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Indonesia, primo volo commerciale alimentato a olio di palma

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L’olio di palma potrebbe diventare un nuovo combustibile “sostenibile” per l’aviazione: questa è la scommessa dell’Indonesia per trasformare una delle colture considerate più responsabili per la deforestazione in una risorsa dal volto green. Utilizzando un mix di cherosene tradizionale e olio di palma, un Boeing 737-800 operato da Garuda Indonesia ha voltato per 550 chilometri tra Jakarta e Surakarta. Il volo trasportava oltre 100 passeggeri che hanno regolarmente pagato il biglietto, di conseguenza segnando in modo ufficiale l’ingresso dell’olio di palma nel mondo dei combustibili per l’aviazione. L’Indonesia è di gran lunga il principale produttore di olio di palma al mondo, ed è più volte stata accusata dalla comunità internazionale di non badare a sufficienza alle esternalità di questa filiera.

Negli ultimi anni, l’Indonesia è stata anche colpita dalle nuove normative europee che prevedono dei limiti importanti alle importazioni. Soltanto le società che possono provare di aver prodotto l’olio di palma in aree non deforestate dopo il 2020 possono esportare legalmente il loro prodotto dall’Indonesia all’Unione Europea. Così si sono cercati degli utilizzi alternativi per la produzione extra, tra i quali proprio la possibilità di impiegare l’olio di palma come combustibile alternativo. Uno scopo che, però, ha già sollevato diverse critiche sulla sua effettiva sostenibilità: soprattutto l’Unione Europea non è d’accordo sull’uso dell’olio di palma nei SAF, favorendo piuttosto biomasse ottenute dal mais e da altre coltivazioni meno intensive e colpevoli di deforestazione.

presentazione della notizia sul primo volo commerciale indonesiano con olio di palma

Si spinge verso il riconoscimento come SAF

Per il momento l’idrogeno verde e l’elettrico rimangono delle tecnologie non ancora applicabili ai voli su scala commerciale, per cui l’unica soluzione che il settore ha trovato per ridurre rapidamente il suo impatto ambientale sono i combustibili alternativi. I SAF (Sustainable Aviation Fuels), che sono di origine vegetale ed emettono una quantità ridotta di gas serra nel momento in cui vengono bruciati per produrre energia, sono considerati essenziali per portare l’industria dell’aviazione ad arrivare al net zero entro il 2050. Proprio di recente, l’Unione Europea ha aumentato le quantità minime di SAF che le compagnie aeree dovranno utilizzare nel loro combustibile nel corso dei prossimi anni.

L’Indonesia, insieme ad altre nazioni del Sud Est asiatico che sono grandi produttori mondiali di olio di palma, vogliono che l’IAF riconosca l’olio di palma come SAF. Questo perché è rinnovabile e produce meno gas serra nel momento in cui viene bruciato. Al tempo stesso non è una scelta che tante altre nazioni appoggiano, dal momento che le coltivazioni di olio di palma generano un grande problema di deforestazione e di perdita di biodiversità. PT Pertamina, società nazionale indonesiana che si occupa di energia e combustibili, ha già dato il via alla produzione su larga scala del combustibile per l’aviazione composto parzialmente da olio di palma.

foto di una piantagione di olio di palma

L’Asia è a favore, l’Europa è contraria

Nelle nuove normative europee sui combustibili sostenibili per l’aviazione vietano espressamente la produzione a partire da biomasse derivanti da palme da olio. Al tempo stesso, oltre all’Indonesia, anche Singapore è favorevole all’uso di olio di palma come SAF. Si sta gradualmente formando un blocco orientale composto dai maggiori produttori di olio di palma che vorrebbero vedere riconosciuta questa materia prima come combustibile sostenibile, pur con tutte le criticità che ne derivano. L’Indonesia aveva già condotto i suoi primi voli sperimentali ad agosto, e ora è pronta a usarlo per raggiungere il suo obiettivo del 3% di SAF nel mix energetico dell’aviazione nazionale.

Singapore, che di per sé non è una nazione fortemente produttrice di olio di palma, sposa l’uso di questa commodity come SAF per un motivo differente: l’utilizzo sempre più insostenibile di grassi animali nei combustibili per l’aviazione. Anche se può sembrare strano, grandi quantità di grasso suino sono utilizzate attualmente per la produzione dei combustibili “sostenibili” per gli aerei. A conti fatti, ritengono le autorità di Singapore, le esternalità prodotte dall’olio di palma in questo momento sono inferiori a quelle degli allevamenti o dei combustibili fossi.

