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Manipolazione dell’Euribor: Société générale patteggia
Société générale S.A., la terza banca francese per totale attivo dopo BNP Paribas e Crédit Agricole, ha accettato di pagare 105 milioni di dollari per risolvere la controversia con gli investitori statunitensi che accusavano la banca francese di aver violato le leggi antitrust, cospirando con i rivali per truccare l’Euribor, un importante parametro di riferimento per i tassi di interesse europei.
L’accordo preliminare è stato depositato venerdì 14 aprile presso la Corte distrettuale degli Stati Uniti a Manhattan, ma richiede ancora l’approvazione di un giudice.
Un risarcimento da 105 milioni di dollari
Se approvato, l’accordo di Société générale implicherebbe che gli investitori abbiano ottenuto 651,5 milioni di dollari di risarcimenti con sette banche, che avevano in precedenza patteggiato per un totale di 546,5 milioni di dollari. Queste banche sono Barclays Plc, una banca internazionale britannica, Citigroup Inc., una multinazionale americana di banche di investimento e società di servizi finanziari, Credit Agricole, un istituto bancario cooperativo francese, Deutsche Bank AG, uno dei principali gruppi bancari tedeschi, HSBC Holdings Plc, uno dei più grandi gruppi bancari del mondo, e JPMorgan Chase & Co., la nota multinazionale americana di servizi finanziari.
La banca statunitense JPMorgan Chase & Co. ha appena pubblicato il primo rapporto trimestrale del 2023, registrando un profitto superiore alle stime di Wall Street, grazie all’aumento del reddito da interessi che ha compensato la debolezza nelle attività di dealmaking.
L’Euribor (abbreviazione di EURo Inter-Bank Offered Rate, ovvero il tasso interbancario di offerta in euro) è un tasso di riferimento giornaliero, pubblicato dall’Istituto europeo dei mercati monetari, basato sui tassi di interesse medi ai quali le banche dell’Eurozona prendono in prestito fondi non garantiti dalle controparti nel mercato monetario interbancario. L’Euribor è l’equivalente denominato in euro del precedente tasso di riferimento Libor (abbreviazione di London Inter-Bank Offered Rate, ovvero il tasso interbancario di offerta su Londra), che indica il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in sterlina britannica tra le principali banche inglesi.
Gli investitori, tra cui il fondo pensione California State Teachers’ Retirement System, hanno accusato le banche di aver truccato l’Euribor e di aver fissato i prezzi dei derivati basati sull’Euribor dal giugno 2005 al marzo 2011 per trarne profitto a loro spese.
Société générale, tuttavia, ha negato di aver commesso illeciti, accettando però di patteggiare, come risulta dai documenti del tribunale.
Una delle più antiche banche francesi
Société Générale è una delle principali società europee di servizi finanziari, un’attività che si estende anche ad altre parti del mondo. La sua sede si trova in Francia, nella zona commerciale La Défense, a ovest di Parigi. Le sue due divisioni principali sono le banche commerciali (soprattutto in Francia e nell’Europa dell’Est) e le banche d’affari.
È una delle banche più antiche di Francia, il cui nome originale era Société Générale pour favoriser le développement du commerce et de l’industrie en France (Società generale per favorire lo sviluppo del commercio e dell’industria in Francia). La banca è spesso soprannominata SocGen nel mondo finanziario internazionale.
Attualmente, Société Générale è la terza banca della zona euro per profitto e la settima società per capitalizzazione. Impiega 103.000 persone, di cui 75.000 in Europa, ed è presente in 80 Paesi. La banca è attiva nei mercati della finanza, degli investimenti e del risparmio gestito. Inoltre, in Francia, è attiva anche nel retail banking, con oltre 2.700 filiali (compresa la sua divisione Crédit du Nord).
