Azioni News
J&J, talco cancerogeno: la società sceglie la bancarotta
Johnson & Johnson ha richiesto che la sua controllata LTL Management possa formalmente entrare in bancarotta, secondo le leggi americane che regolano la materia. Si tratta del secondo tentativo della multinazionale farmaceutica di lasciare che questa controllata possa ricorrere alla bancarotta, dovuta a una causa miliardaria che ha per oggetto il talco utilizzato nei prodotti. Pare infatti che il talco impiegato da J&J possa essere cancerogeno, e ci sono oltre 60.000 persone che stanno partecipando in qualità di consumatori al processo legale.
Nel suo primo tentativo di terminare il processo, Johnson & Johnson si offrì di pagare 2 miliardi di dollari come patteggiamento per chiudere la causa. Contestualmente richiese la bancarotta per LTL Management, che però fu rifiutata decretando la continuazione del processo legale. Ora l’azienda alza la posta: offre $8.9 miliardi in 25 anni come patteggiamento, un’offerta decisamente più alta rispetto a quella di due anni fa. L’azienda sostiene di avere già migliaia di consumatori pronti ad accettare questo patteggiamento.
I dettagli della causa in corso
La famosa “baby powder” di Johnson & Johnson è stata negli scaffali di farmacie e supermercati di tutto il mondo per anni. Nel 2020, però, l’azienda si è trovata travolta da decine di migliaia di cause legali in base a un’accusa molto forte: quella di aver commercializzato il prodotto malgrado questo contenga amianto. Un tema estremamente sentito, specialmente considerando che si tratta di prodotti destinati ai bambini e che l’amianto è un materiale notoriamente cancerogeno. Per quanto la società non abbia mai ammesso la sua colpevolezza, nel 2022 ha sostituito il talco con altri materiali.
Anche dopo essersi offerta di pagare quasi 9 miliardi di dollari per mettere fine al processo, la società continua a difendere la sua linea. Attraverso i suoi legali fa sapere che questa non è un’ammissione di colpevolezza, ma una maniera più efficiente di sistemare la vicenda rispetto ad affrontare l’intero processo. Sembra però un totale controsenso: un’azienda sicura di avere ragione dovrebbe essere felice di portare la causa nelle aule di tribunale e di vincere di fronte a una giuria neutra. Optare per un patteggiamento sembra esattamente l’ammissione di colpa che Johnson & Johnson non vuole fare apertamente.
L’accusa vuole che la bancarotta venga rifiutata
I legali dell’accusa non vorrebbero che fosse approvata la bancarotta per la controllata di Johnson & Johnson. Secondo la loro opinione, questo sarebbe un modo di sfuggire alle responsabilità e di non assumersi pienamente le colpe dei danni causati ai consumatori. Ricordando che si tratta di uno dei prodotti per bambini più venduti al mondo, è chiaro che anche l’opinione pubblica vorrebbe sapere la verità sulla presenza di amianto nel talco e sul reale pericolo del borotalco venduto da Johnson & Johnson.
La controllata LTL fu creata nel 2021, proprio con l’obiettivo di essere la società che avrebbe raccolto tutti i brevetti e i prodotti di Johnson & Johnson nel settore del talco. L’obiettivo era quello di mettere la società in liquidazione dichiarando bancarotta, essenzialmente lasciando che il processo attacchi un bersaglio che non avrebbe messo a repentaglio i risultati della società madre. Una manovra controversa, che non funzionò dal momento che la società fu ritenuta troppo solida economicamente per accettare la bancarotta.
I legali dei consumatori hanno già reagito firmando un appello alla corte che si dovrebbe occupare del caso di bancarotta. In questo appello si legge chiaramente che all’azienda non dovrebbe essere concessa la bancarotta, dal momento che questo vorrebbe dire seppellire le responsabilità di un prodotto potenzialmente cancerogeno e trascurare il diritto di decine di migliaia di consumatori di sapere la verità.
Investimenti
Intel: al via i colloqui per prossimo CEO. I mercati affossano il titolo: -6%
Intel: partono i colloqui per il nuovo CEO. Si parte dall’esterno. In lizza anche CEO di Marvell.
Il caos interno a Intel dopo l’allontanamento del CEO fa perdere al titolo quasi il 6% in una singola seduta, all’interno della stessa sessione di scambi che ha visto invece il rivale più inarrivabile, Nvidia, che ha guadagnato l’+1,15%. A pesare è una situazione difficile per quanto riguarda la scelta della futura guida dell’azienda. Azienda che ha bisogno di recuperare un gap importante verso TSMC, e verso altri rivali per il momento però in un’orbita assolutamente inarrivabile.