Laureato in Economia Aziendale all'Università degli Studi di Torino, digital nomad e investitore esclusivamente in azioni. Gestore e chief-analyst del portafoglio azionario di TradingOnline.com. "Anche se difficile da ricordare a volte, un'azione in realtà non è un biglietto della lotteria...è la proprietà parziale di un'azienda" - Peter Lynch

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Le banche modificano la loro strategia nelle obbligazioni dopo il taglio dei tassi negli Usa

Le decisione della Federal Reserve di tagliare i tassi d’interesse negli Usa ha fatto modificare le strategie d’investimento delle banche.

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Le banche modificano la loro strategia nelle obbligazioni dopo il taglio dei tassi negli Usa

L’allentamento dei rendimenti obbligazionari e il taglio dei tassi di interesse negli Usa stanno modificando le strategie delle principali banche statunitensi, che puntano a ridurre le perdite sui titoli di investimento a basso rendimento. L’obiettivo, ora come ora, è quello di dirottare quei fondi verso titoli ad alto rendimento, in modo da migliorare la liquidità e i profitti.

Il cambio di strategia potrebbe accelerare man mano che la Federal Reserve procede con il taglio dei tassi da qui alla fine dell’anno. Da sottolineare che la nuova politica monetaria della Fed contribuisce a ridurre le perdite finanziarie delle banche, che sono aumentate due anni or sono e hanno innescato una serie di turbolenze a livello regionale.

Ma entriamo e cerchiamo di capire come stanno cambiando strategie le principali banche statunitensi.

Il cambio di strategia delle banche statunitensi

La Fed ha iniziato ad aumentare i tassi d’interesse nel 2022. In quel momento le perdite non realizzate dalle banche statunitensi hanno raggiunto i 690 miliardi di dollari. Nel secondo trimestre sono poi scese a 513 miliardi di dollari, almeno stando ai dati riportati dalla Federal Deposit Insurance Corporation.

La Federal Reserve, nel corso del mese di settembre 2024, ha iniziato a diminuire i tassi di interesse: nel frattempo le perdite diminuivano. Alcune importanti banche come Wells Fargo e istituti regionali come KeyCorp hanno iniziato a vendere titoli a basso tasso per investire in titoli che garantivano un tasso più alto. La Federal Reserve ha tagliato i tassi di interesse di mezzo punto percentuale, portandoli in un nuovo intervallo compreso tra il 4,75% e il 5,0%.

Wes West – responsabile dell’analisi dei dati presso Nomis Solutions, che fornisce alle banche software per la determinazione dei prezzi di prestiti e depositi – ha spiegato che le banche hanno deciso che il danno a breve termine derivante dalla vendita di titoli persi valesse il compromesso per il guadagno a lungo termine derivante dall’acquisto di nuovi titoli ad alto rendimento.

In passato, invece, le banche preferivano conservare questi titoli a basso rendimento: vendendoli con una forte perdita, nel momento in cui i tassi erano più alti, sarebbero state costrette ad accantonare dei fondi per riuscire a rispettare i coefficienti patrimoniali imposti dalle norme in vigore. Le banche Usa, sostanzialmente, stavano svalutando questi titoli disponibili per la vendita. Sono classificati come tali perché la banca ha l’opzione di vendere quelle obbligazioni o titoli prima della loro scadenza.

Le banche che stanno vendendo i Titoli di Stato

Wells Fargo è stato l’ultimo grande istituto di credito a compiere questo passo nel corso del terzo trimestre 2024, quando ha deciso di vendere qualcosa come 16 miliardi di dollari in titoli. A seguito di questa operazione Walls Fargo ha registrato una perdita pari ai 447 milioni di dollari: ha poi deciso di reinvestire in titoli con un rendimento di 130 punti base più alto.

Megan Fox, vicepresidente di Moody’s Ratings, spiega che le banche stanno effettuando delle operazioni opportunistiche, volte a bloccare cedole più elevate ora per migliorare la redditività dichiarata, date le aspettative di ulteriori tagli dei tassi nei prossimi due trimestri.

