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Obbligazioni

Bund, la curva di rendimenti mai così invertita dal 1992

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I mercati stanno iniziando a scontare le previsioni di una recessione nell’Eurozona nel corso del 2023. I segnali arrivano soprattutto dal mercato dei bond, andando a guardare i rendimenti delle obbligazioni. La situazione è diventata ancora più evidente nel corso di venerdì, quando i dati deludenti sull’indice PMI hanno aumentato le speculazioni su una possibile crisi economica europea. Uno dei numeri da tenere sotto controllo per monitorare il rischio percepito dai mercati è il rendimento dei bond, soprattutto guardando alla differenza tra il rendimento delle obbligazioni governative a breve termine e quello delle obbligazioni governative a lungo termine.

Si guarda soprattutto ai Bund tedeschi, che aprono questa settimana in una situazione piuttosto particolare. Da tempo, infatti, la curva dei rendimenti dei Bund si è invertita: si parla di curva invertita quando il rendimento dei bond sul breve termine è più alto di quello a lungo termine. Solitamente questa condizione si manifesta quando i mercati si aspettano che, nel medio e lungo termine, i tassi di interesse siano nettamente più bassi rispetto a quelli attuali.

presentazione della notizia sull'inversione della curva dei rendimenti dei bond tedeschi
Lo spread tra BTP e Bund a 10 anni rimane attualmente intorno ai 160 punti base

Un’inversione mai raggiunta in trent’anni

I rendimenti dei Bund a 2 anni, considerati l’indicatore più attendibile sulle attese di politica monetaria, sono scesi di 11 punti base nella giornata di venerdì scorso. In base ai dati aggiornati, il rendimento è attualmente del 3.16% annuo. Il rendimento dei Bund a 10 anni, nello stesso momento, è del 2.35% annuo ed è calato di 13.5 punti base nel corso della giornata di venerdì. Solitamente si parla di “inversione” della curva dei rendimenti quando il bond decennale offre un rendimento annuo più basso rispetto a quello a due anni.

In base a questi dati, attualmente la curva sarebbe in negativo di 81 punti base. Per ritrovare una situazione del genere bisogna tornare indietro al 1992, anno in cui la Germania si trovò ad affrontare una delle recessioni più complicate della sua storia recente. Bisogna comunque notare che lo spread tra i Bund e i BTP italiani a 10 anni è leggermente calato, scendendo di 14 punti base e collocandosi a 162 punti base. Gli investitori scontano dunque un rischio particolarmente alto per la Germania, che mostra nei dati macroeconomici un calo notevole dell’attività manifatturiera.

grafico andamento rendimenti Bund a 2 anni
Il grafico mostra l’andamento dei rendimenti dei bond tedeschi a due anni

Aumenta il rischio percepito di recessione

Il calo nei rendimenti dei bond governativi è un segnale del fatto che i mercati si attendono dei tassi più bassi da parte della BCE rispetto alle attese precedenti. Questo può succedere perché ci si attende un calo più rapido del previsto dei tasso di inflazione, oppure perché ci si attende un calo del rischio associato ai bond di una certa nazione. Dal momento che la curva dei rendimenti è invertita e ha accentuato questa sua inversione, però, si può evincere che in questo caso la ragione siano attese più basse sui tassi di interesse.

La ragione principale per cui la BCE potrebbe volere rallentare sui tassi nel corso dei prossimi mesi è lo stato di salute dell’economia reale. Per quanto la missione principale della banca centrale rimanga combattere l’inflazione, alzare i tassi ha un impatto notevole sull’attività economica. Una recessione favorirebbe ulteriormente il calo dell’inflazione, ma costringerebbe la Banca Centrale Europea a scegliere se aggravare la situazione alzando i tassi ancora.

Laureato in Economia Aziendale all'Università degli Studi di Torino, digital nomad e investitore esclusivamente in azioni. Gestore e chief-analyst del portafoglio azionario di TradingOnline.com. "Anche se difficile da ricordare a volte, un'azione in realtà non è un biglietto della lotteria...è la proprietà parziale di un'azienda" - Peter Lynch

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Francia incassa downgrade da Fitch. Outlook passa a negativo dopo finanziaria da 60 miliardi

Fitch abbassa l’outlook sul rating francese, che passa a negativo dopo legge di bilancio.

