra a animare il cambio dello shekel israeliano nei confronti del dollaro USA, con livelli di cambio già raggiunti che non si vedevano almeno dal 2015. Segnali di crisi profonda? Proviamo a fare il punto della situazione, che però per ora attiene più alla geopolitica che all’economia tout court.
Cambiano i venti anche sullo shekel israeliano: ora gli analisti sono bearish
L’epoca è quella che è: gli analisti continuano a cambiare sentiment – non solo sullo shekel israeliano – giorno dopo giorno, con il quadro macroeconomico di massima incertezza che non aiuta nelle previsioni. Quella sullo shekel passerà alla storia, in verità già assai turbolenta, come una delle previsioni più avventate e sbagliate di questo 2023. Gli analisti, in prima fila quelli di GS, si erano affrettati a dichiarare lo shekel come in grado di resistere agli ovvi venti ribassisti che accompagnano sempre un conflitto. Le mosse della banca centrale sarebbero state sufficienti per ristorare un po’ di ottimismo e, anche tramite interventi diretti a mercato, per tutelare il valore di ILS. Anche se siamo a solo 4 giorni da quella previsione, il sentiment è cambiato radicalmente, e ora la maggioranza degli analisti ritengono di diffondere un sentiment più negativo, che porterebbe la divisa nazionale di Israele a toccare nuovi minimi e a sfondare supporti in prossimità dei valori di questa giornata di scambio.
Sarà così? Difficile a dirsi, perché a comandare l’andamento di ILS sarà principalmente quanto avverrà sul campo di battaglia: Israele tentenna sull’annunciata invasione di terra e altri paesi e altre formazioni sembrerebbero pronti ad arrivare in soccorso di Hamas, con il pericolo escalation che è il principale e che ha spinto diversi paesi dell’area a offrirsi per una mediazione. Mediazione che sembra però per il momento impossibile, con le vibrazioni che partono dai cannoni e che arrivano sui mercati, in particolare su quelli israeliani.
Il rating di Israele è a rischio
Piove sul bagnato anche sul fronte del rating. Moody’s ha annunciato la possibilità di un downgrading del debito israeliano, a causa di una situazione economica sulla quale una guerra lunga e sostenuta non potrà che impattare. I tassi sono nel frattempo su livelli piuttosto alti – e il rischio per ILS è che la banca centrale decida di sostenere l’economia con un taglio di tassi in anticipo rispetto a quello delle altre principali economie. Un taglio che, date le politiche monetarie perseguite tanto da Washington quanto da Francoforte non potrebbero che avere un effetto deleterio sul valore dello shekel.
Per ora di opzioni sul tavolo sembra ce ne siano comunque poche: la banca centrale ha già avviato un programma di stimoli da 85 miliardi e probabilmente continuerà a intervenire compatibilmente con l’andamento del conflitto e con il suo allargamento.
Chissà se, come avvenuto nel corso di questa settimana, eventuali segnali di de-escalation invertiranno ancora una volta un sentiment che è stato smentito dai fatti. Fino ad allora, lo shekel israeliano rimarrà uno degli osservati speciali sul mercato del Forex, in un contesto globale che vede tante altre valute in enorme difficoltà.