Anche i creditori più piccoli hanno effettuato un riposizionamento simile. Banc of California, che ha acquistato PacWest l’anno scorso, ha annunciato di aver riposizionato qualcosa come 742 milioni di dollari in titoli a un rendimento medio ponderato del 2,94%, con conseguente perdita ante imposte di 60 milioni di dollari. Ha acquistato titoli con un rendimento medio ponderato del 5,65%.

KeyCorp ha venduto circa 7 miliardi di dollari di titoli garantiti da ipoteca a basso rendimento e ha reinvestito i proventi in investimenti a rendimento più elevato. L’istituto ha sostenuto un onere post-tasse di 737 milioni di dollari relativo alla perdita sulla vendita di titoli. KeyCorp ha spiegato che il rendimento medio dei titoli venduti è stato di circa il 2,3%, mentre quelli acquistati hanno avuto un rendimento medio del 4,9%.

Alcuni creditori hanno anche tratto vantaggio da guadagni una tantum, come quelli derivanti dalla vendita di asset, per attutire il colpo immediato della vendita di titoli. Truist Financial Corporazion ha venduto la sua divisione assicurativa a maggio per riposizionare parte del suo portafoglio di titoli di investimento disponibili per la vendita.

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Danone e Unilever, vendite in crescita, rispettivamente, del 4,5% e del 13,3%. Superate le previsioni

Nel terzo trimestre 2024 Unilever e Danone hanno superato le stime di vendita. Rimane ancora il problema dei prezzi troppo alti.

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Danone e Unilever, nel terzo trimestre 2024 hanno superato le stime di vendita

Unilever e Danone hanno superato le stime di vendita nel corso del terzo trimestre 2024. Le due aziende hanno iniziato a rallentare gli aumenti dei prezzi e stanno investendo nell’innovazione per riconquistare i clienti, che nel corso degli ultimi mesi si erano rivolti a dei brand meno costosi per far fronte all’impennata dei prezzi determinata dall’inflazione.

Durante la pandemia i costi generali sono aumentati: ad incidere pesantemente sono le spese sostenute per il trasporto delle materie prime. I prezzi dei cereali e dell’energia sono aumentati dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022. Unilever e Danone – come gran parte dell’industria alimentare confezionata – hanno dovuto aumentare i prezzi per riuscire a proteggere i margini. Questo ha portato gli acquirenti a passare a delle alternative più economiche, scegliendo le white label o i brand di proprietà di Walmart, Tesco e Carrefour.

Danone e Unilever, il problema dei prezzi

I prezzi di Unilever, nel corso del quarto trimestre 2022, sono aumentati del 13,3%. La divisione che si occupa della cura della casa è cresciuta di quasi il 17%, mentre quella legata ai gelati ha registrato un +14%.

Unilever ha registrato una crescita dei prezzi di base, nel corso del terzo trimestre 2024, ha registrato un +0,9%, con volumi di base in aumento del 3,5%, il più importante aumento a partire dal primo trimestre 2021. Le aspettative degli analisti, invece, si fermavano ad un 1% dei prezzi e ad un aumento del 3,2% dei volumi.

In una nota Hein Schumacher, amministratore delegato di Unilever, spiega che la società ha registrato un quarto trimestre consecutivo di crescita positiva e in miglioramento dei volumi, con ciascuno dei vari gruppi aziendali che ha registrato volumi più elevati anno dopo anno. Schumacher ha poi aggiunto che il sapone Dove, l’ammorbidente Comfort e i gelati Magnum hanno avuto buoni risultati.

Nel frattempo, anche la francese Danone ha superato le aspettative di vendita del terzo trimestre, spinta da un aumento del 3,6% nei volumi di vendita, mentre gli aumenti dei prezzi sono rallentati allo 0,7%, riflettendo la forte domanda in Nord America di prodotti ad alto contenuto proteico, creme per il caffè e acque.

Sia Unilever che Danone hanno mantenuto le loro previsioni per il 2024.

Danone ed Unilever, numeri rassicuranti

Nel corso del terzo trimestre Unilever ha registrato un aumento del 4,5% nelle vendite sottostanti, riuscendo a superare le previsioni degli analisti che si fermavano ad un aumento del 4,2%.

Tineke Frikkee, portfolio manager di Waverton Investment Management, spiega che è rassicurante vedere una forte crescita dei volumi nella maggior parte delle categorie. Un buon risultato nel settore dei gelati è utile, dato che si stanno preparando a uscire da questa divisione.

