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BoJ, governatore annuncia una politica monetaria creativa

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Kazuo Ueda, prossimo governatore della Bank of Japan, ha affermato venerdì che la banca centrale dovrà mostrarsi creativa con la sua politica monetaria e dovrà perseguire la normalizzazione dei tassi di interesse per poter sostenere l’obiettivo dell’inflazione al 2%.

Ueda, 71 anni, succederà ufficialmente a Haruhiko Kuroda l’8 aprile, con la fine del secondo mandato quinquennale di quest’ultimo. Economista di spicco a livello internazionale, definito da molti pacato e pragmatico, ha dichiarato però che non ha fretta di effettuare cambiamenti nella politica monetaria estremamente accomodante del Giappone e che le future decisioni dipenderanno dalle prospettive di inflazione.

L’accademico puntualizza di essere consapevole del fatto che sarà necessario del tempo affinché la crescita dei prezzi nel Paese venga mantenuta al target della Bank of Japan: ha infatti avvertito che un inasprimento della politica monetaria sotto le attuali condizioni potrebbe avere come conseguenza un rallentamento dell’economia.

foto del Giappone, immagine stilizzata di una banca
Il nuovo governatore della BoJ afferma la necessità di un cambiamento nella politica monetaria del Paese

Il peso delle parole di Ueda

L’economista ha deciso di parlare venerdì dopo che il governo aveva presentato i dati relativi all’inflazione: il tasso di inflazione di base, che non considera la volatilità dei prezzi degli alimenti, ha subito un aumento del 4.2% a gennaio sulla scia dell’aumento dei costi delle importazioni di materie prime. Il tasso di inflazione di base è stato al di sopra del target della Bank of Japan per nove mesi di fila, ma il governatore è fiducioso sul fatto che quello di gennaio abbia rappresentato il picco più elevato.

A dicembre la banca aveva sorpreso gli investitori annunciando che avrebbe permesso una fluttuazione dei rendimenti dei titoli di Stato pari a 0.5 punti percentuale rispetto al target previsto di zero, allargando i precedenti 0.25 punti percentuale. Le affermazioni di Ueda hanno determinato piccoli movimenti nel mercato delle valute: il Topix (Tokyo Stock Price Index) è aumentato dello 0.7%, mentre i rendimenti dei titoli di Stato si sono leggermente abbassati.

Gli investitori stavano attendendo con estrema attenzione le parole del prossimo governatore della Bank of Japan, nominato dal Primo Ministro Fumio Kishida come successore di Haruhiko Kuroda: il fatto che sia stato scelto un accademico rappresenta una novità per il Giappone poiché il ruolo generalmente viene assegnato a ufficiali della banca centrale o ministri finanziari.

Il suo discorso ha confermato le previsioni di un approccio pragmatico, basato su decisioni prese in considerazione delle condizioni di mercato piuttosto che trainate da ideologie. Ha chiarito che, se il trend dei prezzi non dovesse migliorare, la banca centrale continuerà con le sue misure di allentamento cercando di ridurre gli effetti collaterali.

Tuttavia, l’approccio di Ueda è stato criticato da alcuni economisti, che hanno affermato che potrebbe portare a rischi finanziari e che potrebbe essere difficile implementare politiche monetarie creative senza l’approvazione del governo.

Il quantitative easing in Giappone

Il quantitative easing (QE) è una politica monetaria non convenzionale utilizzata dalle banche centrali durante periodi di bassa crescita economica o di recessione per stimolare l’economia: consiste nell’acquisto di grandi quantità di titoli di Stato o altri asset finanziari da parte della banca centrale, al fine di aumentare la liquidità del sistema finanziario e ridurre i tassi di interesse.

foto della banca centrale del Giappone
In molti sono fiduciosi che Ueda riuscirà ad allontanare il Giappone dalla politica del quantitative easing

In particolare, la banca centrale acquista titoli di Stato oppure altri asset finanziari dai mercati aperti; in questo modo, aumenta l’offerta di denaro in circolazione e si riducono i tassi di interesse. Ciò rende più attraente per le banche e altri investitori possedere attività finanziarie rispetto a detenere liquidità, aumentando la domanda di investimenti e stimolando l’attività economica.

Il quantitative easing è stato utilizzato ampiamente dalle banche centrali di molti paesi durante la crisi finanziaria globale del 2008-2009, ma in seguito anche in altri momenti di difficoltà economiche. Tuttavia, è stato criticato da alcuni per i potenziali rischi di inflazione e per l’effetto sulla distribuzione della ricchezza.

