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Auto aziendali, dal 2025 arriva la stretta. Ecco cosa cambia

A partire dal 2025 le auto aziendali dovranno rientrare nel calcolo del reddito dei lavoratori dipendenti. Ecco in quale modo.

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Auto aziendali, dal 2025 dovranno rientrare nel calcolo del reddito

Cambio di passo per le auto aziendali: dal 1° gennaio 2025 vengono introdotte importanti novità sulla loro tassazione. A partire dal nuovo anno, sotto il profilo fiscale, questi veicoli dovranno rientrare nel calcolo del reddito per un valore pari al 50% dell’importo che corrisponde ad una percorrenza convenzionale pari a 15.000 chilometri (le valutazioni devono essere effettuate tenendo conto dei parametri e costi chilometrici contenuti all’interno delle tabelle Aci).

Le nuove percentuali previste per le auto aziendali verranno applicate ai modelli a benzina e diesel. Per le versioni elettriche e ibride plug-in, invece, sono previste delle riduzioni: in questo caso ci si ferma unicamente al 10% e al 20%.

In alcuni casi, invece, sarà possibile continuare ad applicare le vecchie regole: saranno valide per i contratti che sono stati stipulati tra i datori di lavoro e i dipendenti entro il 31 dicembre 2024, anche quando le eventuali auto aziendali non dovessero essere a disposizione prima del 2025.

Auto aziendali, le nuove regole dal 2025

Ad introdurre le nuove aliquote per le auto aziendali è la Legge di Bilancio 2025. Le nuove regole partiranno dal 1° gennaio, nonostante le richieste delle associazioni di categoria, che hanno chiesto di spostare in avanti le nuove regole.

Le nuove regole previste per le auto aziendali possono essere sintetizzate come segue:

  • benzina e diesel: 50%;
  • elettriche ibride plug-in: 20%;
  • completamente elettriche: 10%.

Per i contratti di lavoro che vengono sottoscritti prima del 31 dicembre 2024 si applicano le regole attualmente in vigore, che sono le seguenti:

  • valori di emissione di CO2 da parte del veicolo minori o uguali a 60 g/km: 25%;
  • valori di emissione di CO2 da parte del veicolo maggiori di 60 g/km e minori di 160 g/km: 30%;
  • valori di emissione di CO2 da parte del veicolo maggiori di 160 g/km e minori di 190 g/km: 50%.
  • valori di emissione di CO2 da parte del veicolo maggiori di 190 g/km: 60%.

Pierpaolo Molinengo è laureato in materie letterarie ed è un giornalista pubblicista iscritto all'Albo dal 2002 [Link di verifica iscrizione all'Albo]. Ha iniziato ad occuparsi di Economia fin da subito, concentrandosi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i suoi interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Pierpaolo Molinengo scrive di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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Legge di Bilancio 2025, ecco quali sono le nuove agevolazioni destinate alle famiglie

La Legge di Bilancio 2025 ha rivoluzionato le agevolazioni e le detrazioni riservate alle famiglie. Vediamo cosa cambia.

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Legge di Bilancio 2025, le agevolazioni destinate alle famiglie

Al centro della Legge di Bilancio 2025 c’è la famiglia. Sono state, infatti, introdotte alcune misure di sostegno, tra le quali ricordiamo il bonus nuovi nati. Ma vengono anche potenziati alcuni strumenti pensati per i genitori che lavorano, come i congedi parentali o la decontribuzione destinata alle madri lavoratrici con almeno due figli.

Proviamo a dare uno sguardo alle misure pensate per le famiglie inserite all’interno della Legge di Bilancio 2025.

Legge di Bilancio 2025, le misure pensate per le famiglie

Non si può parlare della Legge di Bilancio 2025 senza accennare anche ai tagli previsti per le detrazioni per i figli a carico. Nel caso in cui abbiano un’età superiore ai 21 anni, continua a rimanere pari a 950 euro (per quelli che hanno un’età inferiore viene erogato l’assegno unico). Dal prossimo anno, però, viene introdotto il vincolo dell’età anagrafica. Anche se sono a carico dei genitori e rientrano a tutti gli effetti nei limiti di reddito previsti per i familiari a carico, per i figli con un’età superiore a 30 anni non è più prevista la detrazione fiscale.

