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Kenya, export in calo aggrava la crisi di riserve di Forex

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Written by Alessandro Calvo
Diplomato in Scienze Economiche presso l'Ateneo di Torino, mi dedico alla vita di nomade digitale con un focus particolare sugli investimenti azionari. Rivesto il ruolo di gestore e analista capo per il portfolio di azioni su TradingOnline.com. Come ricordato da Peter Lynch, è importante tenere a mente che investire in azioni non equivale a giocare alla lotteria; rappresenta piuttosto la detenzione di una quota parte di un'impresa
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Il Kenya continua a combattere la sua battaglia per evitare un probabile default, ma le notizie provenienti dall’economia reale non sono positive. Da mesi le riserve di valuta estera in mano alla banca centrale kenyota stanno toccando nuovi minimi regolarmente, facendo pensare che presto mancheranno i fondi per far fronte ai debiti contratti in dollari americani sui mercati internazionali. La crisi del Kenya fa parte di un problema più generale legato a quella che potremmo ricordare come l’esplosione di una bolla di debito da parte delle nazioni africane, con varie altre nazioni del continente che si trovano in una situazione simile.

Ora sembra che la situazione potrebbe aggravarsi per via di mancati ricavi in dollari, legati soprattutto alle esportazioni di tè. Si tratta di una delle coltivazioni tipiche del Kenya, che storicamente ha favorito i pagamenti alle aziende locali in valuta estera. Tra i più grandi importatori del tè kenyota ci sono l’Egitto e il Pakistan, entrambe nazioni che ora si trovano in grande difficoltà economica e che non possono più permettersi di pagare le importazioni in dollari. Come diretta conseguenza, il Kenya riceve meno valuta estera e vede aggravarsi la sua stessa crisi finanziaria.

presentazione della notizia sul calo di export di tè in kenya
Egitto e Pakistan rappresentavano oltre la metà dell’export di tè coltivato in Kenya

Piove sul bagnato per la banca centrale

I depositi in valuta estera presso le banche private, dovuti soprattutto alle rimesse inviate dagli emigrati e alle esportazioni di prodotti agricoli, sono state a lungo la garanzia della banca centrale kenyota di poter mantenere una quantità sufficiente di valuta estera per pagare le importazioni di petrolio dai paesi del Golfo. Il colpo subito dagli esportatori di tè, però, è notevole: rispetto allo scorso anno, le esportazioni del 2023 sono in calo di 17.4 milioni di chili. Complessivamente Pakistan e Egitto componevano il 55% delle esportazioni di tè kenyota, ma ora entrambe le nazioni si trovano in una situazione molto simile a quella del Kenya stesso.

Il calo dell’export verso il Pakistan, fino a questo momento, è stato del 56% rispetto al 2022. Simile la situazione dei rapporti commerciali con l’Egitto, dove le esportazioni sono calate del 55%. Questo rende ancora più difficile per il governo riuscire a convincere il Fondo Monetario Internazionale a concedere il prestito da 3 miliardi di dollari che la nazione sta cercando di richiedere da diverso tempo.

foto di una coltivazione di tè
Il Kenya produce soprattutto tè nero, impiegando circa 500.000 persone in questa filiera secondo le stime della KTDA

Una situazione interconnessa per le nazioni in crisi

Mentre le economie occidentali sono alle prese con i rialzi dei tassi di interesse e con i tentativi di riportare il tasso di inflazione al di sotto del 2%, per i paesi emergenti il 2023 si sta rivelando un anno molto difficile. E i flussi commerciali tra questi paesi ne risentono: l’Argentina era un grande partner commerciale per la Bolivia, che ora è altrettanto in una situazione complicata, così come il Kenya era un grande partner commerciale per l’Egitto. Lo stesso vale per Pakistan e Sri Lanka, con la seconda nazione che ha già dichiarato default sul proprio debito.

Questa situazione si ripercuote a cascata anche sulle economie più grandi. La Cina, ad esempio, si è trovata a rinegoziare pressoché tutti i pagamenti dei prestiti effettuati a Sri Lanka e Pakistan. Paesi come l’Egitto sono poi molto importanti per garantire le esportazioni di petrolio verso le nazioni europee e altri mercati, in uno scacchiere economico segnato da un’economia sempre più globalizzata. Per questo motivo, soprattutto nelle ultime settimane, sembra che le valute delle economie emergenti facciano molta fatica a non perdere terreno rispetto a euro, dollaro, sterlina e yen.

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