Molti economisti si aspettano che Ueda porti il Giappone ad abbandonare la politica del quantitative easing che persiste ormai nel Paese da quasi due decenni e che ha gonfiato il bilancio della sua banca centrale con ingenti acquisti di ETF (Exchange Traded Funds, fondi di investimento quotati sul mercato) e titoli governativi per mantenere bassi i rendimenti. La banca del Giappone è inoltre l’unica banca centrale ad avere ancora tassi di interesse negativi, attualmente pari a -0.1%.

Laureata in Scienze dell'Economia con parziale programma di studi presso Université Paris-Est Créteil a Parigi, specializzazione in Business Administration. Analista con focus su geopolitica e macroeconomia.

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Veicoli elettrici, a settembre le vendite sono cresciute del 30,5%. Traina la Cina, bene l’Europa

Le vendite di veicoli elettrici, a settembre, sono cresciute del 30,5%, trainate dall’eccellente performance della Cina.

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Veicoli elettrici, a settembre le vendite sono cresciute del 30,5%. Traina la Cina, bene l'Europa

A settembre le vendite di veicoli elettrici e ibridi plug a livello globale sono cresciute del 30,5% annuo. Un contributo determinante alla crescita è stato garantito dalla Cina, che è riuscita a superare i numeri record registrati ad agosto. Anche l’Europa ha ripreso a crescere. Queste sono, sostanzialmente, le analisi messe a disposizione dalla società di ricerche del mercato Rho Motion.

Il mercato dei veicoli elettrici statunitensi, ad ogni modo, si è mosso lentamente, ma ha, comunque, guadagnato terreno: un successo ritenuto importante dagli analisti anche in vista delle elezioni del 5 novembre, che rendono difficile, secondo il responsabile dei dati Charles Lester, prevedere quali possano essere le prospettive del futuro

Veicoli elettrici, perché i dati sono importanti

Ma perché scattare una fotografia dell’andamento del mercato dei veicoli elettrici è importante? Le case automobilistiche cinesi stanno cercando di aumentare le vendite nell’Unione europea, nonostante la spada di Damocle dei dazi sulle importazioni – che possono arrivare al 45% – e ad un vero e proprio raffreddamento della domanda globale di questo tipo di auto. In questi giorni, tra l’altro, le principali case automobilistiche cinesi stanno cercando di affrontare il salone di Parigi.

Ad ogni modo a settembre, secondo i dati di Rho Motion, le vendite di veicoli elettrici – sia quelli completamente elettrici (BEV) che quelli ibridi plug-in (PHEV) – sono riuscite a raggiungere quota 1,69 milioni. La parte del leone, in questo contesto, è stata fatta dalla Cina, dove le vendite sono cresciute del 47,9%, raggiungendo quota 1,12 milioni di veicoli venduti. In Canada e negli Stati Uniti, invece, le vendite si sono aumentate del 4,3%, attestandosi a 0,15 milioni di veicoli.

Aumentano, invece, del 4,2% le vendite di veicoli elettrici in Europa, dove raggiungono 0,3 milioni di unità immesse sul mercato: il Regno Unito ha registrato un balzo del 24%; alcuni guadagni arrivano anche da Italia, Germania e Danimarca.

I veicoli elettrici e quelli ibridi, nel mercato cinese, hanno un tasso di penetrazione che sta crescendo più rapidamente rispetto a quanto gli analisti si aspettassero. Secondo Lester le vendite potrebbero arrivare a dei livelli record ogni mese fino alla fine dell’anno.

Ad essere positiva, inoltre, è la crescita annua registrata dalla Germania: gli obiettivi intermedi di riduzione delle emissioni di carbonio stabiliti dall’Unione europea saranno, ad ogni modo, un buon banco di prova per il mercato dell’Unione.

William Roberts, responsabile della ricerca automobilistica di Rho Motion, ritiene che le vendite di veicoli elettrici in Europa raggiungeranno i 3,78 milioni di veicoli nel 2025 e i 9,78 milioni nel 2030, rispettivamente il 24% e il 19% in meno rispetto alle stime precedenti.

Veicoli elettrici, le tensioni al salone dell’auto di Parigi

Per quanto riguarda i veicoli elettrici, al salone dell’auto di Parigi è stata registrata molta tensione: a tenere banco è la decisione dell’Unione europea che vuole imporre degli ingenti dazi all’importazione, in un momento in cui il settore è contraddistinto da una domanda debole.