A questa regola c’è un’unica eccezione, che è costituita dai figli con una disabilità accertata: in questo caso la detrazione fiscale viene confermata. Ricordiamo che un familiare risulta essere a carico nel caso in cui abbia un reddito inferiore a 2.840,51 euro, che sale a 4.000 euro per i figli con più di 24 anni.

Arriva una stretta anche per le detrazioni per i familiari a carico differenti dai figli e dai coniugi (l’importo, in questo caso, ammonta a 750 euro): è possibile accedervi solo per gli ascendenti conviventi.

Tra le nuove agevolazioni previste dalla Legge di Bilancio 2025 ricordiamo il bonus nuove nascite, che è pari a 1.000 euro. Il contributo è destinato alle famiglie con un Isee fino a 40.000 euro. Ma non solo: ai genitori che lavorano viene aggiunta una seconda mensilità di congedo parentale pagata all’80%. Il funzionamento della misura, sostanzialmente, è lo stesso che abbiamo visto nel corso degli ultimi anni, quando il legislatore ha permesso ai genitori di usufruire delle prime mensilità di congedo parentale che permettevano di ottenere un indennizzo superiore rispetto all’ordinario del 30%. Le mensilità utilizzabili sono dieci, che diventano undici nel caso in cui il padre ne utilizzi almeno tre.

È prevista, inoltre, una decontribuzione per le madri lavoratrici – sia quelle dipendenti che le autonome – che abbiano un reddito fino a 40.000 euro. Al momento non è stata ancora resa nota l’aliquota, ma dalle prime indicazioni emerge che lo sconto Inps viene applicato alla quota dei contributi che è a carico della lavoratrice. Nel caso in cui i figli siano almeno due, l’agevolazione spetta fino a quando il bimbo più piccolo compie dieci anni.

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Tari 2024, i costi sono più alti nei comuni del Sud Italia rispetto al Nord

I costi della Tari sono più alti nei comuni del Sud Italia rispetto a quelli del Nord. A pesare sono i più alti costi di gestione.

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Tari 2024, i costi sono più alti nei comuni del Sud Italia rispetto al Nord

Nei comuni del Sud Italia la Tari è più alta rispetto a quella che si paga nel Nord Italia. Le differenze che si registrano nelle diverse macroaree sono notevoli: sui costi della raccolta rifiuti pesano le carenze relative agli impianti per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti. Ma anche la dimensione del Comune.

A scattare una fotografia precisa e ben dettagliata di quanto paghino le famiglie italiane di Tari ci ha pensato l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, che ha colto l’occasione per redigere un’analisi completa sulla compliance dei contribuenti e sulle capacità delle amministrazioni comunali di riscuotere le tasse e le imposte. Quella che ne esce è una fotografia completa e dettagliata, importante in un momento in cui c’è una forte pressione verso l’autonomia finanziaria degli enti locali.

Tari, i Comuni sono in difficoltà con la riscossione

Andando ad analizzare la riscossione della Tari in Italia emerge che la capacità di riscuotere dei Comuni diminuisce con l’aumentare della popolazione residente. Nei tre anni compresi tra il 2021 e il 2023 la riscossione si è attesta intorno all’85% degli importi accertati. I valori decrescono da Nord a Sud: attestandosi su un 94% nelle regioni settentrionali, al 86% in Centro Italia e al 77% nel Meridione.

Andando a dare un’occhiata alla riscossione in conto residui è stata registrata una performance peggiore rispetto a quella in conto competenza. Nel corso del 2023 almeno la metà degli Enti locali è riuscito a riscuotere in conto competenza meno del 71% della Tari che è stata accertata contro un 24% dei residui attivi.