Intanto cominciano a circolare i primi nomi: il board di Intel avrebbe già avviato i contatti con Matt Murphy di Marvell Technology e Lip-Bu Tan, un tempo in forza a Cadence Design Systems. Si starebbe dunque cercando all’esterno dell’azienda, per una notizia che però i mercati hanno interpretato in senso negativo. Ad aiutare le ricerche ci sarebbe la società Spencer Stuart, che sarebbe pronta a proporre anche altri candidati. Conseguenze di un’espulsione di fatto di Pat Gelsinger che pur ufficialmente ritiratosi per conto proprio, è stato costretto alle dimissioni dopo tre anni dai risultati alterni e con l’azienda che da inizio anno ha perso più del 50% della capitalizzazione in borsa.
Un cammino difficile
Mentre il ruolo di CEO è rivestito ad interim dal CFO e dalla vice-presidente esecutiva del gruppo, si apre ufficialmente la fase più difficile degli oltre 50 anni di storia del produttore che è stato per una lunga fase della sua vita il più rilevante del settore microprocessori. Un gruppo in difficoltà da anni a causa della concorrenza dei gruppi del Lontano Oriente come TSMC e anche per inadeguatezza della propria piattaforma per quelle che sono state le principali evoluzioni del mercato tecnologico degli ultimi anni, principalmente i dispositivi mobili come smartphone e tablet.
Nei prossimi giorni con ogni probabilità verranno aggiunti altri nomi alla lista di papabili alla guida dell’azienda più scottante di tutti i listini USA, forse l’unica delle top che non si è goduta una stagione di grande spessore di tutto il settore tech.
Investimenti
Intel: via il CEO dopo uno psicodramma con il board. Dopo 3 anni si cambia
Il CEO di Intel messo alle strette prima del ritiro. Si consuma una guerra ai massimi livelli del board.
Una storia di quelle buone per i thriller finanziari. Secondo fonti anonime ma informate dei fatti, si sarebbe consumato uno psicodramma in una recente riunione, la scorsa settimana, ai massimi vertici di Intel. La decisione che ne sarebbe venuta fuori – in un contesto aziendale di grande difficoltà – è stata quella dell’allontanamento del CEO Pat Gelsinger, al quale sarebbe stata offerta l’opzione pensionamento o allontanamento. A decidere un board che ha perso fiducia nelle capacità del manager di colmare un gap con NVIDIA che si è fatto enorme è che frutto di scelte – con il senno di poi – sbagliate da parte di quello che un tempo era il gigante dei chip su scala mondiale.
La scelta di Pat Genslinger è stata quella di annunciare il suo addio all’azienda, con David Zinsner e Michelle Johnston Holthaus, rispettivamente CFO e vice presidente esecutivo del gruppo che serviranno come CEO per il periodo di transizione. Questo secondo quanto è stato riportato anche da un annuncio ufficiale del gruppo. La reggenza Gelsinger si chiude dopo tre anni dagli umori alterni: accolto come un salvatore della patria, con un buon progetto per riportare Intel al centro del mondo chip, viene allontanato nel peggiore dei modi. Pesano anche le enormi distanze con TSMC, ormai azienda che genera volumi di vendita più importanti e che è anche maggiormente destinataria di attenzioni governative che si traducono poi in sussidi.
Gli investitori prima festeggiano, poi…
Il titolo Intel ha aperto in forte rialzo, salvo poi correggere per avviarsi ad una chiusura in negativo, all’interno di una giornata di forte volatilità per le azioni del gruppo. Dopo aver scambiato anche sopra i 25$ ad inizio sessione, il titolo ha pesantemente corretto per avviarsi ad una chiusura sotto i 24$, al di sotto anche del prezzo di chiusura della scorsa settimana.
Per il gruppo, nonostante l’entusiasmo poi rientrato per la novità alla guida, si preannuncia un periodo duro e enormi difficoltà nel colmare un gap che è diventato molto ampio nei confronti di altre aziende che oggi sono al vertice della produzione di chip.
Il titolo da inizio anno ha perso oltre il 50% del suo valore di mercato, segnale inequivocabile di difficoltà ormai evidenti anche sotto la gestione Gelsinger.
Investimenti
Stellantis, come si dovrà muovere il successore di Tavares per rilanciarla
All’indomani delle dimissioni di Carlos Tavares da Co di Stellantis appare chiaro quali debbano essere le mosse del nuovo amministratore delegato.