Investimenti
Disoccupazione ok e parole di Austen Golsbee aiutano i mercati: NASDAQ +0,80%
Disoccupazione ancora sotto controllo negli USA, con un lieve aumento che fissa il dato relativo a novembre a 4,2%, in linea con le previsioni più pessimiste ma comunque non molto distante dal dato precedente, al 4,1%. Per quanto ci sia un peggioramento, siamo davanti ad una situazione tutto sommato tranquilla, che i mercati risk on hanno apprezzato, probabilmente giudicandola come la migliore delle possibilità effettivamente sul tavolo. Un soft landing è possibile, anzi più possibile per ogni dato che arriva e non lascia presagire disastri. Tutto questo mentre i mercati si godono anche un aumento, importante, delle possibilità di taglio per i tassi di dicembre, con la riunione del FOMC che procederà (così prezzano in mercati) con un taglio di 25 punti base.
Nel frattempo, a poca distanza dalla pubblicazione dei dati, è intervenuto anche Austan Goolsbee – Federal Reserve di Chicago – che ha espresso il desiderio di vedere Fed ai tassi di interesse neutrali entro la fine del prossimo anno. Non per imporre un ritmo ai tagli, ma piuttosto per raffigurare quale sarà la migliore delle soluzioni possibili: un mercato del lavoro che tiene, un’economia che non affronta periodi di grande difficoltà e un ritorno mansueto a tassi neutrali che però – secondo gli intendimenti di Fed, dovrebbero essere più alti del precedente ciclo.
Niente disastro sul lavoro: lattina ancora calciata in avanti
La preoccupazione principale dei mercati era quella di vedere un dato peggiore per quanto riguarda la disoccupazione e anche i non farm payrolls, dato che registra la creazione di nuovi posti di lavoro da parte dell’industria non agraria. Dati che invece sono stati positivi e che raccontano di un mercato del lavoro lentamente verso il cammino della normalità, non più surriscaldato (cosa di cui si è lamentato lo stesso Powell per mesi) e tutto sommato in salute.
Da qui al 18 dicembre – data in cui dovrà decidere il FOMC sui tassi – ci saranno altri dati importanti. Per ora però i mercati si godono un ritorno all’80% delle probabilità di taglio, almeno secondo quanto hanno prezzato i futures sui tassi. Una situazione ideale, che combacia anche con la storicamente ricorrente luna di miele post-elezioni.
Investimenti
Donald Trump minaccia i BRICS: pronti dazi del 100% se attaccheranno il dollaro
Donald Trump torna su dazi e minaccia di nuovo i BRICS. Niente accesso agli USA se…
Continuano le discussioni sui dazi negli Stati Uniti, dazi che dovranno arrivare – almeno secondo programmi – dopo il giuramento del futuro presidente Donald Trump, il prossimo 20 gennaio. Dazi che hanno già fatto discutere per quanto riguarda gli alleati storici degli Stati Uniti e che però potrebbero farsi molto più seri nei confronti dei BRICS, o meglio, dei paesi che amano maggiormente un consesso di paesi non allineati e del quale si parla con sempre maggiore insistenza. Secondo quanto affermato da Donald Trump direttamente sul social Truth, il governo USA potrà imporre dazi del 100% sui paesi BRICS che proveranno a attaccare il dollaro USA.
Secondo quanto è stato riportato da Yahoo Finance, il messaggio sarebbe stato indirizzato a tutti i principali membri dei BRICS, tra i quali figurano non solo la Russia, ma anche Brasile, India, Cina, Iran, Emirati, Egitto e Etiopia. Un consesso che presto potrebbe allargarsi e che potrebbe vedere anche l’ingresso di un alleato storico, ovvero la Repubblica di Turchia. Non è chiaro però a quali manovre per minare la supremazia del dollaro faccia riferimento Donald Trump.
Una questione emersa già in campagna elettorale
Una difesa del dollaro – costi quel che costi – era già venuta fuori durante la campagna elettorale che ha portato Donald Trump alla Casa Bianca. Questa volta però ha preso la forma di un avviso a mezzo social, che afferma che se BRICS cercherà di creare una valuta o di supportarne altre per rimpiazzare il dollaro, si vedranno negare l’accesso ai mercati USA, con dazi del 100%.