L’analisi effettuata dall’Upb ha messo in evidenza che:

  • è presente una forte correlazione negativa tra la riscossione Tari e i livelli del tributo;
  • nel caso in cui la qualità percepita del servizio migliorasse l’adempimento spontaneo aumenterebbe. Sarebbe necessario, però, un miglioramento della gestione della Tari sotto il profilo amministrativo;
  • è stata registrata una minore riscossione in conto competenza nei Comuni più grandi, che potrebbe essere spiegata con dei costi più elevati del tributo e da una serie di variabili connesse ad una maggiore urbanizzazione;
  • risulta essere strettamente connessa alla capacità di recupero dei crediti delle entrate la riscossione in conto residui. Oltre che alla ricchezza dei contribuenti.

Tari, le città nelle quali costa di più

Ma quali sono le città nelle quali la Tari costa di più? A dare una risposta a questa domanda ci ha pensato l’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva, che ha anche analizzato le città nelle quali la tassa sui rifiuti si paga di più.

Mediamente le famiglie italiane per il servizio raccolta rifiuti arrivano a spendere, nel 2024, mediamente 329 euro, ossia il 3,6% in più rispetto al 2023. Tra i costi registrati nei vari capoluoghi di provincia ci può essere una differenza abissale: in alcune città è arrivata a costare 600 euro, in altre è rimasta al di sotto dei 200.

Prendendo come riferimento una famiglia composta da tre persone conviventi ed una casa di proprietà con una superficie di 100 metri quadrati, l’osservatorio è riuscito a mettere in evidenza quali siano i capoluoghi nei quali sono state registrate le variazioni verso l’alto: 84 su 110 di quelli analizzati. In 20, invece, la Tari è costata di meno, mentre in quelli che rimangono non è stata registrata alcuna variazione.

Il capoluogo di provincia nel quale la Tari è più costosa è Catania: 594 euro l’anno. Nessuna sorpresa, in questo caso, perché la città era già la più costosa lo scorso anno e nel 2024 non è stato registrato alcun aumento. Al secondo posto troviamo Pisa con i suoi 512 euro: in questo caso le famiglie spendono 31 euro in più del 2023, quando pagavano 481 euro. Seguono:

  • Genova: 501 euro, nel 2023 erano 492 euro;
  • Napoli: 482 euro, ma i prezzi sono in discesa rispetto ai 491 euro del 2023;
  • Reggio Calabria: 478 euro contro i 443 del 2023.

Seguono:

  • Andria: 471 euro;
  • Brindisi: 466 euro;
  • Cagliari: 465 euro;
  • Trapani: 453 euro;
  • Pistoia: 448 euro.
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Isee 2025, le novità a cui prestare attenzione dal prossimo anno

Scopriamo quali sono le novità dell’Isee 2025 e a cosa devono prestare attenzione le famiglie a partire dal prossimo anno.

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Isee 2025, le novità a cui prestare attenzione dal prossimo anno

Ci avviciniamo alla fine dell’anno ed è tempo di preparare la documentazione per l’Isee 2025. L’Indicatore Situazione Economica Equivalente serve per poter accedere ad alcune prestazioni sociali – come l’assegno unico e quello di inclusione – e diversi bonus. 

Ma vediamo nel dettaglio quali sono le novità più importanti che riguardano l’Isee 2025.

Isee 2025, al via le richieste

A partire dal nuovo anno le famiglie avranno la possibilità di accedere all’Isee precompilato 2025 direttamente sul sito ufficiale dell’Inps. I diretti interessati, in questo modo, avranno la possibilità di aggiornare la certificazione, documento determinante per poter accedere ad una serie di agevolazioni previste dallo Stato.

L’Isee 2025, come quello degli scorsi anni, si calcola sulla base dei dati forniti attraverso la Dichiarazione Sostitutiva Unica del nucleo familiare. Per poter ottenere il nuovo indicatore aggiornato, infatti, è necessario fornire le informazioni sul patrimonio mobiliare e immobiliare, sui redditi e indicare se nella famiglia sono presenti delle situazioni particolari, come, per esempio, la disabilità di uno o più componenti.

Parte della Dsu è autocertificata: le informazioni, in altre parole, vengono fornite direttamente dai cittadini – stiamo pensando, per esempio, a quelle relative a delle persone non autosufficienti all’interno della famiglia -. Altre informazioni, invece, vengono verificate in maniera automatica attraverso le banche dati a cui l’Inps e l’Agenzia delle Entrate possono accedere (stiamo pensando, per esempio, ai dati relativi al patrimonio mobiliare e immobiliare).

