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Earthstone Energy ufficializza l’acquisto di Novo Oil & Gas

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Earthstone Energy Inc ha annunciato giovedì di aver concluso un accordo per l’acquisizione di Novo Oil & Gas Holdings per una cifra di 1,5 miliardi di dollari. L’obiettivo di questa transazione è rafforzare la presenza di Earthstone nel bacino del Delaware.

Nel corso del 2022, Earthstone ha attuato con successo la sua strategia di consolidamento, completando tre operazioni che hanno raggiunto un valore complessivo di 2 miliardi di dollari, tra cui due acquisizioni di asset nel settore settentrionale del bacino del Delaware.

Inoltre, nell’ambito di questa transazione, Northern Oil and Gas Inc acquisirà una parte degli interessi operativi di Novo, sostenuti da EnCap Investments, per 500 milioni di dollari. Ciò porterà a un prezzo di acquisto netto di 1 miliardo di dollari per Earthstone, come dichiarato nella comunicazione ufficiale.

Earthstone si aggiunge alle altre grandi compagnie petrolifere che dopo gli enormi profitti degli ultimi anni si sono lanciate in diverse acquisizioni come ad esempio l’acquisto di PDC Energy da parte di Chevron e le voci su un potenziale interesse da parte di Exxon per Pioneer Natural Resources.

Immagine di copertina, "Earthstone, Ufficializzata l'acquisizione di Novo Oil & Gas per 1 miliardo di dollari", sfondo di due mani che si stringono.
Con questa acquisizione Earthstone rafforza la sua posizione nel bacino del Delaware.

I vantaggi dell’acquisizione

Earthstone (ESTE) ha previsto un notevole aumento della produzione nel breve termine grazie all’acquisizione di Novo, superando i 135.000 barili equivalenti di petrolio al giorno e generando un significativo incremento del flusso di cassa libero.

Nel quarto trimestre del 2023, Earthstone prevede un aumento della produzione di 30.000-35.000 barili equivalenti di petrolio al giorno, rispetto alle stime precedenti per l’intero anno fiscale di 96.000-104.000 barili equivalenti di petrolio al giorno. Le previsioni per le spese di capitale per l’intero anno rimangono stabili tra 725 e 775 milioni di dollari.

Per il secondo semestre del 2023, Northern Oil & Gas si aspetta una produzione media di 11.500 barili equivalenti di petrolio al giorno netti per l’azienda, con una spesa di capitale di circa 20 milioni di dollari.

L’acquisizione di Novo sarà datata al 1º maggio 2023, mentre la conclusione dell’operazione è prevista nel terzo trimestre dello stesso anno, a condizione che siano soddisfatte le normali condizioni di chiusura.

Per finanziare l’acquisizione di Novo, Earthstone prevede di utilizzare sia la disponibilità di denaro contante che prestiti ottenuti tramite il suo Credit Facility, una linea di credito rotativo garantito. In concomitanza con l’acquisizione, Earthstone ha ottenuto ulteriori prestiti da parte dei suoi attuali creditori per un totale di 250 milioni di dollari.

Immagine che mostra un pozzo petrolifero nel bacino del Permiano.
Il bacino del Permiano è considerato la regione con maggiori riserve di gas e petrolio negli Stati Uniti.

Su Earthstone Energy

Earthstone Energy è una società di esplorazione e produzione energetica con sede negli Stati Uniti. La società si concentra principalmente sull’estrazione di petrolio greggio e gas naturale da risorse convenzionali e non convenzionali.

Earthstone Energy opera in diverse regioni negli Stati Uniti, tra cui il bacino del Delaware. Il bacino del Delaware, che fa parte del più ampio bacino Permiano, è una delle principali regioni per i produttori di petrolio e gas che desiderano aumentare le proprie riserve. Situata tra Texas e New Mexico, questa formazione di scisto offre una struttura adeguata ed è nota per la sua elevata produttività e le ampie riserve ancora da sviluppare.

La società possiede e gestisce diverse concessioni di esplorazione e produzione nel bacino Permiano e sfrutta le tecnologie di perforazione avanzate per estrarre in modo efficiente le risorse energetiche.