Unilever è al suo primo anno di svolta sotto la guida del CEO Schumacher. Come parte del piano, sta cercando di scorporare la sua attività di gelati, che produce Ben & Jerry’s e Cornetto. L’azienda sta anche spingendo nuovi prodotti, come il detersivo a ciclo rapido Wonder Wash, che continuerà a far salire di prezzo per aumentare le vendite.

Danone – produttore dello yogurt Activia, dell’acqua Evian e del latte per l’infanzia Aptamil – ha registrato un aumento del 4,2% nelle vendite comparabili nel terzo trimestre, superando le aspettative degli analisti che si aspettavano un aumento del 3,9%.

Juergen Esser, responsabile finanziario di Danone, prevede che in futuro possa esserci una certa inflazione nei costi dei materiali. Ma ha aggiunto che per aumentare il margine lordo, l’azienda deve creare il giusto equilibrio tra la produzione di volumi elevati e il mantenimento degli aumenti dei prezzi, garantendo al contempo una forte produttività.

È stato registrato il quinto trimestre consecutivo di crescita del volume delle vendite per Danone e il quarto per Unilever.

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Tesla, nel 2025 le vendite potrebbero crescere del 30%. Il titolo fa il botto in Borsa

La notizia che le vendite di Tesla potrebbero crescere del 30% fa brillare il titolo in Borsa, nelle contrattazioni pre-apertura.

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Tesla, nel 2025 le vendite potrebbero crescere del 30%. Il titolo fa il botto in Borsa

Nelle contrattazioni pre-mercato il Tesla è balzata del 12%. Il titolo è galvanizzato dalle previsioni diffuse dall’azienda, che prevede una forte crescita delle vendite di automobili. il Ceo Elon Musk è riuscito a rassicurare gli investitori: sta ancora cercando di espandere il core business dell’azienda, ossia la vendita di veicoli elettrici.

Il rialzo delle azioni ha portato la capitalizzazione di Tesla a 80 miliardi di dollari, andando, in questo modo, a compensare la recente erosione di valore determinate dai timori che Musk fosse troppo concentrato su nuovi progetti come il robotaxi, che è stato presentato proprio di recente. Il quale, almeno nelle intenzioni del miliardario, dovrebbe guidare la crescita futura di Tesla.

Il futuro di Tesla

Elon Musk è riuscito a trasformare Tesla un’azienda leader nel mercato dei veicoli elettrici in una specializzata nell’intelligenza artificiale e robotica. Al momento, però, non è ancora riuscito a definire un piano aziendale dettagliato per riuscire a centrare il suo obiettivo.

Nel corso dell’ultimo trimestre, Musk ha fatto degli annunci aziendali audaci su tutto, tranne che sulle automobili. Ha parlato di taxi senza conducente e di robot umanoidi, ma ha sostanzialmente lasciato gli investitori preoccupati per la riduzione dei margini, che risultano essere compromessi dai prezzi bassi.

Musk – nel corso della conference call post utile che si è tenuta mercoledì 23 ottobre 2024 – ha previsto una crescita delle vendite nel 2025 che potrebbe oscillare tra il 20% ed il 30%. Ha promesso un veicolo accessibile e ha affermato che gli sforzi per ridurre i costi di produzione hanno contribuito ad aumentare il margine.

Jessica Caldwell, responsabile degli approfondimenti presso il sito web di ricerca e acquisto di automobili Edmunds, spiega che questa volta Elon Musk sembrava decisamente più appassionato e coinvolto. Caldwell ritiene che gran parte di Tesla sia legata al futuro, ma è necessario capire come ci si debba arrivare. Questo è ciò che la gente aveva bisogno di sentire e sono stati un po’ più bravi a fornire quei dettagli rispetto al passato.

Il sentiment mostrato dagli investitori, tra l’altro, è il risultato di un evento sfarzoso che si è tenuto nel corso del mese di ottobre, quando è stato presentato il robotaxi a due posti denominato Cybercab, che dovrebbe entrare in produzione nel 2026: sarà senza volante o pedali e dovrebbe costare meno di 30.000 dollari. Nel corso dell’evento è stato presentato anche un furgone senza conducente da venti posti e robot umanoidi, che hanno ballato con i partecipanti.