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FITCH RATING FRANCIA

Fitch Ratings ha comunicato venerdì un downgrade del rating del debito pubblico francese. Si passa da neutro a negativo 24 ore dopo la presentazione da parte del governo francese della *legge di bilancio** per il 2025. Un downgrade che profuma anche di giudizio politico sul primo ministro Michel Barnier, in quello che è uno dei momenti politicamente più convulsi della storia della Repubblica Francese, anche sotto il profilo delle decisioni economiche.

La Francia aveva già ricevuto un downgrade più importante lo scorso aprile, passando da AA a AA- secondo Fitch Ratings. Ancora in pieno territorio virtuoso – con Parigi che è comunque in linea con il racing (come ricorda Bloomberg) di Regno Unito e Belgio. Al centro del downgrade dell’agenzia c’è una politica fiscale in espansione rispetto agli annunci e alle proposte degli ultimi mesi. Buchi di bilancio che devono essere colmati per essere congrui con il rating attuale ottenuto dalla Francia.

Un 2025 sul quale riflettere per le finanze francesi

È il risultato, con ogni probabilità, anche della relativa instabilità politica che la Francia ha dovuto affrontare dopo le elezioni che hanno visto emergere la destra più estrema come primo partito per preferenze, partito poi escluso grazie a convergenze delle altre forze politiche nazionali. Una situazione che già in giugno era stata fonte di grosse preoccupazioni in tutta l’area euro e che è risultata evidentemente in cordoni della borsa più aperti di quanto si aspettasse l’importante società di rating.

Per ora a subire un ribasso è soltanto l’outlook, ovvero l’aspettativa sull’evoluzione del debito pubblico francese, che Fitch si aspetta in crescita per il 2025 dopo essersi presa del tempo per analizzare l’ultima legge di bilancio.

Legge di bilancio che include diverse manovre espansive a sostegno di un’economia che (anche se meno di quella tedesca secondo gli analisti) inizia a mostrare scricchiolii e difficoltà dovute alla particolare congiuntura sia dell’economia globale, sia di quella più squisitamente francese.

Aumenta lo spread

Il downgrade di Fitch ha già avuto degli importanti effetti sui rendimenti dei bond francesi, con lo spread rispetto a quelli di riferimento, i bund tedeschi, che venerdì è aumentato. Non è la prima volta che i bond francesi finiscono sotto pressione nel 2024, sempre in seguito a questioni più politiche che economiche, con le prime che però non possono che avere delle ripercussioni anche sulle seconde.

La situazione francese è degna di essere seguita – e il downgrade di Fitch non ha stupito poi molti, tenendo conto dell’importante buco che si è materializzato dopo che la raccolta fiscale non è stata in grado né di coprire la spesa pubblica, né di rispettare quelle che erano le aspettative formulate da governo e analisti.

Non sarà sufficiente secondo Fitch neanche la legge di bilancio da 60 miliardi, che include sia tagli alle spese sia aumenti delle tasse, con un tentativo di portare il deficit ad un massimo del 5%. Per il 2024 ci si attende un deficit del 6,1%, contro proiezioni che erano al 4,4%.

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Unicredit, il matrimonio con Commerzbank ostacolato da 40 miliardi di euro di Titoli di Stato italiani

A mettersi di traverso alla scalata di Unicredit a Commerzbank sono i Titoli di Stato italiani, il cui possibile impatto preoccupa le autorità tedesche.

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Unicredit, il matrimonio con Commerzbank ostacolato da 40 miliardi di euro di Titoli di Stato italiani

In Germania la possibilità che Unicredit possa acquistare Commerzbank non è vista di buon occhio. Tanto che, almeno stando a quanto riporta Reuters, si starebbe addirittura lavorando per ostacolare la possibile scalata. Inutile negarlo, Berlino è rimasta indubbiamente sorpresa dalla decisione di Unicredit di aumentare la propria partecipazione in Commerzbank, nella cui compagine azionaria figura lo Stato, che in passato l’aveva salvata. L’intento dell’istituto bancario italiano è quello di muoversi verso una fusione.