Oltre alla produzione di petrolio greggio e gas naturale, Earthstone Energy è impegnata nella gestione responsabile dell’ambiente e nella sostenibilità. La società adotta pratiche di perforazione e produzione che riducono l’impatto ambientale e promuovono la conservazione delle risorse naturali. Inoltre, Earthstone Energy si impegna a mantenere standard elevati in termini di salute e sicurezza sul lavoro.

Nei primi anni di attività giornalistica si è dedicato principalmente al mondo delle crypto, in seguito è approdato su TradingOnline.com per occuparsi del settore tech e di innovazione.

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Petrolio, le quotazioni crollano del 5%. A pesare è la rappresaglia di Israele contro Teheran

La rappresaglia di Israele contro Teheran ha fatto crollare le quotazioni del petrolio in mattinata. Le aspettative degli analisti.

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Petrolio, le quotazioni crollano del 5%. A pesare è la rappresaglia di Israele contro Teheran

Crollate di quattro dollari al barile le quotazioni del petrolio dopo che, nel corso del fine settimana, Israele ha avviato la propria rappresaglia nei confronti dell’Iran. L’attacco, ad ogni modo, non ha colpito gli impianti petroliferi e non ha determinato il blocco delle forniture di greggio.

In mattinata i future sul greggio Brent e quelli Us West Texas Intermediate hanno sfiorato i minimi dal 1° ottobre. Poco dopo le 9:00 il Brent ha toccato 71,93 dollari al barile, registrando un -5,4% (pari a 4,12 dollari in meno), mentre il WTI si è attestato a 67,75 dollari al barile, portando a casa un -5,6% (pari a 4,03 dollari in meno).

Ricordiamo che la scorsa settimana i principali benchmark del petrolio avevano guadagnato il 4%, in un momento in cui c’era grande volatilità. I mercati, infatti, hanno scontato l’incertezza delle elezioni statunitensi in programma il 5 novembre 2024 e la portata della prevista risposta di Israele all’attacco missilistico iraniano dello scorso 1° ottobre 2024.

Petrolio, scatta la rappresaglia di Israele

Prima dell’alba di sabato decine di jet israeliani hanno portato a termine tre ondate di attacchi contro alcune fabbriche di missili e altri siti vicini a Teheran e nell’Iran occidentale. 

La maggior parte degli analisti ritengono che il premio di rischio accumulato dalle quotazioni del petrolio in previsione dell’attacco di Israele si sia sostanzialmente esaurito.

Secondo John Evans, del broker petrolifero PVM, la risposta di Israele è stata fortemente influenzata dall’amministrazione guidata da Joe Biden. Allo stesso tempo, però, Vivek Dhar, analista della Commonwealth Bank of Australia, non ritiene che le tensioni in Medio Oriente si possano ridurre in tempi rapidi. Secondo Dhar nonostante la scelta di Israele di una risposta poco aggressiva all’Iran, permangono numerosi dubbi sul fatto che Israele e i suoi alleati (Hamas e Hezbollah) siano sulla buona strada per un cessate il fuoco duraturo.

Max Layton, analista di Citi, ha deciso di abbassare il target price del Brent per i prossimi tre mesi da 74 a 70 dollari al barile, tenendo conto di un premio di rischio più basso nel breve termine.

Ashley Kelty, analista di Panmure Liberum, spiega che la retorica dei ministri dell’OPEC+ nelle prossime settimane in merito alla revoca delle quote sarà un fattore chiave per le quotazioni del petrolio: un rinvio degli aumenti della produzione diventa più probabile a causa delle deboli prospettive fondamentali e degli elevati prezzi di pareggio necessari per la maggior parte dei membri del cartello.

L’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio e i suoi alleati hanno mantenuto invariata la politica di produzione di petrolio nel corso del mese di settembre. Non è stata nemmeno cassata l’ipotesi di iniziare ad aumentare la produzione da dicembre. Il gruppo si riunirà il 1° dicembre prima di una riunione plenaria dell’OPEC+.

