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DXY giù dopo parole di Jerome Powell. Cosa aspettarsi da USD

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DXY, l’indice che rappresenta il dollaro nei confronti di diverse valute di spessore sulle piazze internazionali, ha perso più dell’1% successivamente alla conferenza stampa di Jerome Powell, capo di Fed che è intervenuto a margine della decisione del FOMC sui tassi di interesse negli Stati Uniti. Un Jerome Powell che è apparso come più che dovish, almeno rispetto alle precedenti uscite, le cui parole sono diventate già carburante per movimenti importanti sui mercati. Per chi investe nel mercato del Forex, rimane necessario però capire dove sia diretto il dollaro USA in relazione a quanto di più importante c’è per valutarlo, ovvero le prossime decisioni di Federal Reserve.

I più cauti ci ricorderanno che le previsioni contenute nel dot plot, il grafico che riassume le proiezioni di tutti i partecipanti al FOMC, è poco più che un grafico di intenzioni che può cambiare rapidamente da riunione a riunione. Cosa che condividiamo e che però i mercati dovrebbero avere ormai abitudine a prezzare.

Le parole di Powell “puniscono” il dollaro

DXY giù dopo le parole di Jerome Powell: il ciclo è finito

Per quanto abbia provato in modo assai timido a ricordare che le decisioni saranno prese meeting per meeting, i mercati hanno interpretato le ultime parole di Jerome Powell in senso estremamente dovish. Siamo alla fine del ciclo, quasi al 100% alla fine dei rialzi e addirittura il consenso dei membri del FOMC converge verso tagli per 75 punti base entro fine 2024. Sarebbero tre tagli da 25 bps, cosa che però non dice nulla sul quando si comincerà. L’altro fatto interessante è che per ora non ci sono pressioni a effettuare tagli, in quanto la situazione economica, per quanto in rallentamento, è ancora buona. Non ci sono preoccupazioni in tal senso e i prossimi tagli potrebbero essere graduali per tornare verso quello che Powell ha indicato un tasso naturale.

Tasso naturale che però, per stessa ammissione di Powell è molto difficile da individuare, questione che è una motivazione in più per spingere Fed a procedere, in assenza di spinte esterne, in modo cauto anche con i tagli.

Sul tavolo c’è poi anche qualcosa di più importante: nel 2024 si vota negli Stati Uniti e sarà difficile pensare di potersi presentare alle urne con una crisi economica che Fed finirebbe per favorire per il pallino di riportare l’inflazione al 2% nel modo più rapido possibile.

Tutte questioni che i mercati però hanno già prezzato, per quanto potrebbero avere ovviamente torto, in particolare sull’orizzonte di medio e lungo periodo.

Greenback in sofferenza

Cosa pensare del dollaro ora?

C’è stata una contrazione importante di DXY, che segnala in modo inequivocabile come i mercati abbiano interpretato in realtà le parole di Jerome Powell e il dot plot fornito dal FOMC. Fed taglierà, probabilmente lo farà prima degli altri (davvero?) e ci sarà dunque spazio per una riduzione del valore del dollaro sulle piazze internazionali.

La verità di cui nessuno vuole parlare però è che le situazioni delle altre banche centrali sono assai diverse: Bank of England potrebbe trovarsi a far fronte a una recessione importante, così come lo stesso potrebbe avvenire per BCE. Spostandosi a oriente, la Cina sta già facendo fronte ad un rallentamento importante dell’attività economica e il Giappone si trova a dover risolvere più problemi in un colpo solo.

In una situazione del genere, almeno per chi vi scrive sembra difficile che sarà Fed ad abbandonarsi a comportamenti maggiormente lassisti, anche se ci sono le elezioni che bussano alle porte.

Powell ha ripetuto che a Fed non possono interessare le questioni elettorali. Sono però in pochi, almeno per il momento, a crederci. Serviranno altri dati per capire quale sarà il percorso di USD nei prossimi mesi.

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