Carlo Tavares ha dato le dimissioni da amministratore delegato di Stellantis nella serata di ieri, 1° dicembre 2024, a Borse chiuse. La domanda che si pongono a questo punto analisti ed investitori è quali possano essere le strategie future del colosso automobilistico. E quale strada deciderà di intraprendere il nuovo Ceo.
Il futuro di Stellantis è quanto mai importante per l’Italia: principale produttore automobilistico del nostro paese, grazie al quale riescono a vivere migliaia di fornitori. Tra personale dipendente diretto e lavoratori impiegati nell’indotto, sono molte le famiglie che lavorano grazie a questa azienda.
Questi sono i motivi per i quali i riflettori sono puntati su Stellantis, un gruppo sulla carta nato dalla fusione tra FCA e Peugeot, ma diventato sempre più a trazione francese. A preoccupare, inutile dirlo, è il momento quanto mai delicato per tutto il settore dell’automotive: un’industria che sta attraversando una crisi di dimensioni enormi, penalizzate dalle vendite troppo basse. I veicoli elettrici non riescono a decollare e le termiche che a partire dal prossimo anno inizieranno a non essere prodotte per non rischiare di essere soffocati dalle multe Cafe per le emissioni di Co2.
Chi sostituirà Tavares alla guida di Stellantis
Carlos Tavares ha rassegnato le dimissioni da Ceo di Stellantis. Immediatamente è partito il toto nomine, anche se al momento non c’è ancora nulla di certo scritto sulla carta. Si parla di un avvicendamento interno, che potrebbe vedere alla guida del colosso italo-francese Olivier Francois o Jean-Philippe Imparato. C’è chi prova a sbilanciarsi a vedere alla guida di Stellantis Luca de Meo, attuale Ceo di Renault e artefice del suo rilancio (unico gruppo automobilistico a non aver lanciato un profit warning).
Con ogni probabilità il successore di Tavares potrebbe essere maggiormente impegnato nella nascita dell’Airbus dell’automotive, uno dei cavalli di battaglia di de Meo. All’orizzonte si potrebbe vedere anche un consorzio: non una fusione, ma una collaborazione un po’ più estesa.
Di certo Stellantis – come tutti gli altri produttori europei – deve affrontare uno dei momenti più difficili della sua storia. I colossi cinesi stanno guadagnando terreno, nonostante i dazi e i freni che sono stati posti a livello europeo. Ora come ora i grandi costruttori non possono più muoversi in ordine sparso: è necessario mettere sul piatto delle strategie e soprattutto superare eventuali tentennamenti. È necessario avere una visione tecnologica ben precisa e riuscire ad affrontare le scelte ecologiche insostenibili, che negli ultimi anni hanno contribuito ad innescare un disastro industriale.
Stellantis e gli altri produttori europei dovranno riuscire a mettere al centro il prodotto: ma sono necessarie delle sinergie e tenere i costi sotto controllo. E possono farlo solo mettendo insieme le risorse. In termini pratici dovranno riuscire a condividere tra i gruppi le piattaforme e i sistemi digitali. Ma anche le batterie e la tecnologia. Senza per questo arrivare a produrre dei modelli che siano l’uno la fotocopia dell’altro.
Cosa dovrà fare il nuovo Ceo
Come si dovrà muovere il nuovo Ceo di Stellantis? E come dovrà essere gestita l’eredità di Carlos Tavares? In agenda, sicuramente, ci dovrà essere la crisi e il rilancio delle vendite. Dovrà essere deciso quali marchi portare avanti e quali dovranno essere spenti definitivamente.
L’Abarth elettrica, ormai lo hanno notato tutti, è diventata un vero e proprio flop: i numeri sono piccoli e dimostrano come il traino della Fiat 500 elettrica si sia fermato. Ds non funziona a livello europeo e Lancia Ypsilon è in bilico.
Quelli che abbiamo fatto rappresentano solo alcuni esempi. Sicuramente uno dei problemi più grandi è rappresentato da Maserati, che il nuovo Ceo di Stellantis potrebbe decidere di vendere. Alfa Romeo, Peugeot, Fiat e Jeep, invece, hanno dei solidi prodotti e una serie di nuovi modelli, in parte dei quali Made in Italy, in arrivo.
Per quanto riguarda le piattaforme, il successore di Tavares avrà un bel po’ da fare in Stellantis. Ci sono tre architetture modulari multi energia pronte e una sta arrivando. A queste si aggiungono le piattaforme e le tecnologie che arrivano dai cinesi: un bel po’ di cose da fare e mettere in pista, in modo che Stellantis non rimanga fuori dai giochi.
Investimenti
S&P: chiusura sopra i 6.000$. È nuovo record, mentre i mercati prezzano rallentamento taglio ai tassi
Arriva un nuovo record per SPX500: novembre è il miglior mese del 2024 per il principale indice delle borse USA.