In India crolla l’uso del petrolio russo

Bharat Petroleum Corporation, una raffineria indiana, ha affermato che l’uso del petrolio russo è calato al 34% del fabbisogno totale di greggio nel trimestre luglio-settembre 2024. A determinare questo cambio di passo è stata la chiusura per manutenzione delle unità nelle raffinerie di Bina e Kochi, ha affermato lunedì il responsabile finanziario.

Bharat Petroleum Corporation, che può processare circa 706.000 barili al giorno (bpd) nelle sue tre raffinerie in India, ha soddisfatto circa il 40% del suo fabbisogno di petrolio con forniture russe nel trimestre di giugno.

BPCL lavora principalmente petrolio russo nella sua raffineria di Bina, nell’India centrale, con una capacità di 156.000 barili al giorno, e nella raffineria di Kochi, nello stato meridionale del Kerala, con una capacità di 310.000 barili al giorno.

Le importazioni di petrolio greggio dall’India dalla Russia sono aumentate dell’11,7% a circa 1,9 milioni di barili al giorno a settembre, rappresentando circa due quinti delle importazioni complessive di greggio della nazione nel mese, come hanno mostrato all’inizio di ottobre i dati sulle petroliere ottenuti da fonti del settore.

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Petrolio, il Brent in mattinata guadagna lo 0,4%. Chiusura settimanale positiva

Il petrolio potrebbe chiudere la settimana in territorio positivo. I riflettori sono ancora punti sul Medio Oriente e sulle esportazioni dalla Russia.

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Il petrolio potrebbe chiudere la settimana in territorio positivo. I riflettori sono ancora punti sul Medio Oriente e sulle esportazioni dalla Russia.

In mattinata il prezzo del petrolio è in leggero rialzo. Le quotazioni sono sulla buona strada per riuscire a chiudere un guadagno settimanale superiore all’1%: le tensioni nella principale area del mondo nella quale si estrae petrolio – il Medio Oriente – e la ripresa dei colloqui per il cessate il fuoco a Gaza hanno tenuto sulle spine i trader.

Saliti, in mattinata, di 31 centesimi i future sul Brent, che sono, quindi riusciti a guadagnare lo 0,4% posizionandosi a quota 74,69 dollari al barile. Il greggio West Texas Intermediate degli Usa ha guadagnato uno 0,4% raggiungendo i 70,48 dollari al barile (guadagnati 29 centesimi).

Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire come si sta muovendo il petrolio.

Petrolio in leggero rialzo in prima mattinata

In una nota Tony Sycamore, analista di mercato di IG, resta dell’opinione che il prezzo corretto del petrolio sia intorno ai 70 dollari, in attesa di nuovi fattori trainanti, tra cui l’esito della riunione del Comitato permanente dell’NPC cinese e la risposta di Israele all’attacco missilistico dell’Iran del 1° ottobre.

Tutti e due i parametri di riferimento si sono attestati a 58 centesimi al barile nel corso della precedente sessione: le quotazioni hanno oscillato in risposta alle aspettative di un aumento o di una riduzione delle tensioni in Medio Oriente.

Gli operatori del settore stanno aspettando una risposta di Israele all’attacco missilistico dell’Iran avvenuto lo scorso 1° ottobre. Un eventuale contromossa di Tel Aviv potrebbe arrivare a colpire le infrastrutture petrolifere di Teheran e a interrompere le forniture. Alcune indiscrezioni, ad ogni modo, riferiscono che Israele avrebbe intenzione di colpire unicamente degli obiettivi militari iraniani, non nucleari o petroliferi.

Funzionari statunitensi ed israeliani sarebbero pronti a riprendere i colloqui per un cessate il fuoco e per il rilascio degli ostaggi a Gaza nel corso dei prossimi giorni. In precedenza i tentativi per raggiungere un accordo sono falliti.

Antony Blinken, segretario di Stato Usa, ha affermato che gli Stati Uniti non vogliono una prolungata campagna israeliana in Libano. La Francia, invece, ha chiesto un cessate il fuoco e si sta concentrando sulla diplomazia.

