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Dal G20 poche novità. Dalla Silicon Valley qualche preoccupazione

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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Le notizie più importanti della settimana non arrivano soltanto dai mercati. È stata anche la settimana della kermesse del G20, andata in scena durante la presidenza indiana e durante un momento di attrito decisivo tra i due blocchi, quello occidentale e quello che sembrerebbe poter essere guidato, seppur non con molta convinzione, da Pechino. Un G20 che ha visto i paesi emergenti battere cassa e ottenere passi avanti a Washington dalle parti di World Bank e IMF.

È stata poi anche una settimana di paura, innescata dalle preoccupazioni sulle condizioni di Pechino, di Berlino e, parzialmente, anche della Silicon Valley e per Washington, con Apple che comincia a scricchiolare (complice ancora una volta la Cina) e l’outlook sul treno tech mai ansioso come oggi. Un recap ci aiuterà a capire a che punto siamo e che tipo di notizie dovremo tenere in considerazione in attesa della prossima settimana di scambi.

Una delle possibili letture: i “non allineati” battono cassa

G20: i paesi emergenti vogliono tenere il piede in due scarpe – e ci stanno riuscendo

Lo scacchiere internazionale assomiglia sempre di più ai primi turni di una lunga partita a Risiko. Nelle ultime settimane l’ha spuntata chi racconta di prove tecniche di sedizione per i paesi emergenti, più disposti a ascoltare le sirene di Mosca e quelle di BRICS che quelle di Washington.

Guardando però a quanto venuto fuori dal G20, sembrerebbe plausibile anche un’altra chiave di lettura. In un momento di forte incertezza per la politica internazionale, chi può spostare l’ago della bilancia a favore di un blocco o dell’altro vuole rassicurazioni, e le vuole soprattutto economiche. E cerca di capitalizzare al massimo possibile la propria posizione.

A corroborare questa tesi, l’accordo per qualcosa partito da Washington e Francoforte e che gli emergenti passano, finalmente, all’incasso. Si parla di maggiori dotazioni tanto per la Banca Mondiale quanto per il Fondo Monetario Internazionale, dotazioni che sarebbero mirate anche a far fronte ai problemi – tanti – che stanno colpendo i paesi di cui sopra.

Per quanto si tratti sulla carta di istituzioni internazionali, sarebbe parecchio ingenuo non ritenere le stesse emanazione quasi diretta di Washington. E dunque un’apertura a maggiori fondi e dotazioni come una sorta di accomodamento che arriva per decisioni dirette della potenza del primo blocco.

  • Un colpo al cerchio e uno alla botte

Al G20 – e sarebbe stato poco intelligente aspettarsi il contrario – non sembrerebbe essere venuta fuori una chiara condanna per la Russia in relazione all’invasione dell’Ucraina. Per quanto si tratti di questione politica, è ulteriore conferma del fatto che in molti tra i paesi del gruppo economie emergenti hanno spazio politico e anche spazio per chiederne conto.

G20 presidenza indiana
I risultati del G20 a trazione indiana

Sempre dal G20: per la green economy poco più del compitino

Sul fronte green economy il G20 è altrettanto interessante. È noto che gli entusiasmi dei paesi emergenti per la svolta green siano, per utilizzare un eufemismo, contenuti. Ed è altrettanto noto che difficilmente ci si sarebbe potuti aspettare al G20 un atteggiamento diverso.

Arrivano però le proteste delle lobby e delle associazioni che si occupano di ambiente: al G20 non si sarebbe fatto nulla, se non accordarsi per triplicare la capacità totale derivante dalle rinnovabili del 300% entro il 2030, replicando quanto si era già deciso al g7 di qualche settimana fa.

Per chi invece si aspettava delle dichiarazioni, almeno di intenti, sul phase out dei combustibili fossili ci sarà ancora da aspettare. Le dichiarazioni, per chi mastica il politichese, non vogliono dire nulla o quasi: ci si è infatti messi d’accordo per una riduzione del carbone, in linea però con le circostanze nazionali. E siamo piuttosto sicuri del fatto che, ancora a lungo, prevarranno le… circostanze.

I mercati hanno il mal di testa – e devono curarlo

La sbornia dell’Intelligenza Artificiale sembra essere già una storia del passato – e i mercati dovranno curarsi dal tipico mal di testa del mattino successivo alle grandi ubriacature. Non che non si tratti di un settore interessante sul quale investire, ma arrivano anche le prime voci discordanti.

C3.ai, una delle aziende più rappresentative del settore, conferma che la redditività per il comparto (interno) dell’AI dovrà attendere ancora un po’. Nel frattempo – ricorda Bloomberg – rimane la più shortata delle aziende tech rispetto ai volumi di trading.

Hype ingiustificato dunque soltanto per l’azienda guidata da Tom Siebel oppure per tutto il comparto? Non c’è ancora una risposta – o forse i mercati non hanno ancora le orecchie giuste per ascoltarla. E qualcuno inizia anche a preoccuparsi della possibilità che le cose, in generale, vadano peggio di quanto preventivato, con i mercati che non hanno prezzato l’eventualità di un soft landing che potrebbe non esserci.

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