Delusi dalla mancanza di dettagli chiave sulla rapidità con cui Tesla avrebbe potuto incrementare la produzione di robotaxi e superare gli inevitabili ostacoli normativi, dopo quell’evento gli investitori hanno penalizzato le azioni della società. Musk ha dichiarato che Tesla punta a produrre almeno 2 milioni di Cybercab all’anno.

Tesla, gli investitori rimangono delusi

Le rassicurazioni fornite da Elon Musk nella giornata di mercoledì non hanno placato gli animi degli investitori.

Ross Gerber, CEO di Gerber Kawasaki Wealth and Investment Management e importante investitore in Tesla, ritiene che i robotaxi e l’intelligenza artificiale non sono i business fondamentali su cui voleva che Musk si concentrasse.

Musk si aspetta che i veicoli Tesla possano offrire dei servizi di ride-hailing a pagamento e senza conducente a partire dal 2025, raddoppiando la promessa fatta all’evento robotaxi. L’azienda starebbe già testando le operazioni con i suoi dipendenti nella Bay Area di San Francisco. Ma è probabile che tale piano incontrerà notevoli difficoltà normative.

Lo stesso Elon Musk ha ha dovuto riconoscere le potenziali difficoltà nell’ottenere le approvazioni in California, ammettendo che siamo davanti a qualcosa che l’anzienda non controlla totalmente, anche se ha aggiunto che sarebbe scioccato se non riuscisse ad ottenere l’approvazione nel corso del 2025.

Per ora, i fondamentali incoraggianti del core business dei veicoli elettrici probabilmente terranno Musk lontano dalla pressione. Fino al prossimo trimestre.

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Boeing, gli operai rifiutano l’aumento del 35% in quattro anni e proseguono con lo sciopero

Continua lo sciopero degli operai Boeing, che rifiutano l’aumento salariale del 35% nell’arco di quattro anni e proseguono con lo sciopero.

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Boeing gli operai rifiutano l'aumento del 35% in quattro anni e proseguono con lo sciopero

Gli operai della Boeing continuano a scioperare. I lavoratori hanno deciso di rifiutare l’offerta contrattuale avanzata dall’azienda e continuare con lo sciopero che dura da oltre cinque settimana. Infliggendo, in questo modo, un duro colpo a Kelly Ortberg, nuovo Ceo di Boeing, che sta cercando di risollevare le finanze dell’azienda.

A votare contro l’accordo è stato il 64% degli operai: la proposta prevedeva un aumento del 35% degli stipendi nell’arco di quattro anni. Il rifiuto costituisce una pesante battuta d’arresto per Ortberg, che nel corso del mese di agosto aveva assunto l’incarico impegnandosi a collaborare in maniera più stretta con i lavoratori rispetto a quanto avevano fatto in passato i suoi predecessori.

Boeing, arriva l’ennesimo rifiuto dei lavoratori

I lavoratori hanno rifiutato ancora una volta l’offerta della Boeing. Già a settembre il 95% dei dipendenti aveva votato contro un primo contratto. Una situazione che sostanzialmente riflette un risentimento verso l’azienda, da cui in molti si sentono imbrogliati per i colloqui che si erano tenuti una decina di anni fa.

Il leader sindacati, subito dopo il voto, hanno comunicato di essere pronti a riprendere i negoziati con Boeing, in quella che è la prima importante trattativa dal 2014, quando l’azienda aveva minacciato di spostare la produzione della nuova versione del 777 fuori dalla regione. L’intento era quello di far passare un accordo che metteva la parola fine alle pensioni tradizionali.

Il sindacato chiede un aumento salariale del 40% e il ripristino del sistema pensionistico a beneficio definito.

In queste settimane la frustrazione degli operai Boeing si è resa palese: in dieci anni i loro salari sono rimasti indietro rispetto all’inflazione e i critici si sono lamentati del fatto che l’azienda ha speso decine di miliardi in riacquisto di azioni e ha pagato dei bonus record ai dirigenti.

Jon Holden, il principale negoziatore contrattuale del sindacato, ha spiegato che nel corso di queste contrattazioni si sono dovute affrontare molte difficoltà: ci sono ferite profonde. Holden ha poi aggiunto di voler tornare al tavolo, al quale dovrà venire anche Boeing.