Sotto la lente d’ingrandimento degli investitori sono finite le misure di stimolo all’economia di Pechino. Gli analisti non si aspettano che le nuove misure possano dare una spinta alla domanda di petrolio dalla Cina. 

Goldman Sachs ha lasciato invariate le sue previsioni sui prezzi del petrolio, del gas naturale e del carbone, stimando che gli stimoli cinesi sui prezzi dell’energia saranno modesti rispetto a fattori più importanti come l’offerta di petrolio dal Medio Oriente e le condizioni invernali per il gas naturale.

Le esportazioni di petrolio dalla Russia

Caleranno del 13% a novembre rispetto ad ottobre le esportazioni di petrolio dai tre principali porti occidentali della Russia, che si attesteranno a 1,95 milioni di barili al giorno. 

Gli operatori del mercato tengono costantemente sotto controllo le esportazioni dai porti occidentali di  Primorsk, Ust-Luga e Novorossiisk: rappresentano, infatti i flussi più volatili e sono fortemente influenzati dall’assorbimento delle raffinerie nazionali.

Nel corso del 2024 la Russia è riuscita a mantenere delle esportazioni elevate di petrolio, anche se ha dovuto ammettere una sovrapproduzione di greggio, superando la quantità concordata dall’Opec+.  Il paese ha promesso di effettuare ulteriori tagli per compensare dalla fine del 2024.

La Russia ha ridotto la produzione di petrolio greggio a settembre di 28.000 barili al giorno (Bpd), portandola a circa 9 milioni di Bpd. I carichi di petrolio russo dai porti occidentali diminuiranno a novembre, rispetto ai 2,25 milioni di barili al giorno di ottobre.

Si prevede che le raffinerie di petrolio in Russia aumenteranno le lavorazioni il mese prossimo dopo una manutenzione stagionale importante a settembre-ottobre. A novembre la raffinazione del petrolio russo aumenterà: la Russia prevede di mettere offline solo 1,8 milioni di tonnellate della sua capacità di raffinazione, in netto calo rispetto ai 4,4 milioni di tonnellate di ottobre.

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Oro ad un nuovo massimo a 2.757,99 dollari l’oncia. Bene anche il dollaro

L’oro riesce a raggiungere un nuovo massimo, diventando il bene rifugio per eccellenza per molti investitori. Bene anche il dollaro.

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Oro ad un nuovo massimo a 2.757,99 dollari l’oncia. Bene anche il dollaro

L’oro brilla e raggiunge un livello record, riuscendo a sfidare l’aumento del dollaro, il quale, a sua volta, è riuscito a mantenere sotto pressione lo yen e l’euro. Notizie meno entusiasmanti per le azioni, che hanno registrato un leggero calo determinato dalla riluttanza degli investitori a piazzare delle scommesse importanti in vista delle elezioni negli Stati Uniti, che si terranno tra due settimane.

In questo momento gli investitori sembrerebbero intenzionati a riconsiderare l’entità dei tagli ai tassi di interesse da parte della Fed: a modificare il sentiment sono stati i dati economici Usa, che hanno messo in evidenza che l’economia è in continua espansione e si stanno creando dei posti di lavoro. Gli operatori, almeno fino ad un mese fa, stimavano che potesse esserci un taglio pari ad un punto percentuale entro il mese di gennaio: adesso l’aspettativa si è spostato più vicina a mezzo punto.

Ma entriamo un po’ più nel dettaglio e cerchiamo di capire come si stanno muovendo l’oro, il dollaro e le azioni.

A cosa guardano gli investitori

Sotto i riflettori, quest’oggi, sono finiti anche i Titoli del Tesoro statunitensi, che hanno subito un duro colpo. I rendimenti sono saliti ai massimi degli ultimi tre mesi e hanno spinto il dollaro verso picchi plurimensili nei confronti dell’euro, sterlina e yen. Quest’ultimo è tornato a quota 150 dollari, situazione che ha fatto sì che le autorità giapponesi intervenissero, almeno verbalmente.