La compilazione della Dsu per ottenere l’Isee 2025 può essere effettuata attraverso il canale online messo a disposizione dall’Inps. In alternativa è possibile appoggiarsi ai servizi offerti dal Caf. Da segnalare che l’istituto di previdenza mette a disposizione il modello Isee precompilato 2025 già a partire dai primi giorni del prossimo anno: la pratica è stata semplificata, rendendo l’operazione accessibile ad una più ampia platea di potenziali beneficiari.

Accedendo al portale, chi abbia intenzione di muoversi in completa autonomia, ha la possibilità di consultare tutti i dati che sono stati acquisiti in precedenza e registrati dall’Inps. Nel caso in cui non dovessero rispecchiare la reale situazione della famiglia possono, ad ogni modo, essere tranquillamente modificati. Ma non solo: nel caso in cui non dovessero essere presenti delle informazioni, è possibile aggiungerle.

Anche quando le informazioni dovessero essere già presenti è opportuno verificarle e accertarsi, per ogni membro della famiglia, che sia stato inserito tutto e che, soprattutto, non ci siano degli errori. Una volta terminata la procedura – l’Inps fornisce delle istruzioni man mano che si procede per aiutare chi compila – l’utente ha la possibilità di salvare e confermare il tutto. A questo punto sarà possibile scaricare l’Isee 2025 senza muoversi da casa.

Le novità dell’Isee minorenni

Il prossimo anno, tra l’altro, arriveranno importanti novità per quanto riguarda l’Isee Minorenni, un indicatore molto importante nel caso in cui in famiglia ci siano dei figli piccoli. Questo documento serve nel momento in cui si ha intenzione di chiedere alcune agevolazioni, come i bonus bebè, gli assegni familiari, gli aiuti per la scuola e altri contributi che siano destinati ai minori.

È bene ricordare, però, che l’Isee Minorenni 2025 è obbligatorio unicamente quando i genitori non sono sposati e non vivono insieme. Negli altri casi è sufficiente richiedere l’Isee 2025 ordinario.

A richiedere l’Isee Minorenni deve essere il genitore convivente con il figlio. Ad ogni modo il patrimonio ed il reddito del genitore non convivente potrebbero essere inclusi nel calcolo, sempre che non si rientri in particolari eccezioni.

Per richiedere l’Isee Minorenni è necessario avere sotto mano una serie di documenti, tra i quali ci sono:

  • codici fiscali e documenti di identità;
  • Modelli 730/2024 o Redditi Persone Fisiche 2024;
  • estratti conto bancari e postali;
  • documentazione su investimenti e immobili;
  • certificati di disabilità o non autosufficienza.

La richiesta va fatto compilando l’apposita DSU.

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Modello 730 senza sostituto d’imposta, ecco quando arrivano i rimborsi sul conto corrente

A breve dovrebbero arrivare i rimborsi del Modello 730 senza sostituto d’imposta. Vediamo quali sono le tempistiche.

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Modello 730 senza sostituto d'imposta, ecco quando arrivano i rimborsi sul conto corrente

Alcuni contribuenti sono ancora in attesa di vedersi accreditato il rimborso scaturito dal Modello 730 di quest’anno. Siamo già a dicembre e la preoccupazione inizia a salire. A trovarsi in questa situazione sono i contribuenti che hanno presentato il Modello 730 senza sostituto d’imposta: persone che non percepiscono una pensione e non hanno nemmeno una busta paga.

Inutile negarlo, quello legato al rimborso dei crediti scaturiti dal Modello 730 è, a tutti gli effetti, uno dei momenti più importanti della stagione della dichiarazione dei redditi. Chi percepisce uno stipendio o un assegno previdenziale riesce a ricevere il rimborso in tempi veloci. Diversa, invece, è la situazione di chi non ha un sostituto d’imposta, che si deve confrontare con ben altre tempistiche.

