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Imprese europee dell’acciaio in difficoltà: abbassate di nuovo le stime sulla domanda

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Written by Alessandro Calvo
Diplomato in Scienze Economiche presso l'Ateneo di Torino, mi dedico alla vita di nomade digitale con un focus particolare sugli investimenti azionari. Rivesto il ruolo di gestore e analista capo per il portfolio di azioni su TradingOnline.com. Come ricordato da Peter Lynch, è importante tenere a mente che investire in azioni non equivale a giocare alla lotteria; rappresenta piuttosto la detenzione di una quota parte di un'impresa
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L’Associazione Europea dell’Acciaio (EUROFER) ha abbassato per la seconda volta le sue stime sulla domanda per il 2024. Questo è il secondo taglio nell’arco di poche settimane, rivelando che le aspettative sulla crescita si sono più che dimezzate rispetto a inizio anno. La proiezione pubblicata a dicembre prevedeva un aumento della domanda del 7,6%. Questa avrebbe dovuto essere una grande boccata d’ossigeno per i produttori europei, dopo un calo superiore all’8% della domanda nel 2023; a febbraio le previsioni sono state aggiustate al +5.6%, mentre oggi EUROFER fa sapere che nella migliore delle ipotesi il mercato crescerà del 3,2% rispetto allo scorso anno.

Inoltre ci si aspetta un calo del 9% nella “domanda apparente” di acciaio. Questo è un indicatore che somma la produzione europea, le importazioni nette e il riciclo per determinare l’effettiva variazione della quantità di acciaio che circola nel mercato. Questo metallo trova uso in tantissime industrie, ma la più grande di queste è la costruzione di case e infrastrutture. Un calo così significativo della domanda europea di acciaio indica che l’attività di costruzione è in forte difficoltà, confermando che l’economia UE si trova in un periodo di stagnazione anche in questo settore.

presentazione della notizia su revisione a ribasso delle stime su domanda europea di acciaio
Lo scorso anno, la domanda apparente di acciaio in Europa è diminuita del 8,7%

Ancora contrazione per l’acciaio in Europa

Il report di EUROFER attribuisce le cause del calo previsto nella domanda soprattutto alla situazione geopolitica. Uno dei fattori che ha inciso maggiormente è il conflitto in Ucraina, essendo l’Ucraina uno degli storici centri produttivi di acciaio in Europa che hanno sempre esportato grandi quantità di metallo a costi contenuti. Inoltre i tassi d’interesse elevati della Banca Centrale Europea scoraggiano l’attività di costruzione, che normalmente viene finanziata attraverso mutui e prestiti.

EUROFER rimane comunque cautamente ottimista sul 2025: l’associazione prevede che il prossimo anno la domanda europea aumenti del 5,4% rispetto al 2024. La previsione è stata rivista a rialzo rispetto al 2,6% precedente, ma le stime di medio e lungo periodo tendono anche a essere quelle meno affidabili. Per il momento, non si può che constatare il periodo difficile delle acciaierie europee e del settore edile.

foto di una acciaieria
Diverse acciaierie europee hanno già dovuto ricorrere ai licenziamenti per contenere le spese

Il colosso spagnolo chiede di limitare le importazioni

Il CEO di Acerinox, Bernardo Velasquez, ha apertamente iniziato a chiedere ai regolatori europei di arginare le importazioni provenienti dalla Cina. Acerinox è un colosso spagnolo dell’acciaio, con una capitalizzazione di 2,57 miliardi di euro e una forte presenza in tutta Europa, in Nord America e in Brasile. La società fa notare come ci sia una forte discrepanza tra la domanda europea e la produzione cinese: mentre tutto il mondo sta riscontrando un calo della domanda, la produzione di acciaio in Cina è aumentata del 13%. La stessa Acerinox ha recentemente aperto un impianto in Malesia per provare a rimanere al passo con i prezzi asiatici.

Le imprese cinesi sono i maggiori esportatori di acciaio al mondo e recentemente sono state accusate sia dagli USA che dall’UE di voler scaricare la loro sovracapacità produttiva nel mercato dell’export per trainare la crescita economica cinese. Negli USA, l’amministrazione Trump aveva già introdotto dei dazi significativi sull’acciaio cinese e sembra che ora l’amministrazione Biden sia intenzionata a moltiplicarli. L’Europa è invece stata significativamente più riluttante a muoversi in questo senso, con un dazio del 25% che si applica soltanto a partire da una certa quota di acciaio importato ogni anno. In un mercato europeo dell’acciaio che si contrae, i produttori europei producono sempre di meno ma paradossalmente non accenna a diminuire la quantità di acciaio importato dalla Cina.

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