L’evento di quest’anno, il più grande salone automobilistico d’Europa, arriva in un momento cruciale. Le case automobilistiche europee in difficoltà devono dimostrare di essere ancora in gioco, mentre i rivali cinesi puntano a mettere piede in un mercato competitivo.

Tuttavia, c’erano alcuni punti in comune: i dirigenti di entrambe le regioni mettevano in guardia dai pericoli dei dazi dell’Europa.

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Premio Nobel per l’economia 2024: lo vincono Simon Johnson, James Robinson e Daron Acemoglu

Simon Johnson, James Robinson e Daron Acemoglu vincono il premio Nobel per l’economia 2024. Vediamo il perché.

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Premio Nobel per l'economia 2024: lo vincono Simon Johnson, James Robinson e Daron Acemoglu

Assegnato il premio Nobel per l’economia 2024 a tre accademici statunitensi. A riceverlo sono stati Simon Johnson, James Robinson -entrambi anglo-americani – e Daron Acemoglu, turco-americano, i quali hanno portato a termine una ricerca che ha esplorato le conseguenze della colonizzazione e l’impatto che questa ha avuto sulle disuguaglianze globali che persistono ancora oggi, soprattutto nei paesi in cui imperversa la corruzione e la dittatura.

Simon Johnson, James Robinson e Daron Acemoglu hanno vinto il premio Nobel per il loro lavoro su come si formano le istituzioni e come queste influenzano la prosperità. Jakob Svensson, presidente del comitato per il premio in scienze economiche, ha spiegato che ridurre le grandi differenze di reddito tra i Paesi è una delle sfide più grandi del nostro tempo.

Ma entriamo un po’ più nel dettaglio.

Premio Nobel a Simon Johnson, James Robinson e Daron Acemoglu

Il premio Nobel per l’economia è arrivato il giorno successivo alla diffusione di un rapporto stilato dalla Banca Mondiale nel quale era stato messo in evidenza che i 26 paesi più poveri del mondo – nei quali vive il 40% della popolazione più povera – sono fortemente indebitati. Il rapporto ha messo in evidenza, inoltre, come ci sia stata un’importante inversione di tendenza nella lotta contro la povertà.

Il premio Nobel per l’economia – o più correttamente il premio Sveriges Riksbank in Scienze Economiche in Memoria di Alfred Nobel – è l’ultimo ad essere assegnato nel 2024: corrisponde a 11 milioni di corone svedesi, pari a 1,1 milioni di dollari.

Daron Acemoglu ha spiegato che i dati raccolti dai gruppi pro-democrazia mostrano che le istituzioni pubbliche e lo stato di diritto in molte parti del mondo sono attualmente indeboliti. Secondo Acemoglu, la crescita autoritaria è spesso più instabile e in genere non porta a innovazioni molto rapide e originali.

Simon Johnson ha dichiarato che le istituzioni degli Stati Uniti sono state sotto pressione quando Donald Trump si rifiutò di riconoscere la sconfitta alle elezioni del 2020. Johnson ritiene che questa sia la preoccupazione più grande che vede nel mondo industrializzato ed ha aggiunto che le elezioni presidenziali del 5 novembre sono state un serio stress test per la democrazia statunitense.

Acemoglu e Johnson lavorano al Massachusetts Institute of Technology, mentre Robinson è all’Università di Chicago.

Il rovesciamento di fortuna

La ricerca che ha portato alla vittoria del premio Nobel per l’economia ha dimostrato come la colonizzazione europea abbia avuto impatti drammatici ma divergenti in tutto il mondo, a seconda che il colonizzatore si concentrasse sull’estrazione di risorse o sulla creazione di istituzioni a lungo termine a beneficio dei migranti europei.

Questo ha determinato un rovesciamento di fortuna in cui le ex colonie un tempo ricche diventarono povere, mentre alcuni paesi più poveri (in cui spesso vennero create delle istituzioni) alla fine riuscirono a ottenere una certa prosperità generalizzata proprio grazie alla loro creazione.

Altra importante scoperta riguarda quanto fosse pericoloso colonizzare un’area: maggiore era la mortalità tra i coloni, minore è l’attuale produzione pro capite, un indicatore di prosperità.

Il premio Nobel per l’economia non è uno dei premi originali creati nel testamento dell’inventore della dinamite e imprenditore Alfred Nobel e assegnati per la prima volta nel 1901, bensì un’aggiunta successiva istituita e finanziata dalla banca centrale svedese nel 1968.