Una potenziale offerta ostile potrebbe arrivare dalle autorità tedesche, il cui obiettivo sarebbe quello di evitare che le sorti di Berlino si leghino troppo a quelle del nostro Paese, che senza dubbio ha un debito nettamente superiore rispetto a quello della Germania. 

Un eventuale matrimonio tra le due banche potrebbe rappresentare, almeno secondo i tedeschi, una potenziale minaccia alla stabilità finanziaria della Germania per un semplice motivo: Unicredit possiede decine di miliardi di euro di Titoli di Stato italiani.

Ma entriamo un po’ nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa stia accadendo.

Unicredit, gli ostacoli tedeschi

In Germania un potenziale matrimonio tra Unicredit e Commerzbank non è visto molto di buon occhio. Tanto che diversi esponenti del governo tedesco sperano in una revisione della normativa da parte dell’autorità di vigilanza nazionale BaFIn. E, soprattutto, stanno facendo pressioni sull’autorità di regolamentazione per opporsi a un eventuale controllo della banca italiana su quella tedesca.

Chi si oppone ad un matrimonio tra i due colossi bancari ritiene che se Unicredit dovesse essere trascinata nella crisi del debito italiano, potrebbe essere Berlino, alla fine, a pagare il conto.

La BaFin, che svolge un ruolo fondamentale nel determinare se UniCredit possa provare ad acquisire il controllo di Commerzbank, ha iniziato ad analizzare la richiesta di UniCredit di consentirle di aumentare la sua quota azionaria dal 9,9% circa a quasi il 30%.

L’organismo di controllo presenterà una proposta alla Banca Centrale Europea, l’autorità di regolamentazione degli istituti di credito, a cui spetta l’ultima parola, sulla base di una serie di criteri, quali la solidità finanziaria dell’acquirente e la reputazione dei gestori.

Mentre Roma sostiene con cautela l’accordo, Berlino spera che le sue preoccupazioni possano ostacolare o quantomeno ritardare l’approvazione del piano di Unicredit da parte della BCE.

La BaFin ha un delicato gioco di equilibri. Mentre è tenuta a gestire la richiesta di Unicredit in modo imparziale, deve anche tenere conto delle preoccupazioni del governo tedesco, poiché l’agenzia riferisce al Ministero delle Finanze.

Stando ad alcune fonti citare sempre da Reuters, ci sarebbe un forte disaccordo nella Bce con l’opposizione della Germania, anche se Berlino continua a rimanere un paese molto influente e può contare su un certo numero di personaggi di peso all’interno dell’istituzione.

Il problema dei Titoli di Stato in pancia ad Unicredit

Nota a tutti la posizione della Bce, che in più occasioni ha ribadito che le grandi banche europee hanno la possibilità di sostenere meglio l’economia. Ma soprattutto possono competere meglio con i concorrenti che arrivano dagli Stati Uniti.

Anche se diversi paesi dell’Unione europea hanno adottato la stessa moneta, l’attività bancaria continua ad essere prevalentemente nazionale.

Per la Bce, la gestione dell’interesse di Unicredit in Commerzbank, bilanciando gli interessi di due dei paesi più grandi del blocco, sarà una delle prove più importanti da quando è diventata il principale organo di controllo della regione un decennio fa.

Claudia Buch, supervisore capo della Bce, ha dichiarato di recente che l’istituzione farebbe qualsiasi cosa per rimuovere gli ostacoli alle fusioni bancarie transfrontaliere, dopo che la presidente Christine Lagarde ha descritto tali accordi come auspicabili.

Al centro delle preoccupazioni della Germania ci sono i 40 miliardi di euro di titoli di Stato italiani detenuti da UniCredit. Questo è visto come un rischio potenziale perché l’Italia è fortemente indebitata. Commerzbank, che è più piccola e finanziariamente più debole di Unicredit, ha anche miliardi di euro di obbligazioni italiane.

Se l’Italia dovesse trovarsi in difficoltà dopo una fusione, le autorità temono che potrebbe essere costretta a intervenire la Germania.

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Warren Buffett punta al Giappone con un’emissione obbligazionaria da 281,8 miliardi di yen

Warren Buffett punta al Giappone grazie ad un’importante emissione obbligazionaria di Berkshire Hathaway. Il Nikkei ne beneficia.

