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COP 28: esportatori blindano accordo su combustibili fossili

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Written by Alessandro Calvo
Diplomato in Scienze Economiche presso l'Ateneo di Torino, mi dedico alla vita di nomade digitale con un focus particolare sugli investimenti azionari. Rivesto il ruolo di gestore e analista capo per il portfolio di azioni su TradingOnline.com. Come ricordato da Peter Lynch, è importante tenere a mente che investire in azioni non equivale a giocare alla lotteria; rappresenta piuttosto la detenzione di una quota parte di un'impresa
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Nella giornata di sabato, finalmente il COP 28 ha messo sul tavolo l’argomento più scottante dell’evento: i combustibili fossili. I rappresentanti di tutti i paesi delle Nazioni Unite che partecipano all’evento hanno l’obiettivo di arrivare alla fine dell’evento con un accordo universale sugli impegni per il clima. Sono oltre 80 le nazioni che chiedono che all’interno del testo vengano inseriti degli impegni precisi sulla riduzione graduale dei combustibili fossili, fino a eliminarne l’utilizzo. Dall’altra parte, i paesi esportatori stanno facendo di tutto affinché la bozza non preveda alcuna menzione a petrolio e gas naturale.

Dopo lo scandalo di ieri, quando è emersa una lettera del presidente dell’OPEC che invitava tutti i paesi membri a rigettare con forza qualunque accordo sui combustibili fossili, oggi il trend si conferma. Paesi come Russia e Arabia Saudita non stanno nemmeno provando a nascondere il loro totale disinteresse alla riduzione dell’uso di combustibili fossili. Si allontana la prospettiva di un accordo che possa essere sottoscritto realmente da tutte le nazioni che partecipano all’evento, e il prezzo del petrolio continua a dare segni del fatto che i mercati non si aspettino un accordo sulla riduzione dell’uso dei combustibili fossili.

presentazione della notizia su improbabilità di un accordo sui combustibili fossili al COP 28

Emirati Arabi provano a fare da mediatori

La divisione delle posizioni è estremamente netta. Tra le 80+ nazioni che sono a favore di un accordo sulla riduzione dell’utilizzo dei combustibili fossili ci sono gli Stati Uniti, l’Unione Europea e una serie di nazioni emergenti che stanno accusando pesantemente gli effetti del riscaldamento globale e del cambiamento climatico. Dall’altra parte, essenzialmente, ci sono tutti i paesi OPEC. A ritrovarsi nel mezzo di questa diatriba sono gli Emirati Arabi: da una parte storici membri dell’OPEC, dall’altra parte organizzatori del COP 28 e anche sottoposti a forti critiche per questa decisione.

Sultan Al-Jaber, presidente del COP 28, ha invitato le nazioni a mettersi d’accordo e lasciare da parte le prese di posizione in nome di un accordo. Ha sottolineato che il tempo per colmare i vuoti sta finendo, e che a meno di una settimana dalla fine dell’evento ci sono ancora più divergenze che punti d’incontro tra i paesi partecipanti. La Russia prova a difendersi dicendo che il COP 28 dovrebbe riguardare le emissioni inquinanti e non i combustibili fossili, quasi come se le due cose non fossero correlate tra loro. Insieme all’Arabia Saudita, la Russia vorrebbe piuttosto promuovere l’utilizzo di sistemi per la cattura diretta dell’anidride carbonica per abbattere le emissioni prodotte dalla combustione di gas e petrolio.

foto di una piattaforma offshore per estrazione di combustibili fossili

Mercati scettici riguardo all’accordo

Nella giornata di oggi, la quotazione del petrolio è tornata ad aumentare di oltre il 2,70%. Il prezzo è adesso nuovamente al di sopra della soglia psicologica di 70$ al barile, segno del fatto che i mercati non credono realmente a un accordo sui combustibili fossili. Se davvero ci fossero i presupposti per un accordo che punti a eliminare del tutto l’utilizzo di gas e petrolio, anche nel corso di tanti anni, indubbiamente ci sarebbe una spinta ribassista sul prezzo dei combustibili fossili. In realtà i mercati continuano a tenere gli occhi puntati esclusivamente sulle quote di produzione dell’OPEC, sulle decisioni della Fed e sulla possibilità che nei prossimi mesi si verifichino recessioni in Europa e negli USA.

In sostanza, è come se Wall Street avesse già fatto un funerale prematuro a un possibile accordo per la riduzione graduale di estrazione e consumo dei combustibili fossili a livello globale. Se però l’accordo ci fosse quantomeno tra le nazioni importatrici, farebbe pensare alla possibilità che davvero la domanda si riduca nel corso del tempo. In quel caso, indubbiamente la quotazione del barile dovrebbe aggiustarsi in base a quanto deciso dal blocco delle nazioni più orientate a una politica green.

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