Tra i vincitori delle passate edizioni figurano pensatori influenti come Milton Friedman, John Nash (interpretato dall’attore Russell Crowe nel film del 2001 A Beautiful Mind) e, più di recente, l’ex presidente della Federal Reserve statunitense Ben Bernanke.

La ricerca sulla disuguaglianza è stata ampiamente premiata negli ultimi anni. L’anno scorso, Claudia Goldin ha vinto il premio Nobel per il suo lavoro che evidenziava le cause della disuguaglianza salariale e del mercato del lavoro tra uomini e donne.

Nel 2019, gli economisti Abhijit Banerjee, Esther Duflo e Michael Kremer hanno vinto il premio per il loro lavoro nella lotta alla povertà.

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Gran Bretagna, gli investimenti esteri diretti scendono al 2,7%. La mossa per attrarne di nuovi

Dal 2016 in poi gli investimenti esteri in Gran Bretagna sono letteralmente crollati. Adesso si cerca di attrarne di nuovi, cambiando la normativa di riferimento.

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Gran Bretagna, gli investimenti esteri diretti scendono al 2,7%. La mossa per attrarne di nuovi

L’obiettivo è quello di eliminare la normativa che impedisce la crescita degli investimenti in Gran Bretagna. È quanto ha affermato Keir Starmer, primo ministro inglese, nel corso di una conferenza ideata per attrarre le più importanti aziende sul suolo inglese.

A luglio Keir Starmer è salito al potere e, fin da subito, ha iniziato a lavorare per mettere la parola fine ad una serie di anni di instabilità politica. Ma soprattutto ha tentato di riconquistare la fiducia degli investitori privati per rivitalizzare le infrastrutture obsolete e degradate del paese. Ora come ora sta cercando di attirare degli investimenti nei servizi pubblici della Gran Bretagna.

Gran Bretagna, la politica per attirare gli investitori

In Gran Bretagna il governo sta tentando di attrarre degli investitori. Ma molti di questi, ad ogni modo, rimangono cauti, preoccupati del tempo che ci vuole per costruire qualsiasi cosa.

Il paese, purtroppo, risulta essere vincolato da una serie di norme fiscali che limitano la sua capacità di contrarre nuovi prestiti. Grazie a questo summit la Gran Bretagna spera di riuscire ad attrarre decine di miliardi di sterline di investimenti e dimostrare di poter tornare ad essere una destinazione privilegiata per il capitale privato.

L’impegno di Keir Starmer in questo senso è forte: ha intenzione di eliminare la burocrazia che blocca gli investimenti. Tenta di accelerare la costruzione di abitazioni, data center, magazzini e connettori alla rete elettrica. E ha fatto una promessa: si impegna di chiedere alla Competition and Markets Authority (CMA) di dare priorità alla crescita, agli investimenti e all’innovazione.  Per questo verrà rivisto il ruolo degli altri enti di regolamentazione.

Per Keir Starmer, infatti, è necessario esaminare la regolamentazione che ostacola inutilmente gli investimenti, per far progredire il Paese.

La Gran Bretagna è stata una delle destinazioni più gettonate per gli investimenti internazionali fino a quando il voto del 2016 per lasciare l’Unione Europea non ha scatenato incertezza sulle sue future regole commerciali e ha dato inizio a un lungo periodo di instabilità politica.

Stando ad alcuni calcoli effettuati da Reuters, il valore complessivo degli afflussi di investimenti diretti esteri in percentuale dell’economia britannica ha raggiunto, nel secondo trimestre 2024, il 2,7% ossia il minimo degli ultimi nove anni del nel secondo trimestre del 2024.

Investire in Gran Bretagna

David Ricks, a capo del colosso farmaceutico Eli Lilly, ha affermato che la Gran Bretagna è diventata un mercato relativamente piccolo dopo l’uscita dall’Unione Europea.  Secondo Ricks per renderlo interessante, bisogna che ci sia qualcosa di completamente diverso.

Per dare una spinta al governo, i dirigenti di un gruppo di banche, assicurazioni, società di private equity e società tecnologiche hanno dichiarato, in una lettera al quotidiano Times, che la Gran Bretagna conserva molte delle caratteristiche che la rendono attraente per gli investitori, come le università leader a livello mondiale e un solido settore legale e dei servizi finanziari.

