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USD ancora debole. Euro recupera su entusiasmo per i dati tedeschi

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Continua durante la sessione europea la debolezza per il dollaro USA, che si trova sui minimi da 6 settimane a questa parte e che continua a pagare la disposizione certamente meno hawkish di Federal Reserve da almeno una settimana a questa parte. La valuta che ha battuto praticamente tutti i concorrenti nel corso del 2023 potrebbe chiudere, secondo gli analisti, l’anno in modo certamente meno spumeggiante, per quanto dalle altre parti, principalmente a Francoforte e Tokyo, non sembra si respiri la stessa aria che a Washington in termini di possibile soft landing per l’economia.

A frenare il dollaro sono però anche i dati che arrivano dal settore industriale in Germania, con gli ordini che sono tornati in territorio positivo in modo del tutto inaspettato, per quanto si tratti di dati isolati dal chiaro trend ribassista per tutta l’economia tedesca e di conseguenza anche per l’economia dell’area euro. Il tutto in una settimana che – fatta eccezione per qualche intervento da parte dei protagonisti di Federal Reserve, non dovrebbe riservare scossoni per le piazze del Forex.

USD in ritirata contro EUR

Dollaro a 1,07 contro l’Euro: continua la debolezza di USD

Continua una certa debolezza del dollaro USA almeno nei confronti dell’Euro. La valuta di Washington ha lasciato sul terreno circa lo 0,14%, tornando abbondantemente sopra quota 1,07 nei confronti della valuta dell’eurozona. A pesare sono gli atteggiamenti dovish che pur non affermati apertamente da Jerome Powell, sono quanto i mercati hanno recepito dalla sua più recente apparizione pubblica. A poco sono valsi successivamente gli inviti alla calma di altri membri di Fed, che hanno ricordato, come nel caso di Kashkari, che potrebbero comunque esserci ulteriori rialzi dei tassi se l’inflazione dovesse rendere necessario questo tipo di interventi.

I mercati, come detto poco sopra, se ne infischiano: prezzano circa all’85% la fine del ciclo di tassi rialzisti, e all’80% tagli ai tassi già da metà 2024. Si tratta di previsioni che, guardando i dati, appaiono forse eccessivamente ottimistiche e che ad avviso di chi vi scrive non fanno pienamente i conti con la situazione a Francoforte.

Se è vero che sono arrivati dati incoraggianti sulla produzione industriale tedesca, è altrettanto vero che il rialzo è modesto, per quanto in controtendenza rispetto alle aspettative, e certamente non è segnale di una ripresa dell’intera economia di Berlino. Questo senza tenere conto del fatto che difficilmente l’Unione riuscirà a invertire il trend recessivo pienamente in atto, in particolare se dovessero essere confermate le difficoltà dell’economia tedesca, che dell’area euro continua a essere locomotiva.

Per quanto l’inflazione, tra le altre cose, sia certamente più alta a Francoforte che a Washington, in molti dubitano che BCE avrà la stessa libertà di Washington nel perseguire politiche monetarie restrittive. I toni, tra i sodali di Christine Lagarde, sono certamente più miti di quelli di Washington.

Occhi puntati sul dollaro

Una contrazione tecnica oppure hanno ragione i cantori dell’inversione del trend?

È da qualche giorno che la narrativa sui principali giornali finanziari del globo insiste su una necessità di ritirata da parte del dollaro USA prima di fine anno. I più cauti parlano di lateralizzazione, i più audaci invece di perdita di terreno da parte della valuta che è ritenuta il porto sicuro per eccellenza.

In una situazione ancora così incerta – per quanto i mercati abbiano spesso la memoria di un pesce rosso – riteniamo ancora difficile parlare di inversione del trend decisa. E questo lo riteniamo anche per le difficoltà che si stanno incontrando a Tokyo e Pechino per la tutela delle proprie divise sulle piazze internazionali. E per quanto i mercati abbiano già prezzato lo stop ai rialzi negli USA, se c’è una banca centrale ancora con le mani parzialmente libere, quella è proprio Federal Reserve.

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