La questione è di massimo interesse politico, dato che recentemente anche Vladimir Putin si era espresso sul tema, dicendo che l’interesse nella ricerca di alternative era dettato principalmente dal controllo politico della valuta che è ad oggi ancora riserva mondiale e – soprattutto – anima principale del commercio su scala internazionale.
Trump si è dimostrato comunque in più occasioni piuttosto convinto della capacità del dollaro di preservare il suo primato. E, a quanto parrebbe dopo il post di oggi, sarebbe pronto a qualunque cosa (o quasi) affinché tale minaccia non prenda forma.
Investimenti
Germania: 2 miliardi di euro per l’industria dei chip. Arriva il piano del governo
Arrivano i sussidi in Germania per l’industria dei chip. 2 miliardi sul tavolo.
La via europea ai chip passerà per un vecchio pallino della politica industriale dell’unione: gli incentivi. Secondo quanto è stato riportato da Bloomberg News, al fine di colmare il gap tanto con gli USA quanto con l’Asia, la Germania starebbe preparando un piano di almeno 2 miliardi di dollari in sussidi per favorire l’industria dei semiconduttori nel paese. Per ora però dal Ministero delle Finanze tedesco non arrivano conferme, per un tema che lo scorso anno era diventato più che politico a causa di una querelle riguardante gli investimenti di Intel nella Repubblica Federale.
Se tanti brinderanno ad un piano relativamente ambizioso, altri certamente contesteranno una politica di incentivi che su altri settori ha fallito, in particolare quello legato al mondo EV e delle energie pulite, per un’Europa che ormai discute incessantemente di misure per far riprendere la crescita e l’innovazione nel mercato comune. Innovazione e crescita che sono diventate, nel corso degli ultimi anni, sempre di più un miraggio, soprattutto nei settori a più alto margine e valore aggiunto.
2 miliardi per colmare il gap
Non è chiaro se si tratterebbe per il momento di un primo tentativo di sussidio all’interno di un programma più ampio, oppure di una mossa una tantum. Per avere un metro di paragone, il governo degli Stati Uniti ha assegnato a TMSC la scorsa settimana 6,5 miliardi di dollari di sussidio, all’interno di un programma di inshoring delle industrie ritenute strategiche.
Nel complesso il solo sito in Arizona di TMSC ha comportato spese per 65 miliardi di dollari, ovvero di circa 30 volte i sussidi che la Germania sarebbe pronta a mettere in campo.
L’unica conferma che arriva dal Ministero delle Finanze tedesco è che si tratta, citiamo testualmente, di un investimento in singola cifra sulla parte bassa (calcolata in miliardi). Difficilmente si tratterà di cifre più elevate. Al centro delle proposte che saranno ricevute, ci sarà la sostenibilità della stessa industria, altro tema che si è fatto in queste settimane molto scottante ai massimi livelli della discussione politica europea.
Investimenti
Dal FOMC poche sorprese: Federal Reserve delinea una strada possibile per i 25 punti base a dicembre
Dai verbali del FOMC non vengono fuori grandi sorprese. Mercati immobili, tranne quello delle criptovalute.
I verbali del FOMC, la riunione di Federal Reserve che si occupa (anche) di tassi di interesse, non hanno riservato grandi sorprese. La più potente delle riunioni monetarie globali aspetterà altri dati dall’andamento dei prezzi prima di prendere ulteriori decisioni. Le proiezioni rimangono grossomodo vicine a quelle del meeting precedente, con l’aspettativa concreta di vedere un rallentamento di tutti i principali indicatori dei prezzi. Atteggiamento simile alla precedente riunione anche per quanto riguarda invece il mercato del lavoro. Un suo ulteriore rallentamento avrebbe un impatto certo sull’andamento dell’economia, comandando in quel caso un’accelerazione del percorso di tagli.
