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Dollaro USA debole dopo i nuovi dati su inflazione e consumi

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Written by Alessandro Calvo
Diplomato in Scienze Economiche presso l'Ateneo di Torino, mi dedico alla vita di nomade digitale con un focus particolare sugli investimenti azionari. Rivesto il ruolo di gestore e analista capo per il portfolio di azioni su TradingOnline.com. Come ricordato da Peter Lynch, è importante tenere a mente che investire in azioni non equivale a giocare alla lotteria; rappresenta piuttosto la detenzione di una quota parte di un'impresa
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La giornata di venerdì è stata piuttosto attiva sul fronte del calendario economico, soprattutto per quanto riguarda le notizie provenienti dagli Stati Uniti. Gli USA hanno chiuso la settimana con una serie di pubblicazioni importanti di stampo macroeconomico, con al centro i dati su inflazione e consumi. Non sono stati pubblicati direttamente l’indice dei prezzi al consumo e i dati sulle vendite al dettaglio, che sono considerati la misura più diretta per l’inflazione e per i consumi; sono stati pubblicati invece due dati che solitamente tendono ad anticipare l’evoluzione di queste variabili e raccolgono sempre un notevole interesse da parte degli investitori.

Entrambi i risultati hanno fatto pensare che ci potrebbe essere una riduzione del tasso di inflazione in vista, forse più netta rispetto alle previsioni degli analisti. Questa sarebbe indirettamente un’indicazione della possibilità di adottare una politica monetaria meno restrittiva, quantomeno nel medio termine. Per lo meno, è così che i mercati hanno voluto interpretare le notizie di venerdì: in corrispondenza della pubblicazione dei dati, si è notato un netto movimento ribassista del valore del dollaro contro le altre principali valute mondiali.

presentazione della notizia sui dati macroeconomici statunitensi del 30 giugno
Dopo la chiusura del mercato Forex per il fine settimana, il tasso di cambio tra euro e dollaro americano si attesta a 1.0912

Calo oltre le attese dell’indice PCE

Il principale dato sull’inflazione pubblicato ieri riguarda l’indice PCE, che aumenta dello 0.3% su base mensile contro una previsione dello 0.4%. L’indice PCE (Personal Consumption Expenditure) è notoriamente uno dei più osservati dalla Federal Reserve come indicazione del tasso di inflazione negli Stati Uniti. Si tratta di una misura dell’andamento dei prezzi su un paniere diverso di beni rispetto a quello utilizzato per il più noto indice dei prezzi al consumo (PCI). Il paniere generico dell’inflazione include una serie di beni durevoli, come le automobili, che non si possono categorizzare come “beni di consumo”. Offre un’indicazione chiara e ampia dell’inflazione nell’economia, per cui rimane il modo standard di misurare il tasso di inflazione.

L’indice PCE esclude i beni durevoli, prendendo in considerazione esclusivamente un paniere di beni di consumo. Solitamente l’evoluzione di questo indice tende ad anticipare quella del PCI, per cui è considerato un dato chiave per l’interpretazione del contesto macroeconomico. La differenza tra le attese degli analisti e il dato effettivamente riscontrato è stata piccola, ma sufficiente a cambiare l’equilibrio di domanda e offerta sui mercati Forex: in pochi minuti il dollaro ha perso forza contro l’euro e la sterlina, con i mercati che hanno aggiustato le loro previsioni in vista di un possibile calo più rapido del previsto nel tasso nominale di inflazione.

grafico indice PCE Stati Uniti
L’indice PCE è spesso menzionato dalla Federal Reserve nei discorsi sull’andamento dell’economia e dell’inflazione

Dati aggiornati su reddito e consumi

Altri due dati importanti pubblicati venerdì riguardano i consumi e il reddito degli americani. Per quanto riguarda i redditi personali, questi risultano in crescita dello 0.4% su base mensile: essenzialmente hanno tenuto il passo negli aumenti dei prezzi dei beni di consumo; più osservato è invece il dato sulla spesa dei consumatori, che fornisce indicazioni sia sulla loro fiducia nell’economia, sia sulla possibile evoluzione del tasso di inflazione. Il dato previsto dagli analisti era di un aumento dello 0.2% su base mensile, mentre quello effettivamente riscontrato è stato dello 0.1%.

Per fare considerazioni approfondite bisognerà attendere dei dati ancora più rilevanti, come quello sull’indice dei prezzi al consumo, sulle vendite al dettaglio o sulla produzione industriale. Detto questo, i segnali che sono arrivati nella giornata di venerdì fanno pensare che nei prossimi mesi l’inflazione potrebbe scendere a un ritmo leggermente più veloce del previsto. Di conseguenza andrebbero aggiustate anche le previsioni sui tassi di interesse della Federal Reserve, che rimangono l’incognita più importante per gli investitori. Alla luce dei dati di oggi potrebbero essere necessari meno interventi sui tassi, ma è importante non affrettare le conclusioni.

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