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Dal G20 solo misure soft contro il carbone. Petrolio e gas invece…
Delusione dal G20 per gli attivisti, che siano investitori o meno, della riduzione delle emissioni. Dal consesso che raccoglie le 20 economie più importanti del mondo non è venuta fuori nessuna decisione – e nessuna azione – per quanto concerne l’utilizzo di fonti fossili per la produzione di energia. Un consesso – dati alla mano – che è responsabile per circa l’80%, dice il Financial Times – delle emissioni di gas serra totali.
In realtà però qualcosa si è deciso: sarà triplicata la capacità globale di produzione di energia da fonti rinnovabili di 3 volte entro il 2030. Obiettivo ambizioso ma al quale non si è accompagnata, come avrebbero preferito i più radicali tra gli ambientalisti, una decisione netta su carbone, petrolio e gas naturale. Questo nonostante le Nazioni Unite ritengano necessari passi più decisi contro le emissioni di gas serra.
Lontani dagli obiettivi, ma al G20 non interessa granché
Secondo quanto è stato riportato dalle Nazioni Unite, gli obiettivi fissati dagli Accordi di Parigi sarebbero ancora un miraggio. Obiettivi che fissano il massimo accettabile per il riscaldamento globale su livelli di 2°C superiori ai livelli pre-industriali e, idealmente di 1,5°C. Obiettivi che sono al centro di discussioni, anche feroci, tanto economiche quanto politiche, ma che secondo gli attivisti che hanno seguito da vicino le discussioni e le conseguenti decisioni del G20, non interesserebbero una delle riunioni più importanti del mondo.
In realtà qualcosa è stato fatto: oltre all’impegno sopracitato per triplicare la capacità globale in termini di rinnovabili, c’è stata una dichiarazione congiunta che parla di una riduzione dell’utilizzo di carbone per la produzione di energia, a patto che però questo sia congruo con obiettivi e circostanze da giudicare a livello nazionale. Pertanto nessun numero e nessun obbligo – e in futuro obblighi e numeri che potranno essere superati opponendo il più vecchio dei trucchi dei maghi della politica: la ragion di Stato.
Panico tra gli ambientalisti
ESG, riduzioni delle emissioni e impegno per le rinnovabili sembrerebbero essere molto meno cool ora che lo spettro della recessione si affaccia su tutte le principali economie mondiali. C’è certamente chi – come i Paesi europei – sembrerebbe essere maggiormente convinto del percorso per raggiungere ambiziosi obiettivi in termini di riduzione delle emissioni. E chi, poi, invece si trova impegnato in una lotta per la crescita costi quel che costi, anche in termini di combustibili fossili utilizzati.
E bisognerà poi tenere conto del fronte dei paesi che di combustibili fossili vivono e che a questi devono il benessere raggiunto nel corso degli ultimi decenni. Tra questi l’Arabia Saudita – che secondo chi era presente al meeting si è opposta veementemente a target da raggiungere in termini di utilizzo di energie rinnovabili e avrebbe piuttosto favorito la promozione di nuove tecniche estrattive e dell’utilizzo di carbon capture and storage per la CO2, invece che intraprendere un cammino di riduzione ed eventuale eliminazione dei combustibili fossili.
Ora la palla passa al COP27
La palla ora passa al COP27, riunione all’interno della quale torneranno con forza tematiche che hanno incontrato, in seno alle Nazioni Unite, l’accordo di più di 80 Paesi.
Questo a patto che l’opposizione del fronte di alcuni dei paesi emergenti e dei paesi estrattori di petrolio e gas naturale si sfaldi. Cosa che, almeno secondo quanto è emerso durante il G20, non sembrerebbe essere possibile. Un G20 poco entusiasmante per chi si aspettava decisioni più dure anche sulla questione Russia.