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Warren Buffett punta al Giappone con un'emissione obbligazionaria da 281,8 miliardi di yen

Warren Buffett punta al Giappone, in quella che potrebbe essere una mossa tattica dopo aver ottenuto una ingente liquidità a seguito della cessione della buona parte della sua partecipazione in Bank of America

Berkshire Hathaway ha ha raccolto 281,8 miliardi di yen (1,9 miliardi di dollari) in un’offerta obbligazionaria denominata in yen. L’operazione, sostanzialmente, getta le basi ad aumento dell’esposizione di Warren Buffett alle attività giapponesi.

Stando a quanto ha anticipato Reuters, siamo davanti ad una delle più importanti vendite obbligazionari in valuta giapponese effettuata nel corso degli ultimi cinque anni. Ma soprattutto, questa emissione obbligazionaria in yen o Samurai, costituisce il segnale di un crescente legame che intercorre tra Warren Buffett e i mercati giapponesi, dopo che ha effettuato degli acquisti di azioni nelle principali società di trading giapponesi.

Warren Buffer punta all’obbligazionario giapponese

Berkshire Hathaway ha annunciato per la prima volta che avrebbe acquistato quote di società di trading giapponesi nel 2020 con l’intenzione di continuare a detenerle per un lungo periodo e aumentare la proprietà fino al 9,9%. Da allora, ha aumentato la sua quota nelle prime cinque società di trading giapponesi a circa il 9% ciascuna, secondo il suo rapporto annuale di febbraio.

Ad aprile ha venduto obbligazioni per 263,3 miliardi di yen.

Takehiko Masuzawa, responsabile delle negoziazioni di Phillip Securities Japan, spiega che le vendite di obbligazioni in yen di Berkshire Hathaway quest’anno sono le più importanti effettuate nel corso di un anno, da quando ha iniziato a vendere obbligazioni in yen e questo indica le loro aspettative di rialzo delle azioni giapponesi.

Secondo Masuzawa il mercato sta valutando che tipo operazioni hanno intenzione di effettuare nei prossimi anni. Gli investitori ritengono che le azioni value che pagano dividendi più alti, come banche e assicurazioni, saranno gli obiettivi più probabili.

L’ottimismo di Warren Buffett sul Giappone ha contribuito ad attrarre altri investitori stranieri e a far salire l’indice di riferimento Nikkei a un livello record quest’anno. L’indice è salito del 17,7% nel 2024.

Nell’ultima operazione, Berkshire Hathaway ha emesso obbligazioni con scadenze di 3, 5, 7, 10, 20, 28 e 30 anni. La tranche a 3 anni è stata la più grande, con 155,4 miliardi di yen raccolti. Il bond a 5 anni ha raccolto 58 miliardi di yen.

Secondo i messaggi inviati dai bookrunner dell’operazione, durante la transazione sono state aggiunte obbligazioni a più lunga scadenza e una proposta di tranche di 15 anni è stata eliminata.

Come mostrato dai term sheet, i prezzi finali per ciascuna tranche sono stati fissati nella fascia medio-bassa della guida sui prezzi rivista fornita agli investitori.

Warren Buffet continua a scaricare Bank of America

Berkshire Hathaway continua a scaricare Bank of America. La società guidata da Warren Buffett ha dichiarato di aver venduto 8,55 milioni di azioni della Bank of America all’inizio di ottobre per circa 337,9 milioni di dollari. Ha venduto circa 238,7 milioni di azioni, ovvero circa il 23% delle sue partecipazioni, da metà luglio.

Berkshire detiene ancora circa il 10,2% della seconda banca statunitense per dimensioni. La percentuale potrebbe essere leggermente superiore: Bank of America non ha ancora reso noti i recenti riacquisti di azioni. Deve continuare a comunicare le vendite fino alla vendita che porterà la sua quota al di sotto del 10%.

Successivamente, gli investitori dovranno probabilmente attendere i resoconti finanziari trimestrali della Berkshire Hathaway o le comunicazioni trimestrali sulle azioni in suo possesso per sapere se la società con sede a Omaha ha venduto di più.

La Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti richiede agli azionisti che possiedono più del 10% di una società di comunicare gli acquisti e le vendite di azioni entro due giorni lavorativi.

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Obbligazioni

In Olanda i green bonds arrivano sulla blockchain di Polygon

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La banca olandese ABN AMRO ha scritto una pagina di storia della finanza sostenibile in Europa, tokenizzando un green bond dalla raccolta complessiva di 5 milioni di euro. Anche se si tratta di una cifra contenuta per un’emissione di obbligazioni, rimane un interessante traguardo per rendere più facile e democratico l’accesso al mercato dei bond. ABN AMRO non ha soltanto trasformato queste obbligazioni in token che possono essere scambiati su una blockchain, ma ha fatto due netti passi avanti rispetto a tanti altri progetti simili.

Il primo passo avanti è stato quello di utilizzare una blockchain pubblica, a differenza di quanto stanno facendo JP Morgan e tante altre grandi banche che utilizzano le loro blockchain private alle quali è difficile accedere. L’altro grande risultato è stato quello di dimostrare che una blockchain pubblica, se utilizzata correttamente, può supportare degli smart contracts che rispettano per filo e per segno tutte le regolamentazioni europee sul collocamento di obbligazioni. In un mercato ancora poco regolamentato a livello istituzionale, ABN AMRO -anche grazie all’appoggio del partner Tokeny– è riuscita ad applicare alla sua emissione di bond tokenizzati le stesse caratteristiche previste per legge per i bond tradizionali.

presentazione della notizia sul lancio di un'emissione di bond sulla blockchain di Polygon
Polygon è vista come un’alternativa solida alle piazze tradizionali di collocamento dei bond

L’emissione avvenuta con successo su Polygon

La blockchain selezionata per il lancio delle nuove obbligazioni è stata quella di Polygon, che al pari di Ethereum e di molte altre presenta una serie di funzionalità pensate per trasformare gli strumenti finanziari tradizionali in token che possono essere negoziati su blockchain. Inoltre è considerata una delle blockchain più low cost tra quelle grandi e affermate, permettendo anche di risparmiare sulle fee che gli utenti pagano quando concludono le transazioni. Tokeny e ABN AMRO hanno scelto di utilizzare un token ERC 3643 per l’emissione, che sta diventando lo standard di mercato de facto per questo tipo di operazioni.

Le due società assicurano che, mediante la programmazione dello smart contract, il nuovo green bond su blockchain avrà le stesse caratteristiche di un green bond tradizionale. Gli utenti riceveranno in modo automatico le proprie cedole e verranno rimborsati altrettanto in modo automatico alla scadenza dello strumento; inoltre i nuovi token saranno compatibili con strumenti e programmi tradizionali del mondo della finanza, facilitando le operazioni e permettendo agli investitori di non dover necessariamente saper usare i tool della finanza decentralizzata per comprare o vendere lo strumento. Gli smart contracts saranno anche in grado di escludere in automatico gli investitori non qualificati -così come definiti dalla legge- a prendere parte al collocamento dell’emissione.

foto di un albero che nasce da una moneta
L’obiettivo dei green bonds, a prescindere dalla loro tokenizzazione, è raccogliere capitale per iniziative sostenibili

In cerca di un mercato democratico ed efficiente

Negli ultimi anni si è fatto molto per rendere più democratici i mercati finanziari, a partire da quelli azionari. Oggi è facile per chiunque accedere a un’app con cui poter comprare e vendere azioni di tutto il mondo, con costi minimi e talvolta addirittura nulli. Ma il mercato delle obbligazioni non ha intercettato quasi affatto questa rivoluzione, rimanendo un mercato estremamente complesso a cui accedere. Spesso i costi di intermediazione sono molto alti, l’autonomia dei piccoli investitori al dettaglio è limitata e ci sono tante emissioni di bond che vengono collocate esclusivamente presso i grandi investitori istituzionali.

