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Shekel Israeliano: già al termine la corsa ribassista?

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La guerra colpisce anche le valute di riferimento dei paesi coinvolti. Lo shekel israeliano ha toccato minimi che non si vedevano da 8 anni, anche se all’interno di un trend negativo pressoché intanto dal top toccato a inizio 2022. Tutto da manuale: la guerra – e le possibili manovre finanziarie per sostenerla – difficilmente piacciono ai mercati, per quanto però la situazione dello shekel israeliano potrebbe essere diversa da quella di valute di paesi meno solidi finanziariamente, e che si sono trovati a combattere guerre lunghe e costose.

Secondo la maggior parte degli analisti la corsa al ribasso di ILS potrebbe essere ormai alla fine, per tutta una serie di fattori. Questo a partire dalla buona quantità di riserve di valuta estera della Banca Centrale israeliana, che potranno essere utilizzate, alla bisogna, per contenere eventuali e ulteriori pressioni ribassiste.

I venti di guerra colpiscono lo shekel

Situazione complessa per Tel Aviv: cosa può succedere allo shekel?

Che lo si chiami siclo o shekel è a ILS – così è conosciuto sulle piazze del Forex – che ci si riferisce. La divisa nazionale di Israele ha toccato i minimi degli ultimi 8 anni in seguito all’attacco di Hamas e alle preoccupazioni su un possibile allargamento del conflitto. Tutto secondo manuale, tant’è che a difesa del valore di ILS ci sono state, a poche ore dall’attacco, già operazioni da parte della banca centrale di Israele a tutela del valore dello shekel. Manovre che per ora non hanno permesso di arrestare il trend negativo – riconducibile almeno in parte anche a forti pressioni speculative – che però secondo gli analisti di Goldman Sachs potrebbe avere meno forza di quanto preventivato.

Dall’inizio della guerra lo scorso sabato lo shekel ha perso circa il 3%, numeri importanti per il forex ma che dovrebbero essere presi con un proverbiale grano di sale. La situazione di Israele è infatti diversa da quella degli altri paesi che si sono trovati coinvolti recentemente in operazioni belliche, anche di ampio respiro. In primo luogo lo stato delle riserve in valuta estera è più che solido. In secondo luogo anche nelle precedenti schermaglie che sono sfociate in operazioni belliche complete Israele ha potuto giovarsi di importanti aiuti e capitali che provengono dall’estero e che almeno in passato hanno contribuito a mantenere anche il livello dello shekel sopra supporti ritenuti fondamentali.

Shekel sotto pressione

La banca centrale è già attiva

Data la bassa volatilità intorno a 3,95 nei confronti del dollaro, per quanto si tratti di illazioni da confermare – è per molti (noi compresi) chiaro che la banca centrale sia già attiva sul mercato, vendendo dollari in cambio di ILS e cercando così di tutelare il valore della divisa nazionale. Questo al netto poi delle considerazioni sulla solidità dell’economia israeliana, che dovrebbe – una volta passata la tempesta – permettere alla divisa nazionale di evitare ulteriori svalutazioni.

Dato che il sentiment procede a cascata dalle analisi delle principali banche d’affari verso i giornali, per il momento quanto c’è da tenere in considerazione è che l’ora fatale per lo shekel israeliano potrebbe essere ormai alle spalle e che presto si potrà tornare a un regime di relativa normalità. E nel caso in cui non ci si dovesse tornare a stretto giro di posta, l’importante cuscinetto di dollari nei forzieri della banca centrale israeliana dovrebbe essere più che sufficiente per aiutare il sistema a rimanere in piedi.

Intanto da Israele sottolineano che le vendite, massicce in realtà, di ILS a mercato siano avvenute sulle piazze estere: ipotesi che non si fatica a prendere per buona, data l’esiguità dei volumi forex sulle piazze israeliane. Per il resto, conterà anche l’evoluzione del conflitto, sul quale in pochi sembrano pronti a scommettere.

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