Modello 730, chi aspetta ancora il rimborso

Chi dovesse aver presentato il Modello 730 senza sostituto d’imposta potrebbe ricevere il conguaglio in breve. Si possono trovare in questa situazione i soggetti che, per esempio, sono stati dipendenti e adesso non lo sono più o hanno finito di fruire della Naspi. Ma ci sono anche dei contribuenti che, pur avendo un sostituto d’imposta, hanno optato per ricevere il rimborso direttamente dall’Agenzia delle Entrate.

La scelta del Modello 730 senza sostituto d’imposta doveva essere effettuata direttamente dal contribuente, che avrebbe dovuto scrivere la lettera A nella casella 730 senza sostituto d’imposta e poi doveva aver spuntato – nella sezione dei dati del sostituto d’imposta che effettua il conguaglio – la dicitura: Mod. 730 senza sostituto.

Nel caso in cui i contribuenti avessero optato per questa soluzione, l’Agenzia delle Entrate provvede in maniera autonoma ad effettuare l’eventuale rimborso che deriva dalle operazioni di conguaglio. Scegliere questa opzione, però, significa scontrarsi con delle tempistiche più lunghe, perché l’Agenzia delle Entrate inizia ad effettuare i rimborsi solo quando si sono conclusi i termini per presentare la dichiarazione dei redditi. Nel 2024 questa deadline è stata fissata al 31 ottobre: entro quella data era, infatti, possibile inviare un correttivo del modello 730 attraverso il Modello redditi Persone Fisiche.

Quando arriva il rimborso del Modello 730

A dicembre 2024 l’Agenzia delle Entrate provvede a liquidare il rimborso spettante dal Modello 730. Lo riceveranno quanti sono senza sostituto d’imposta e che hanno diritto a ricevere un credito Irpef inferiore a 4.000 euro. Nel caso in cui l’importo che spetta sia superiore a questa cifra ci sono dei controlli fiscali, che potrebbero determinare ulteriori ritardi.

In altre parole i rimborsi del Modello 730 senza sostituto d’imposta sono già cominciati. Ma non è detto che li abbiano già ricevuti tutti i contribuenti. Qualcuno potrebbe essersi già visto accreditare l’importo sul conto corrente, altri no.

Per accorciare i tempi del rimborso è necessario che il contribuente avesse fornito anche le proprie coordinate bancarie nel momento in cui ha presentato la dichiarazione dei redditi. Nel caso in cui non fosse stato adottato questo piccolo accorgimento, il rimborso potrebbe tardare di qualche mese.

Chi non avesse provveduto a comunicare il proprio Iban in sede di dichiarazione dei redditi, può seguire due strade diverse per chiedere l’accredito diretto:

  • utilizzando l’applicazione messa a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, attraverso la quale è possibile compilare i dati online, accedendo al sito dell’Agenzia delle Entrate e seguendo il percorso: Servizi per – Richiedere – Accredito rimborso e altre somme su c/c;
  • utilizzando un modello che si può scaricare direttamente dal sito dell’AdE. Una volta compilato deve essere presentato via Pec o inviato tramite posta ad uno degli uffici fisici dell’Agenzia delle Entrate;
  • compilando il suddetto modello e presentando di persona agli uffici dell’AdE.

Generalmente l’Agenzia delle Entrate inizia a versare i rimborsi a fine anno per chi ha presentato il Modello 730. I tempi si allungano per chi ha presentato il Modello Redditi Pf, i cui rimborsi iniziano ad arrivare dopo 6 mesi dal termine ultimo di presentazione, quindi non prima di marzo/aprile.

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Shrinkflation a Natale 2024: confezione e prezzo uguali, ma la quantità di prodotto è stata ridotta

L’effetto della shrinkflation si fa sentire anche a Natale 2024: le confezioni e il prezzo sono uguali, ma dentro c’è meno prodotto.

