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AmazonFACE: come il Brasile studia il cambiamento climatico

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Written by Chiara Ricciato
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Il Brasile ha annunciato mercoledì 24 maggio di star costruendo una struttura fuori dal comune nel bel mezzo della Foresta Amazzonica: un complesso di torri disposte in sei anelli, pronte a spruzzare nebulizzazioni di diossido di carbonio nella foresta pluviale.

Il progetto, denominato AmazonFACE, si propone di indagare la notevole capacità del polmone della Terra di sequestrare l’anidride carbonica, un elemento essenziale per comprendere il cambiamento climatico globale. La struttura dovrebbe aiutare gli scienziati a capire se la regione ha un punto critico che potrebbe spingerla in uno stato di declino irreversibile, un evento noto anche come “moria della Foresta Amazzonica”. Questa terrificante eventualità trasformerebbe la foresta più ricca di biodiversità del mondo in un paesaggio più arido, simile a una savana.

immagine di presentazione della notizia sul nuovo progetto brasiliano per indagare gli effetti del cambiamento climatico sulla Foresta Amazzonica
Il Brasile investe nella comprensione del punto critico della Foresta Amazzonica a causa del cambiamento climatico

Gli anelli di biosfera sveleranno il futuro della foresta tropicale

FACE è l’acronimo di Free Air CO2 Enrichment, ovvero Arricchimento di CO2 in aria libera. Questa tecnologia è stata sviluppata inizialmente dal Brookhaven National Laboratory (BNL), un laboratorio nazionale statunitense del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti situato vicino a New York City, che opera nel campo della ricerca in ambito di fisica nucleare e delle alte energie, scienza e tecnologia energetica, ambiente e bioscienze, nanoscienza e sicurezza nazionale. Questa ha la capacità di modificare l’ambiente circostante delle piante in crescita, in modo da replicare i futuri livelli di concentrazione di anidride carbonica atmosferica.

La costruzione dei primi due anelli è in corso e si prevede che saranno operativi all’inizio di agosto. Ogni anello sarà composto da 16 torri di alluminio alte quanto un edificio di 12 piani. Il diossido di carbonio sarà fornito da tre aziende, al fine di evitare eventuali carenze.

Il progetto è guidato dall’Istituto Nazionale di Ricerca sull’Amazzonia (Instituto Nacional de Pesquisas da Amazônia, INPA), un istituto pubblico di istruzione e ricerca con sede a Manaus, dove sarà situata la nuova tecnologia. L’istituzione federale ha ricevuto il sostegno finanziario del governo britannico, che ha stanziato 9 milioni di dollari. Si prevede che il progetto debba essere completamente operativo entro la prima metà del 2024.

Luciana Gatti, chimica atmosferica, ha elogiato l’iniziativa, affermando che sarebbe altamente benefico replicare il progetto nei quattro quadranti dell’Amazzonia, in quanto la capacità di assorbimento di carbonio varia significativamente in tutta la regione, che è due volte la dimensione dell’India.

Gatti, che non è direttamente coinvolta in AmazonFACE, è co-autrice di uno studio di riferimento pubblicato sulla rivista Nature, una delle più antiche e importanti riviste scientifiche esistenti, nonché quella considerata di maggior prestigio nell’ambito della comunità scientifica internazionale, il quale ha rivelato che l’est dell’Amazzonia ha smesso di funzionare come un serbatoio di carbonio, o assorbitore per la Terra, ed è diventata invece una fonte di carbonio.

Cambiamenti climatici o deforestazione?

David Lapola, uno dei principali scienziati del progetto, ha dichiarato ad Associated Press (AP), un’agenzia di stampa internazionale con sede negli Stati Uniti d’America, che le piante assorbono anidride carbonica insieme all’acqua e alla luce per produrre zuccheri e rilasciare ossigeno. Non si sa, però, cosa succeda nel caso in cui si aumenti la quantità di anidride carbonica. Si hanno evidenze da esperimenti simili nelle foreste temperate, ma non c’è garanzia che il comportamento sarà lo stesso in Amazzonia, ha aggiunto.

Lapola, professore presso la Universidade Estadual de Campinas, un’università pubblica dello stato di San Paolo, in Brasile, sostiene che il punto critico della foresta pluviale amazzonica sia più probabilmente legato al cambiamento climatico piuttosto che al tasso di deforestazione. Pertanto, è fondamentale studiare l’impatto di concentrazioni più elevate di anidride carbonica nella foresta per capire cosa ci attende, ha affermato.

La prospettiva di Lapola è in contrapposizione con il noto studio di Carlos Afonso Nobre, uno scienziato e meteorologo brasiliano che ha guidato l’esperimento multidisciplinare e multinazionale su “biosfera ed atmosfera su larga scala in Amazzonia”, una ricerca nota per aver rivoluzionato la comprensione della foresta pluviale amazzonica e del suo ruolo nel sistema terrestre. Secondo Nobre, infatti, se la deforestazione raggiunge una soglia critica del 20%-25% in Amazzonia, l’equilibrio del sistema di piogge della regione sarà interrotto, portando alla trasformazione della lussureggiante foresta pluviale in una savana.

immagine di mano che spruzza CO2 da una bomboletta spray su un globo terrestre
Il punto critico della foresta pluviale amazzonica è più probabilmente legato al cambiamento climatico piuttosto che al tasso di deforestazione

D’altro canto, Lapola sostiene che anche se si fermasse la deforestazione nel bacino amazzonico oggi, la foresta sarebbe comunque a rischio di subire le conseguenze di un punto critico dovuto al cambiamento climatico. Mentre fermare la deforestazione rimane la principale responsabilità del Brasile, combattere il cambiamento climatico causato da fattori atmosferici non è qualcosa che il Brasile o gli altri Paesi amazzonici possono affrontare da soli, ha aggiunto.

Recentemente la banca britannica Barclays ha deciso di intensificare l’impegno nella lotta alla deforestazione amazzonica, annunciando una nuova politica che richiede ai clienti del settore della carne bovina di prevenire la deforestazione nelle loro catene di approvvigionamento sudamericane.

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