Da quanto dura lo sciopero di Boeing

Circa 33.000 macchinisti lo scorso 13 settembre 2024 hanno interrotto la produzione negli stabilimenti sulla costa occidentale, bloccando la produzione del modello di successo 737 MAX e dei programmi wide-body 767 e 777.

Il tempo stringe perché Boeing, storicamente il più grande esportatore degli Stati Uniti, e il suo sindacato più importante raggiungano un accordo prima del periodo politico intenso che circonda le elezioni presidenziali del 5 novembre.

Con Boeing e IAM in una situazione di stallo all’inizio di questo mese, Julie Su, segretaria del Lavoro statunitense ad interim, ha contribuito a far sì che l’ultima offerta venisse sottoposta a votazione dopo aver partecipato di persona ai colloqui con entrambe le parti a Seattle la scorsa settimana.

Dopo il voto del sindacato, Holden ha dichiarato che avrebbe contattato la Casa Bianca per verificare se il sindacato potesse ottenere maggiore assistenza nelle trattative con la Boeing.

Scott Hamilton, un consulente aeronautico, spiega che dopo che la prima offerta contrattuale è stata respinta, la luna di miele è finita. Questo nuovo stop è una cattiva notizia per tutti: per la Boeing, per i lavoratori, per i fornitori, per i clienti e perfino per l’economia nazionale. L’azienda, infatti è il più grande cliente di una catena di fornitura aerospaziale statunitense che sta già affrontando una forte pressione finanziaria.

Spirit AeroSystems, il fornitore della fusoliera,  ha avvertito che se lo sciopero fosse continuato oltre la fine di novembre, ci sarebbero stati licenziamenti e congedi più drastici. L’azienda, che è in procinto di essere acquisita da Boeing, ha già annunciato una sospensione di 21 giorni per 700 dipendenti.

Ricordiamo che Boeing ha annunciato l’intenzione di tagliare 17.000 posti di lavoro e si sta avvicinando a un piano per raccogliere fino a 15 miliardi di dollari dagli investitori per aiutarla a preservare il suo rating creditizio di grado di investimento, mentre alcune compagnie aeree hanno dovuto ridurre i programmi a causa dei ritardi nelle consegne degli aeromobili.

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Borse in rosso negli USA: Apple perde il 3% poi recupera. Male tutti gli indici

Mercato ribassista negli USA: pesa l’esplosione di diverse tensioni.

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MERCATO ORSO USA

Tira una brutta aria a Wall Street, con diversi dei principali titoli quotati negli Stati Uniti che hanno fatto registrare perdite significative, trascinando giù tutti i principali indici. Una giornata dominata dalle perdite di Apple – con diversi analisti che hanno riportato tagli importanti agli ordinativi per iPhone 16, che finiranno per pesare sui ricavi del gruppo almeno per il trimestre in corso. A dominare le ansie anche le trimestrali di Tesla che sono previste tra poche ore e che serviranno per capire la direzione economica di uno dei gruppi più importanti per capitalizzazione negli USA.

Sono diversi i temi che hanno creato le condizioni giuste per una giornata di correzione sui principali titoli – nonostante una situazione geopolitica in leggero miglioramento – e nonostante un’economia che almeno stando agli ultimi dati disponibili ha dimostrato un certo livello di resilienza, con le possibilità di soft landing che aumentano giorno dopo giorno.

Tanti motivi di stanchezza

I motivi di stanchezza sono tanti per le borse: dalla campagna elettorale ormai in dirittura d’arrivo, fino all’incertezza sulle prossime mosse di Federal Reserve, con i due tagli da qui a fine anno che sono messi almeno parzialmente in discussione.

Pesa anche la stanchezza per una corsa che – con qualche stop intermedio – dura ormai da fine anno nonostante in diversi si aspettassero degli indici meno pimpanti: siamo, e basterà verificare le previsioni delle principali banche d’affari, sulla parte alta dei massimi delle previsioni degli scorsi mesi – cosa che ha contribuito a diffondere un sentiment da fine corsa che chiude una giornata nervosa.

La parola passerà di nuovo ai mercati domani, quando sono attesi i dati sulle nuove costruzioni e anche sulle richieste di disoccupazione. Da qui uscirà un quadro più preciso della direzione dell’economia e un buon segnale per le borse: recuperare il gap e tornare a salire o continuare nella correzione?

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