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Energia rinnovabile, record di disinvestimenti dai fondi

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Written by Alessandro Calvo
Diplomato in Scienze Economiche presso l'Ateneo di Torino, mi dedico alla vita di nomade digitale con un focus particolare sugli investimenti azionari. Rivesto il ruolo di gestore e analista capo per il portfolio di azioni su TradingOnline.com. Come ricordato da Peter Lynch, è importante tenere a mente che investire in azioni non equivale a giocare alla lotteria; rappresenta piuttosto la detenzione di una quota parte di un'impresa
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Secondo i dati di LSEG Lipper, il terzo trimestre del 2023 è stato il peggiore di sempre per i fondi che si occupano di investimenti nel mondo dell’energia rinnovabile. Sarebbe il risultato di diverse forze di mercato, a cominciare dall’inflazione e dai tassi d’interesse che stanno pesando fortemente sulla performance delle imprese. I disinvestimenti sembrano effettivamente giustificati dai bilanci che le società hanno riportato nel primo semestre del 2023, con margini di profitto in calo e investimenti estremamente ridotti rispetto agli anni scorsi. Tra il 1 luglio e il 30 settembre, secondo LSEG Lipper, sono stati disinvestiti $1.4 miliardi dai fondi comuni e dagli ETF specializzati in energia rinnovabile.

Bisogna comunque notare che i disinvestimenti di questo periodo hanno soltanto bilanciato parzialmente i flussi di cassa positivi di inizio anno: nei primi sei mesi del 2023, gli investitori avevano aggiunto $3.36 miliardi di liquidità ai fondi che si occupano di rinnovabili. Complessivamente, il patrimonio di questi fondi si attesta ora a $65.4 miliardi: il declino è del 23% rispetto al picco, sempre secondo la stessa fonte. Dopo la notizia degli investimenti sostenibili bocciati da BlackRock e Vanguard, arriva la conferma: la sostenibilità è importante per i mercati, ma quando il quadro macroeconomico è favorevole.

Investitori alla ricerca di alternative, anche green

Una conferma del trend in corso proviene da un recente report di Morningstar, secondo il quale effettivamente sarebbe in corso una netta evoluzione del mercato con una transizione dall’energia rinnovabile verso altri tipi di investimento. Gli investitori stanno ovviamente notando la nascita di nuovi megatrend come quello dell’AI generativa, oltre che spostando i capitali verso i bond visto il loro rendimento crescente nel corso dell’ultimo anno. Ma soprattutto stanno cercando nuove alternative sostenibili: la fuga dei capitali riguarda i fondi legati strettamente all’energia rinnovabile, ma non quelli legati alla “transizione climatica”.

La differenza può sembrare sottile, ma è sostanziale. I fondi che si occupano di transizione climatica non investono soltanto in energia rinnovabile, ma su un ventaglio di nuove tecnologie: veicoli elettrici, idrogeno verde, stoccaggio energetico, combustibili sostenibili e così via. Il tutto con l’obiettivo di esporsi a settori con un maggior potenziale di crescita, soprattutto in questo momento segnato da un quadro macroeconomico che sfavorisce le società che investono su impianti eolici e fotovoltaici. I tre fondi che hanno visto più capitali in fuga sono l’iShares Global Clean Energy ETF, l’Handelbanken Hallbar Energi e lo SMD Innovative Carbon Neutral Strategy Fund. Quelli che invece hanno performato peggio nel corso del 2023 sono il TISCO New Energy (-41%), il Migdal Buy Side Renewable Energy (-41%) e il MTF Bluestar Solar Energy (-40%).

grafico che confronta la performance di S&P 500 e iShares Global Clean Energy ETF nel 2023
In giallo la performance dello S&P500, in blu quella dell’iShares Global Clean Energy ETF

Pesano l’inflazione e i tassi d’interesse

Di fronte allo scenario macroeconomico attuale, i mercati stanno dimostrando un comportamento piuttosto razionale. Le società legate al mondo dell’energia rinnovabile stanno vedendo i loro margini ridimensionarsi mese dopo mese, sulla scia di due fattori che pesano molto sul settore. Il primo è l’inflazione, che ha fatto schizzare il costo dei fattori produttivi come lavoro e materie prime rispetto al periodo della pandemia. Il secondo sono i tassi d’interesse, che rendono decisamente più caro prendere denaro in prestito.

Solitamente, le società che si occupano di energia rinnovabile trovano dei finanziamenti per i loro progetti e pagano un interesse sul capitale che serve per realizzare le grandi spese iniziali. Se un progetto fotovoltaico rende l’8% annuo e il tasso d’interesse è del 3.50% annuo, la società mantiene un buon margine sul venduto. Se però la redditività scende al 5% per via dell’inflazione e gli interessi salgono al 6% annuo, diventa sconveniente continuare a investire capitali in nuove pale eoliche o pannelli solari. Non a caso, varie aste per l’aggiudicamento di lotti per la produzione di energia rinnovabile quest’anno sono andate deserte. Un problema per chi gestisce i fondi, ma soprattutto per la velocità con cui avanza la transizione energetica.

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