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Chip: US Commerce vuole più fondi per bloccare la Cina

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Gina Raimondo, a capo dell’agenzia federale che si occupa di commercio, anche internazionale, lancia un allarme importante e che si inserisce nell’ormai lunga guerra dei chip tra Cina e Stati Uniti. Il parere del governo degli Stati Uniti è che infatti Pechino non dovrà avere accesso a certe tecnologie, c’è in ballo la sicurezza nazionale, e che serviranno maggiori controlli agli export. Maggiori controlli che necessiteranno, questo è l’altro messaggio, di più fondi per essere implementati.

A chi guarda però esclusivamente ai mercati, la notizia che interessa è che le grandi aziende che producono chip, tra le quali NVIDIA, difficilmente torneranno a servire almeno con i prodotti top gamma lo sconfinato mercato dei nemici e dei quasi nemici degli Stati Uniti. Una situazione forse non incresciosa, ma comunque non positiva e con la quale dovremo necessariamente fare i conti per i prossimi mesi e i prossimi anni, a prescindere da chi vincerà la prossima corsa per la Casa Bianca, prevista per il 2024.

È una guerra, per quanto “fredda”

Servono soldi per controllare di più i chip

Il commercio di chip, in particolare quelli ad alte prestazioni, è sempre più politico. Se ne sarà accorto anche chi ha passato gli ultimi mesi sulla luna e – per i pochi che non se ne sono ancora accorti – torna sul tema anche Gina Raimondo, che governa quello che può e non può avvenire negli USA in termini di commercio. La segretaria di US Commerce ha ribadito, in modo perentorio, che non è possibile anche soltanto pensare che la Cina metta le mani su certe tipologie di chip, quelli maggiormente utilizzati per la moda del momento – l’intelligenza artificiale. E che per evitare che questo commercio avvenga, ha bisogno di più fondi.

Raimondo si è anche lamentata del budget striminzito con il quale deve far fronte a queste problematiche. Ha 200 milioni di budget, dice, che è il costo di qualche caccia. E il riferimento agli aerei da combattimento appare come tutto fuorché casuale: quella che si sta combattendo è una guerra, per quanto commerciale, che almeno secondo gli intendimenti di Washington servirà ad evitare una guerra (vera) in futuro.

E Raimondo ha anche inviato un messaggio altrettanto interessante a qualche CEO seduto tra il pubblico: ha riconosciuto la perdita di ricavi dovuta alle sue decisioni (che sono poi le decisioni del governo USA), ma ha sottolineato che così va la vita e che i ricavi di breve periodo non sono più importanti della sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America.

Anche offrire chip “depotenziati” non funzionerà

Un messaggio a NVIDIA

È chiaro per tutti che il messaggio sia anche e soprattutto per NVIDIA, che ha progettato una serie di chip a potenza ridotta per il mercato cinese, proprio per aggirare quelle che sono le limitazioni che gli USA hanno inserito nei loro codici commerciali già da ottobre 2022.

Ridisegnare i chip, ha detto Raimondo, che consentono comunque di operare infrastrutture per l’intelligenza artificiale, significa controllo automatico da parte di US Commerce, ha ribadito Raimondo. E per quanto, ha continuato, i dialoghi tra Cina e USA possano essere distensivi su certe questioni, non potranno mai far ignorare le incombenze di Washington legate alla sicurezza nazionale.

Il linguaggio è quello che in genere sentiamo da chi si occupa di difesa. L’altro punto interessante è che difficilmente, anche in caso di avvicendamento alla Casa Bianca, ci saranno cambiamenti in questa politica. Anche perché la minaccia cinese è avvertita con maggiore pressione forse sul lato Repubblicano, per quanto siano piuttosto omogenei gli intendimenti lungo tutto l’arco congressuale degli USA.

La Cina potrebbe fare da sé? Difficile. Anche i recenti chip di Huawei non potranno essere i chip dell’autarchia per la Repubblica Popolare Cinese. La stretta, vale la pena di ricordarlo, non riguarda soltanto la Cina: anche i sauditi hanno dovuto abbandonare investimenti in chip per l’AI proprio su consiglio delle autorità USA.

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