Le azioni sulle piazze USA chiudono un novembre che fino ad oggi è stato il migliore mese dell’anno. Chiusura che è arrivata nella sessione ridotta che è tipica del Black Friday, il venerdì subito successivo al Giorno del Ringraziamento. Nuovo record per S&P 500, per un mese che ha ricevuto un grande aiuto dalle elezioni USA, storicamente favorevoli per i mercati azionari a prescindere da chi esce vincitore dalle urne. Una settimana di incrementi relativamente modesti – di circa l’1% – che si aggiunge però già a un 2024 ricco di record. Entusiasmo alle stelle, nonostante i mercati abbiano iniziato a prezzare, correttamente, un cammino più lento per i tagli ai tassi negli Stati Uniti.
I mercati hanno apprezzato la nomina di Scott Bessent al Tesoro USA, che da gestore di fondi hedge viene percepito come personalità vicina ai mercati, ai loro bisogni e eventualmente alle loro richieste. Tutto questo in una settimana relativamente positiva anche per la conferma delle stime sul PIL del terzo trimestre e anche per i dati sui prezzi, rinforzati da un PCE che ha fatto registrare un +2,1%, in forte correzione rispetto alla lettura precedente.
Novembre da +5,7% a novembre
La crescita che è stata fatta registrare nel corso di novembre è stata la più importante dell’anno: 5,7% scaccia-crisi e che conferma che i mercati hanno iniziato a credere a Jerome Powell, sempre più ottimista (e scaramantico però) sulla possibilità di poter raggiungere un soft landing.
Di questioni sulle quali dovrà interrogarsi il mercato però nei prossimi giorni e nei prossimi mesi ce ne sono diverse: dall’inflazione, che potrebbe rimbalzare, passando per un mercato del lavoro che è stato resiliente fino ad oggi ma che potrebbe iniziare a presentare qualche segnale di difficoltà.
Per ora però il mercato sembra essere più preso dalle sirene rialziste della nuova presidenza, senza che neanche le dichiarazioni sui dazi pronti anche per i paesi alleati siano riusciti a invertire il trend e renderlo negativo.
Investimenti
Uber sotto inchiesta FTC: il servizio One avrebbe violato le leggi a protezione dei consumatori. Titolo brucia 1,5% dai massimi di giornata
Parte l’inchiesta sulle modalità di cancellazione dal servizio One, che FTC ritiene in violazione delle leggi.
La US Federal Trade Commission ha annunciato un’inchiesta nei confronti di Uber, per presunte violazioni delle leggi a protezioni dei consumatori per il suo servizio in sottoscrizione. Dietro le indagini di FTC ci sarebbero lamentele di diversi utenti che affermano di essere stati iscritti al programma senza il loro consenso e di aver incontrato anche difficoltà importanti nel bloccare il servizio. Le indagini a carico di Uber diventate pubbliche oggi sarebbero già in corso, secondo quanto è stato riportato da Bloomberg, già da tempo, senza che però ci sia una data certa.
Il titolo non ha eccessivamente risentito della notizia, e si appresta a chiudere una sessione piuttosto scialba, in linea con una performance negativa sia di NASDAQ che di S&P 500, in una sessione pre-Ringraziamento priva di grandi e emozioni e di parziale correzione. Non sono stati ben digeriti i dati arrivati prima dell’avvio della sessione su PCE, PIL e richieste di sussidi di disoccupazione.
È Uber One la pietra dello scandalo
A far drizzare le antenne a FTC è stato il servizio Uber One, un servizio in abbonamento che permette di accedere a tariffe scontate e che per l’azienda vuol dire fidelizzare una clientela pagante e che utilizza di frequent il servizio. Il passaggio al servizio sarebbe stato però forzato per alcuni utenti, che poi hanno riportato alla stessa FTC difficoltà nell’annullare l’abbonamento. Cosa che secondo FTC potrebbe aver violato le leggi che negli USA esistono a tutela dei consumatori.
Anche Uber ha confermato la ricezione di richiesta di informazione e ha anche confermato la sua intenzione di collaborare pienamente con le richieste dell’agenzia governativa USA. Il nodo da sciogliere riguarderebbe le modalità di cancellazione dal servizio, che secondo Uber seguirebbe per filo e per segno ciò che è previsto dalla legge, con l’intero processo di cancellazione che non porterebbe via più di 20 secondi agli utenti.
Seguiranno aggiornamenti su eventuali evoluzioni delle indagini, che a quel punto potrebbero avere un impatto sull’andamento del titolo in borsa.
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