Purtroppo, però, la regolamentazione non è l’unica preoccupazione degli investitori. I mercati stanno abbandonando le scommesse rialziste sulla Gran Bretagna, poiché le speranze di una ripresa della crescita sono offuscate dalle preoccupazioni per l’economia gravata dal debito e dai possibili aumenti delle tasse nel bilancio del 30 ottobre.

Dopo aver annunciato di aver ereditato un buco nero di 22 miliardi di sterline nelle finanze pubbliche, il primo bilancio del partito laburista sarà fondamentale per definire l’umore del partito.

David Stevenson, gestore di fondi presso Amati Global Investors, ha affermato che non esiste una soluzione miracolosa per migliorare il sentiment degli investitori, poiché incentivi fiscali e miglioramenti alle agevolazioni fiscali sono difficili da attuare ora, data la situazione fiscale.

Jonathan Reynolds, ministro per le Imprese, nella giornata di domenica sembrava suggerire che il governo potesse aumentare i contributi previdenziali nazionali per i datori di lavoro nel bilancio.

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Cina, gli stimoli all’economia generano speranza, non fiducia. Cosa cercano gli investitori

Per il momento le promesse di stimoli all’economia hanno portato unicamente della speranza, non della fiducia. Cosa si aspettano gli investitori.

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Cina, gli stimoli all'economia generano speranza, non fiducia. Cosa cercano gli investitori

In Cina le promesse di stimolo all’economia hanno portato un po’ di speranza, anche se è troppo presto per affermare che si traduca in fiducia. Una dimostrazione in questo senso arriva dall’atteggiamento di un professionista del settore finanziario cinese citato da Reuters, Zhang Jing, che è riuscito a cavalcare così bene il recente rally del mercato azionario tanto da poter prendere in considerazione l’ipotesi di investire nel settore immobiliare. Prima di farlo, però, vuole avere altre certezze da parte del Governo.

La posizione di Zhang Jing è molto chiara: non ha ancora abbastanza fiducia, anche se è convinto che acquistare una casa aumenti le sue possibilità di trovare un coniuge. Per il momento Zhang Jing vuole aspettare e vedere come si sviluppano le cose, nella speranza che il governo introduca delle politiche efficaci per stimolare l’economia.

Cina, misure di stimolo all’economia

In Cina gli acquirenti di case, gli investitori e i consumatori sono sostanzialmente in fermento, in attesa che arrivino le misure di stimolo economico promesse. Nella maggior parte dei casi, però, sono titubanti nel prendere delle decisioni di spesa importanti, che potrebbero dare slancio ad un’economia in rallentamento. Una dinamica che è stata messa pienamente in mostra all’Expo in quella che un tempo era una delle città in più forte espansione della Cina.

Lan Foan, Ministro della Cina, nella giornata di sabato ha ribadito che il governo ha intenzione di aumentare significativamente il debito per rilanciare l’attività economica. Ma non sono stati forniti ulteriori dettagli sull’entità o sulle tempistiche, deludendo le aspettative degli investitori e degli analisti.

Per il momento i dettagli potrebbero mancare per dei semplici motivi procedurali. Per poter emettere del debito extra è necessaria l’approvazione del parlamento, che potrebbe arrivare nel corso delle prossime settimane. Anche se effettuare degli annunci di un incremento incompleti sono in contrasto con l’urgenza richiesta da un’economia che rischia di non riuscire a centrare l’obiettivo del 5% fissato per il 2024. Oltre ad essere sottoposta ad una pesante pressione deflazionistica.

Gli economisti prevedono la necessità di 2-3 trilioni di yuan (da 283 a 424 miliardi di dollari) in stimoli fiscali aggiuntivi. Alcuni investitori hanno affermato che la cifra deve essere ancora più alta per sostenere il rally del mercato.

Secondo Carlos Casanova, economista senior per l’Asia dell’UBP, le dichiarazioni di Lan non sarebbero arrivate in un momento ben preciso. ora come ora, infatti, uno dei principali ostacoli che sta incontrando l’economia della Cina è la prolungata flessione del mercato immobiliare, che nel picco del 2021 ha rappresentato circa un quarto dell’attività economica.

Cina, gli annunci politici arrivati a fine settembre

A fine settembre sono arrivati alcuni annunci politici che hanno dato una prima scossa al mercato immobiliare, contribuendo a riaccendere l’interesse da parte di alcuni acquirenti (principalmente quelli alle prime armi).