Le azioni hanno iniziato a scendere, ma continuano ad essere vicine ai massimi storici. Questo suggerisce che gli investitori, almeno per il momento, si stiano concentrando maggiormente sugli aspetti positivi dell’economia e degli utili.

L’indice MSCI All-World è sceso dello 0,1% nella giornata, riflettendo la debolezza dell’Europa, dove lo STOXX 600 è sceso dello 0,1%. I futures sugli indici azionari statunitensi, che hanno perso anch’essi lo 0,1%.

Kathleen Brooks, direttrice della ricerca XTB, ha spiegato che l’andamento dei prezzi nel mercato azionario di questa settimana suggerisce che il raggiungimento del 50° massimo storico per l’indice S&P 500 potrebbe essere un obiettivo difficile, con le elezioni statunitensi così vicine. Negli Stati Uniti, infatti, il 5 novembre si andrà a votare: questo è il motivo per il quale gli investitori si stanno preparando ad una maggiore volatilità del mercato.

L’oro raggiunge un nuovo massimo. Il dollaro regge

Le maggiori aspettative degli investitori, in queste settimane, sono relative ai tassi d’interesse Usa, che potrebbero non scendere rapidamente. Fattore che ha sostenuto il dollaro.

Da parte sua, invece, l’oro ha sostanzialmente ignorato la forza della valuta statunitense ed è riuscito a raggiungere un nuovo massimo storico a 2.757,99 dollari l’oncia. Il conflitto in Medio Oriente, secondo alcuni analisti, avrebbe fornito una scusa per investire proprio nell’oro.

Il rendimento del benchmark dei titoli del Tesoro USA a 10 anni è aumentato di altri 2,6 punti base al 4,2316%. È aumentato di quasi 50 punti base da quando la Fed ha tagliato i tassi di mezzo punto il 18 settembre ed è destinato al suo più grande aumento mensile in un anno.

Prashant Newnaha, stratega senior dei tassi Asia-Pacifico presso TD Securities, ha spiegato che la svendita dei titoli del Tesoro si è intensificata questa settimana, poiché i mercati hanno riconosciuto che la Fed rischia di riaccendere l’inflazione se dovesse tornare a un’economia forte. Secondo Newnaha, le crescenti probabilità di vittoria di Trump stanno anche attenuando le aspettative del mercato circa un proseguimento dell’allentamento da parte della Fed nel 2025 e non si può escludere la possibilità che la Fed si metta da parte per sei mesi l’anno prossimo.

Con il dollaro e i rendimenti USA in aumento, altre valute sono state sotto pressione. Lo yen giapponese, la valuta principale con la peggiore performance quest’anno, si è nuovamente indebolito, lasciando il dollaro in rialzo dello 0,9% a 152,45, il suo massimo da fine luglio.

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Petrolio, il prezzo si è stabilizzato. Riflettori puntati sul Medio Oriente

Il prezzo del petrolio si è stabilizzato. I riflettori sono puntati al Medio Oriente e agli Stati Uniti, dove il greggio è più leggero.

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Petrolio, il prezzo si è stabilizzato. Riflettori puntati sul Medio Oriente

In mattinata il prezzo del petrolio si è stabilizzato intorno ai 74 dollari al barile. A condizionare le quotazioni, oggi, sono gli sforzi del principale diplomatico statunitense che sta nuovamente cercando di ottenere un cessate il fuoco in Medio Oriente. Nel frattempo la crescita della domanda in Cina rallenta: l’economia debole del principale importatore al mondo di petrolio continua a pesare sulle sue quotazioni.

Intorno alle 9, i futures sul greggio Brent sono scesi dello 0,27% attestandosi a 74,09 dollari al barile, mentre i futures sul greggio US West Texas si sono attestati su 70,36 dollari al barile. I futures WTI più attivamente scambiati con consegna a dicembre, che presto diventerà il mese di punta, sono scesi di 22 centesimi, ovvero dello 0,3%, a 69,82 dollari al barile.

