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Yen: è la peggiore settimana dal 2022. L’outlook è però positivo
C’è qualcuno che inizia a chiamarla la maledizione dello yen. Bank of Japan non sembra essere in grado, a causa anche di eventi esterni e al di fuori del suo controllo, di rientrare in possesso della sua politica monetaria. L’ennesima testimonianza di questo ritornello arriva dalla settimana che si è appena conclusa per la divisa nazionale giapponese, una settimana che è stata la peggiore da due anni a questa parte e che è stata condizionata dagli eventi tellurici che hanno colpito il paese.
Cosa c’entrano i terremoti con una banca centrale? In una situazione economica già precaria di per sé, i danni innescati dal terremoto rendono assai difficile che BoJ sia in grado di avviare quel percorso di normalizzazione che ormai si aspetta da qualche tempo e che sarebbe dovuto arrivare già il prossimo marzo o il prossimo aprile. Le condizioni successive al terremoto rendono questo percorso, almeno secondo i mercati, ancora più accidentato.
Dollaro forte, yen debole: Bank of Japan non è ancora padrona del suo destino
Lo abbiamo scritto su queste pagine più volte: ritenere che Kazuo Ueda e Bank of Japan siano gli unici artefici del proprio destino vuol dire ignorare l’effettiva situazione in Giappone. L’economia è in forte rallentamento, l’abitudine a capitale pressoché gratis è diventata ormai radicata e non ci sono le condizioni per avere un qualunque tipo di libertà di manovra. Questo nonostante sia ora necessario intervenire con politiche monetarie più restrittive che dovrebbero dare una mano a contenere i prezzi. E anche a riportare il Giappone nell’alveo della normalità monetaria. Nonostante Kazuo Ueda abbia spiegato a mercati e astanti politici la necessità di questo percorso, gli operatori sulle principali piazze hanno trovato durante la scorsa settimana ulteriori motivazioni per dubitare del percorso anticipato.
Su tutte il terremoto che ha colpito la penisola di Noto e che ha lasciato dietro di sé, nonostante la resilienza degli immobili realizzati in Giappone, danni importanti. Danni che avranno bisogno di denaro, e dunque di stimoli, e che dunque potrebbero obbligare Bank of Japan a riconsiderare un percorso troppo ripido verso il ritorno alla normalità. Questo, con la complicità di un dollaro relativamente forte in settimana, ha creato un quadro di scarsa attendibilità per le promesse di Ueda e dunque di debolezza assoluta per lo yen, che ha fatto registrare una pessima performance, che non si vedeva su queste proporzioni dal 2022.
Sentiment però ancora long
Nonostante questo incidente di percorso, l’outlook dei principali fondi, gestori e operatori di mercato rimane long sullo yen. Ci sarà, dicono, un recupero di livelli di prezzo importanti nei confronti delle principali valute presenti sulle piazze internazionali. Recupero che sarà spinto sia da una debolezza del dollaro e dell’euro, sia dal gap che si è creato nel 2023 tra la divisa nazionale giapponese e il resto del mondo.
Si rimane nel complesso, anche se con qualche ritardo, nella convinzione che il 2024 sarà – e non potrebbe essere altrimenti – l’anno che vedrà il Giappone tornare a una politica monetaria “normale”, ovvero con tassi di interesse positivi. Non è chiaro quando, non è chiaro neanche il quanto, ma sarà un movimento assolutamente contrario a quello che si farà registrare per Federal Reserve e per la Banca Centrale Europea.
I dati sul lavoro USA, che hanno raccontato di un’economia ancora molto forte, con la disoccupazione ancora contenuta e un’incredibile resilienza nel complesso, hanno tra le altre cose per questa settimana ridotto le aspettative dovish sulla politica monetaria USA. Qualcosa che però ci si aspetta che sia di breve durata. Presto le colombe torneranno a prendere il sopravvento, almeno secondo quanto si aspettano i mercati.