Utilizzare una blockchain per le transazioni legate alle obbligazioni è una possibilità che si è fatta strada da tempo, con la Borsa di Hong Kong che guida questo trend. In tantissimi casi si tratta però di blockchain private, gestite da grandi banche commerciali, a cui gli investitori al dettaglio non hanno nemmeno accesso. I nodi che fanno parte della rete sono pochi, creando vari dubbi sulla sicurezza, e il sistema è fondamentalmente centralizzato. ABN AMRO, con l’utilizzo di Polygon, ha invece portato questi nuovi green bond verso il grande pubblico. Si tratta di uno step importante, non solo per questa banca, ma per il mercato europeo delle obbligazioni più in generale.

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Obbligazioni

American Tower, $1.5 miliardi di nuovi bond al 5,9% annuo

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American Tower, il colosso statunitense delle infrastrutture per le telecomunicazioni, torna a raccogliere capitali sul mercato delle obbligazioni. Lo fa con un doppio bond in dollari, che dovrebbe vedere la raccolta complessiva arrivare a $1.5 miliardi. L’emissione sul mercato primario dovrebbe avvenire già entro la fine di settembre, con una cordata di banche d’investimento che comprerà il bond nel momento della creazione. Ci sono però opportunità anche per quanto riguarda gli investitori al dettaglio, che potranno acquistare i bond sul mercato secondario. La società ha già prezzato l’emissione e ha comunicato che i proventi saranno utilizzati per ripagare altri debiti. Nello specifico, dovrebbero essere utilizzati per ripagare una parte della linea di credito in conto corrente da 6 miliardi di dollari di American Tower.

presentazione della notizia sulla nuova emissione di bond di American Tower
Fitch ha assegnato alle obbligazioni American Tower un rating BBB+, pienamente considerato “investment grade”

I dettagli della nuova emissione

American Tower ha comunicato di voler lanciare la sua nuova emissione di obbligazioni con due serie di strumenti. I rendimenti e le scadenze saranno diversi, ma il tipo di obbligazioni sarà lo stesso: si tratta di bond senior unsecured che offrono agli investitori un diritto di rimborso preferenziale in caso di insolvenza dell’emittente. I rendimenti sono molto appetibili, sfiorando il 6%:

  • $750 milioni saranno raccolti con il bond in scadenza nel 2028, che offre un rendimento del 5.80% annuo;
  • Altri $750 milioni saranno raccolti con il bond in scadenza nel 2033, con rendimento del 5,90%.

La società ha anche annunciato un piccolo sconto per le banche che hanno deciso di partecipare in cordata alla sottoscrizione sul mercato primario. Potranno comprare le obbligazioni a un prezzo leggermente inferiore rispetto al loro valore nominale, con la società che si attende di raccogliere $1.482 miliardi netti una volta escluso questo sconto. Tra le banche commerciali che hanno deciso di partecipare alla sottoscrizione ci sono Barclays, Mizuho e TD Securities. Per American Tower, che aveva già annunciato un’altra emissione da $1.5 miliardi nei mesi scorsi, pare che pagare gli alti tassi di interesse che il mercato richiede in questo momento non sia un problema.

foto di una torre di telecomunicazioni
Le torri di telecomunicazioni prevedono grandi investimenti per ciascuna, e al tempo stesso devono essere dislocate in modo capillare sul territorio

Da veicolo d’investimento a leader delle comunicazioni

American Tower è un REIT, cioè un trust d’investimento quotato in Borsa. Come tutti i REITs, nasce per permettere agli investitori di investire in immobili e infrastrutture attraverso uno strumento quotato in Borsa. Nel caso di American Tower, si tratta di una società specializzata in infrastrutture di telecomunicazione: grandi torri per la ripetizione dei segnali, antenne, trasmissione satellitare e così via. Negli anni ha avuto così tanto successo che, secondo i dati dell’ultimo report trimestrale, oggi la società gestisce oltre 220.000 torri e altre infrastrutture per le telecomunicazioni.

Il nome “American” non deve trarre in inganno: anche se effettivamente la sede principale della società è negli USA, le sue operazioni sono globali. In particolare in Africa e in Asia Pacifico, due regioni in forte crescita demografica, American Tower sta continuando a mantenere un ritmo di crescita impressionante malgrado le sue dimensioni già da leader di mercato. Collocandosi al 375esimo posto del celebre elenco Fortune 500, American Tower ha dimostrato che un REIT può essere molto di più che un semplice veicolo di investimento.

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