Hanno registrato un rialzo pari a quasi un 2% la giornata di lunedì sia il Brent che il WTI, riuscendo a recuperare almeno in parte il calo del 7% registrato la scorsa settimana. Nel frattempo i combattimenti in Medio Oriente non si fermano e il mercato sembra registrare un po’ di nervosismo per la prevista rappresaglia di Israele nei confronti dell’Iran, che potrebbe portare ad un’interruzione della fornitura di petrolio.

Petrolio, cosa condiziona le quotazioni

Antony Blinken, Segretario di Stato statunitense, è arrivato oggi 22 ottobre in Israele, per quella che dovrebbe essere la prima tappa del suo tour in Medio Oriente. Qui cercherà di riprendere i colloqui per mettere la parola fine alla guerra di Gaza e disinnescare il conflitto che si è aperto in Libano.

Satoru Yoshida, analista delle materie prime presso Rakuten Securities, spiega che le quotazioni del petrolio hanno oscillato in risposta alle notizie contrastanti provenienti dal Medio Oriente, mentre la situazione alternava momenti di escalation e momenti di de-escalation. Yoshida aggiunge che al momento il mercato starebbe valutando l’impatto delle misure di stimolo di Pechino e il miglioramento dell’attività economica degli Stati Uniti, ma i guadagni rimarranno probabilmente limitati dalla persistente incertezza sulle prospettive economiche globali complessive.

I dati di venerdì hanno mostrato che l’economia cinese è cresciuta al ritmo più lento dall’inizio del 2023 nel terzo trimestre, alimentando crescenti preoccupazioni sulla domanda di petrolio.

Gli esperti prevedono che la crescita della domanda di petrolio in Cina possa rimanere debole nel 2025 nonostante le recenti misure di stimolo di Pechino: la seconda economia mondiale sta elettrificando il suo parco auto e cresce.

Ad ogni modo Saudi Aramco si è detta abbastanza ottimista sulla domanda di petrolio della Cina, soprattutto alla luce del pacchetto di misure di stimolo del governo che mira a stimolare la crescita.

Priyanka Sachdeva, analista senior della società di brokeraggio Phillip Nova, spiega che un ulteriore contributo alla pressione al ribasso sul mercato del petrolio è stato dato dalla forza del dollaro statunitense, trainata dal graduale allentamento dell’inflazione globale. Un dollaro più forte incide solitamente sui prezzi del petrolio, poiché rende la materia prima valutata in dollari più costosa da acquistare per i non detentori di questa valuta.

Il petrolio estratto negli Usa sta diventando più leggero

Le aziende che trivellano per estrarre il petrolio negli Usa si trovano ad affrontare un dilemma inaspettato: il greggio West Texas Midland sta diventando più leggero, il che potrebbe renderlo meno attraente per alcune raffinerie.

I greggi superleggeri dovrebbero essere miscelati con gradi più pesanti per la trasformazione in benzina, gasolio e carburante per aerei. Una minore offerta di greggio pesante e i prezzi elevati potrebbero ridurre la domanda di WTI Midland. Ciò potrebbe comportare prezzi più bassi per il benchmark Brent datato utilizzato a livello globale, di cui il WTI è diventato parte integrante.

Il volume e la qualità del greggio statunitense di punta lo hanno reso popolare tra le raffinerie in Asia e in Europa, grazie alla sua somiglianza con altri tipi di riferimento e al basso contenuto di zolfo che lo rende relativamente facile da rimuovere durante la lavorazione.

È diventato un elemento centrale del Brent, un gruppo di qualità del Mare del Nord utilizzato per stabilire il prezzo di oltre il 75% del greggio mondiale.

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L’oro raggiunge un nuovo massimo a 2.739,40 dollari l’oncia. Ecco perché continua il rally

Continua il rally dell’oro, che in mattina raggiunge un nuovo massimo. Cerchiamo di capire cosa succede a questa materia prima.