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Confezione e prezzo uguale, ma con meno prodotto all'interno, l'effetto della shrinkflation a Natale 2024

Non c’è solo l’inflazione a colpire le famiglie mentre vanno a fare la spesa. Uno dei problemi con i quali i consumatori si devono scontrare, nel corso degli ultimi anni, è la shrinkflation, una pratica scorretta praticata dall’industria alimentare e non solo, che vede scendere la quantità contenuta all’interno delle confezioni, ma il prezzo rimanere sempre uguale. L’inganno massimo è quello di mettere sullo scaffale una confezione che è uguale a quella da un chilo di pasta, ma che in realtà ne contiene solo 850 grammi (solo per fare un esempio).

Il fenomeno della shrinkflation è anche conosciuto come sgrammatura, perché, a parità di prezzo, vengono diminuiti i grammi. L’argomento è diventato quanto mai di attualità proprio nel periodo delle festività natalizie, nelle quali aumentano gli acquisti di prodotti alimentari e la shrinkflation impatta sul valore degli acquisti effettuati dalle famiglie.

Shrinkflation, di quanto diminuiscono le confezioni

La shrinkflation non è un fenomeno nuovo di quest’anno. È da tempo che che le famiglie, recandosi in un qualsiasi punto vendita per fare la spesa, si ritrovano delle confezioni che costano sempre uguali, ma con meno prodotto al loro interno.

La tattica è molto subdola, perché permette di alzare i costi dei prodotti senza dare troppo nell’occhio. La shrinkflation è un’inflazione nascosta, che però beffa i consumatori, perché spesso chi fa le compere si ricorda il prezzo dei prodotti ma non il loro peso.

Ma quali sono i prodotti più colpiti da questa pratica? Ad essere stati sgrammati sono un po’ tutti i prodotti: la pasta, le patatine, la birra e diversi prodotti per la casa. Nessun settore ne è esente. A tracciare una fotografia di quali sono i prodotti che sono stati maggiormente colpiti dalla shrinkflation è stato l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori e la Fondazione Isscon, che hanno preso in considerazioni le variazioni rilevate nel corso degli ultimi due anni, mettendo a confronto la riduzione di quantità e le variazioni dei prezzi (rispetto al 2022).

Tra i prodotti tipici di Natale a finire sotto la tagliola della shrinkflation c’è il panettone: quello di un noto marchio ha registrato l’aumento più eclatante, che è stato pari al 30,82%, mentre il prodotto è sceso dell’11,76%

A subire le riduzioni più eclatanti non sono solo i prodotti alimentari: un noto marchio di bagnoschiuma ha registrato un calo di quantità pari al 16,67%, mentre il prezzo è salito del 6,71%. Stesso discorso per i detersivi per i piatti più noti e gli ammorbidenti, per i quali è stata ridotta la quantità del 5,56% e del 12,50% rispettivamente, mentre i prezzi sono saliti del 50,31% e del 78,85%.

Questo ci fa capire che i prodotti più colpiti dalla shrinkflation sono proprio i detersivi, soprattutto quando ci sono delle offerte. Spesso vengono messi in vendita dei formati scorta, che ad una prima occhiata sembrerebbero convenienti: acquistando un multipack si ha l’impressione di risparmiare molto più di quanto non accada. Andando a ridurre la quantità dei prodotti che sono inseriti nei pacchi maxi promo, l’offerta, in realtà, è meno vantaggiosa rispetto a quanto si possa credere.

Shrinkflation, da aprile 2025 nuovi obblighi per i produttori

I consumatori, però, hanno ottenuto una prima vittoria per limitare la shrinkflation. A partire dal 1° aprile 2025 i produttori avranno maggiori obblighi informativi in relazione alla riduzione della quantità di prodotti, nel momento in cui decidono di mantenere la stessa confezione.

La battaglia portata avanti dall’Unione Nazionale Consumatori, prevede che i produttori:

  • informino esplicitamente i consumatori nel momento in cui decidono di ridurre la quantità di un prodotto ed utilizzano lo stesso packaging;
  • devono apporre nel campo visivo della confezione una dicitura con la scritta: Questa confezione contiene un prodotto inferiore di X (unità di misura) rispetto alla precedente quantità”;
  • l’informazione deve rimanere visibile per almeno sei mesi dall’immissione in commercio del prodotto modificato.
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