La grande incognita però riguarda il tasso di interesse neutrale: i falchi in seno a Federal Reserve continuano a ripetere che per questo ciclo saranno più alti del solito, cosa però incerta data l’incertezza dei modelli che vengono utilizzati per misurarli. L’indicarli come più alti è funzionale ad un percorso di riduzione dei tassi più lento. I mercati non hanno reagito granché alla notizia, con il grosso nervosismo che si nota solo sul fronte delle criptovalute, con Bitcoin che si trova a correggere complessivamente dai massimi vicino ai 100.000$ ai 91.500$ di oggi.
Ancora grande incertezza per il FOMC
Sarà ancora un FOMC data driven quello del 18 dicembre. E per il 18 dicembre i mercati continuano con un rapporto 60/40 sì tagli, no tagli, che è fondamentalmente immutato ormai da qualche giorno. Secondo le precedenti proiezioni del FOMC, quelle del dot plot di settembre, ci dovrebbe essere un altro taglio. Ma sia la resilienza del mondo del lavoro, sia invece una certa persistenza dell’inflazione sembrerebbero mettere in dubbio il percorso.
Saranno fondamentali i dati in arrivo il 27 novembre, alle 14:30, per il PCE, uno degli indicatori ritenuti più utili da Federal Reserve e in particolare da Jerome Powell per rendersi conto di come stiano andando i mercati.
Investimenti
Borse pimpanti per nomina di Scott Bessent, poi correggono. Male Bitcoin, sotto i 95.000$. La settimana del Black Friday si conferma…
…una settimana fatta anche di assurdità sui mercati risk on. A fondo il petrolio, che paga l’aria di cessate il fuoco in Medio Oriente.
Una giornata coi fiocchi quella che da il benvenuto al nuovo Segretario del Tesoro degli Stati Uniti, Scott Bessent. La scelta di Donald Trump piace ai mercati, con SPX500 che supera i 6.000 in apertura, salvo poi correggere all’interno di una giornata dal gusto dolce-amaro per i principali asset di rischio. Notevole anche la performance di Bitcoin, che perde il supporto dei 95.000$, correggendo dopo essere stato per giorni ad un passo dalla soglia psicologica dei 100.000$.
Una giornata di quelle da ricordare presso le principali piazze finanziarie internazionali, complici diverse evoluzioni che hanno contribuito ad un indebolimento del dollaro. Male anche il petrolio, che lascia oltre il 3% sui mercati e chiude sotto i 70$, complice un avvicinamento tra Israele e Hamas in termini di una possibile soluzione del conflitto, con un raggiungimento del cessate il fuoco che sembrerebbe essere di nuovo sul tavolo.
Arriva Scott Bessent: i mercati reagiscono a modo loro
L’entusiasmo c’è stato, ed è stato però limitato alla prima sessione della seduta americana, che ha visto un impennata dei principali indici, trascinati principalmente da aziende che hanno una parte rilevante del loro business all’interno dei confini degli Stati Uniti. La scelta di Scott Bessent, navigato operatore nel mondo dei fondi hedge, sembrerebbe essere piaciuta ai mercati di rischio, che però poi hanno corretto trascinandosi dietro i più estesi degli asset di questa categoria. Su tutti Bitcoin, che chiude una giornata forse non da incubo, ma comunque di importante correzione sotto quota 95.000$.
Il tutto all’interno di una settimana storicamente particolare per i mercati USA: è la settimana infatti del Ringraziamento (che vedrà le borse chiuse giovedì) e del Black Friday, tra le altre cose di un anno elettorale. Manca comunque poco alla configurazione finale del governo Trump, che darà forse, almeno a livello di promesse elettorali, una prima direzione ai mercati. Con un occhio vigile sempre sui dati della settimana, che saranno dominati dal PCE, ritenuto un indicatore di enorme importanza da parte di Federal Reserve.
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