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L'oro raggiunge un nuovo massimo a 2.739,40 dollari l'oncia. Ecco perché continua il rally

L’oro raggiunge un massimo storico, riuscendo ad estendere un importante rally e muovendosi senza grossi problemi tra le varie incertezze che arrivano dalle elezioni statunitensi, dalle tensioni in Medio Oriente e in mezzo ai tagli dei tassi d’interesse che hanno effettuato la maggior parte delle principali banche centrali. L’argento, invece, è riuscito a sfiorare il massimo da dodici anni a questa parte.

L’oro spot è cresciuto dello 0,3% toccando quota 2.729,40 dollari l’oncia alle 7 di questa mattina. In precedenza aveva sfiorato il massimo storico di 2.732,73 dollari. Sono cresciuti anche i future sull’oro statunitense, che hanno registrato un +0,6% a 2.744,80 dollari. Grazie al rialzo dei lingotti, l’argento spot è riuscito a crescere dell’1,1% a 34,03 dollari l’oncia, pari al livello più alto dalla fine del 2012.

Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa sia accaduto all’oro.

Continua il rally dell’oro

L’oro in questi giorni continua a brillare. Soni Kumari, stratega delle materie prime presso ANZ, ha spiegato che il rally di questo mese è guidato principalmente dalla domanda di beni rifugio a causa della tensione geopolitica in Medio Oriente e dell’incertezza sulle elezioni statunitensi, il cui esito sembra molto incerto: chiunque può vincere.

L’ex presidente Usa Donald Trump e la vicepresidente Kamala Harris, al momento, sono testa a testa nella corsa alle presidenziali degli Stati Uniti d’America nei sette stati chiavi che decideranno le elezioni del 5 novembre 2024.

Nel frattempo centinaia di residenti di Beirut, in Medio Oriente, sono dovuti fuggire dalle loro case nel corso della serata di domenica. Sono state udite, infatti, moltissime esplosioni: Israele si preparava ad attaccare molti siti.

L’oro è considerato un investimento sicuro in periodi di turbolenza economica e politica. I tassi più bassi ne accrescono anche il fascino, poiché i lingotti non fruttano interessi.

Gli investitori hanno anche digerito la notizia che la Cina ha tagliato i suoi tassi di interesse di riferimento sui prestiti, in seguito alle riduzioni di altri tassi di interesse ufficiali il mese scorso, come parte di un pacchetto di misure di stimolo per rilanciare l’economia.

La domanda di oro nella Cina, il principale paese consumatore, ha subito un duro colpo a causa dei prezzi elevati e del rallentamento economico.

Altrove, i trader stanno prezzando una probabilità del 99% di un taglio dei tassi di interesse della Federal Reserve statunitense a novembre. La Banca Centrale Europea ha tagliato i tassi di un quarto di punto la scorsa settimana.

Tim Waterer, analista capo di mercato presso KCM Tradeer l’oro a 2.800 dollari sembra essere un obiettivo praticabile per fine anno. Secondo Waterer ci sarà la tentazione di bloccare alcuni profitti, il che potrebbe rallentare l’immediato rialzo.

Il platino è salito dello 0,3% a 1.016,21 dollari l’oncia, il suo massimo da metà luglio. Il palladio ha guadagnato lo 0,3% a 1.076 dollari.

Oro quali sono motivazioni dell’aumento dei prezzi

Quali sono le motivazioni che sono dietro all’aumento del prezzo dell’oro? Senza dubbio a condizionare le quotazioni sono i massicci acquisti effettuati dalle banche centrali a livello globale. Tramite questi istituti, gli Stati conservano molte riserve auree in modo da assicurarsi un prodotto finanziario solvibile in qualsiasi momento, soprattutto quando c’è una crisi economica o geopolitica.

Un esempio di quanto queste scorte siano importate è costituito dalla Russia, che, proprio nel momento in cui sta attraversando una crisi monetaria determinata dalla chiusura della sua principale fonte di valuta estera (la vendita di materie prime a causa delle sanzioni), ha iniziato ad acquistare oro.

Per contrastare questa situazione, la Banca Centrale Russa ha iniziato ad aumentare le proprie scorte di lingotti, che sono arrivate a superare in valore quelle dei dollari.

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