La banca centrale ha tagliato i tassi di interesse e ha iniettato 1 trilione di yuan nel settore bancario. Grandi città come Shenzhen, Guangzhou e Shanghai si sono unite al resto del paese nell’eliminare la maggior parte delle restrizioni all’acquisto di case.

Tali misure hanno spinto le azioni cinesi ai massimi degli ultimi due anni, prima di ritirarsi a causa dell’incertezza dovuta alla mancanza di dettagli.

Durante la festività nazionale del 1-8 ottobre, le vendite per superficie sono aumentate del 23% rispetto all’anno scorso.

A Shenzhen, dove i prezzi sono scesi di circa il 40% rispetto al picco massimo, durante il periodo in questione sono stati firmati circa 1.841 contratti preliminari di vendita di nuove case, con un aumento del 664% rispetto all’anno scorso, ha affermato l’autorità per l’edilizia abitativa della città. Nella vicina area di Daya Bay, nuovi cartelloni pubblicitari recitano: I prezzi delle case sono al minimo storico. Ora è il momento di comprare.

Tuttavia, alla fiera immobiliare, alcuni venditori non erano certi che il miglioramento del sentiment potesse essere duraturo.

Chen Gengtao, responsabile delle vendite per la società immobiliare Manjinghua, ha esposto appartamenti in due progetti diversi: uno più centrale, che sta riscontrando un evidente aumento di interesse da parte degli acquirenti, e uno in periferia, che invece non lo sta riscontrando.

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Banca Centrale Europea: 25 punti base ora e 25 a dicembre. Ormai è fatta?

BCE si prepara a tagli da 25 punti base – e altri tagli prima di dicembre. Sarà Francoforte a guidare il fronte pivot

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BCE TAGLI

Sarà di nuovo la Banca Centrale Europea a spingere sull’acceleratore di un allentamento delle politiche monetarie globali. BCE con ogni probabilità taglierà i tassi di altri 25 punti base durante il prossimo incontro, cosa che era stata quasi categoricamente esclusa fino a un paio di settimane fa. Un cambio di rotta che dipende da diversi aspetti – a partire da un rallentamento cinese che pesa tanto sugli export e ad un’inflazione che appare ormai come quasi certamente battuta.

Si tratterebbe, nel caso, del terzo taglio da 25 punti base per la Banca Centrale Europea – un percorso che poi era quello che si sarebbe augurato il capo di Bankitalia Fabio Panetta – che aveva da tempo chiesto a BCE un percorso di tagli lento ma costante, per anticipare eventuali riflessi recessivi che sono sempre sul tavolo dopo una fase relativamente lunga di tassi verso i massimi storici.

Il taglio arriva anche senza dati a supporto?

I falchi contestano una possibile decisione di questo tipo, dato che dall’ultima decisione presa da BCE sono mancati dati chiari a indicare la necessità di intervenire con un altro taglio. È così che si è espresso ad esempio Peter Kazimir, che è a capo della banca centrale slovacca, che mentre in diversi tra i giornalisti chiedevano la possibilità di nuovi tagli, indicava proprio l’assenza di dati appunto a supporto.

Ad oggi però Kazimir rimane l’unico a sostenere una posizione del genere, con tutti gli altri aventi voto che sembrerebbero invece intenzionati a votare a favore dei tagli.

Rimarrà aperta la questione di cosa fare poi a dicembre, per quanto l’orientamento attuale sembrerebbe essere quello di un ulteriore taglio anche entro fine anno.

Una questione complicata, con BCE che dipende da fattori anche extra-europei

In realtà BCE non sarà completamente autonoma nella decisione: la Banca Centrale Europea dovrà tenere conto di altri fattori macro, a partire da condizioni dell’economia cinese che non sembrerebbero essere in trend positivo o in recupero, nonostante un piano di stimoli a rate che sembrerebbe essere… potenzialmente ampio.

Pesa anche la direzione intrapresa da Federal Reserve: per quanto circolino voci della possibilità di non tagliare a novembre, sembra che le necessità siano altre, impellenti e impossibili da superare semplicemente perché l’inflazione non sembrerebbe procedere in modo a sufficienza rapido verso il 2%.

Crollerà così anche il mito della nave monetaria guidata dai venti dei dati: di dati per giustificare un taglio al prossimo giro ce ne sono effettivamente pochi, come ricorda Kazimir. Il tentativo sembrerebbe essere quello di anticipare il ciclo – nella speranza che ci si riesca.

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