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Petrolio, scandalo-collusione in Marocco: colpevole anche Total

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Written by Alessandro Calvo
Diplomato in Scienze Economiche presso l'Ateneo di Torino, mi dedico alla vita di nomade digitale con un focus particolare sugli investimenti azionari. Rivesto il ruolo di gestore e analista capo per il portfolio di azioni su TradingOnline.com. Come ricordato da Peter Lynch, è importante tenere a mente che investire in azioni non equivale a giocare alla lotteria; rappresenta piuttosto la detenzione di una quota parte di un'impresa
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L’antitrust del Marocco ha condannato nove colossi energetici del petrolio per aver costruito un cartello illegale, volto a mantenere artificialmente alto il prezzo del greggio. Arriva così una seconda condanna, dopo quella del 2020 che aveva già indagato lo stesso fenomeno. Secondo il garante marocchino della concorrenza, le più grandi società petrolifere operanti nel paese avrebbero agito contro l’interesse dei consumatori per formare un cartello dei prezzi e assicurarsi margini elevati. Complessivamente sono state emesse multe per €165 milioni, ma gran parte delle popolazione marocchina ritiene che non siano sufficienti a ripagare il danno causato ai consumatori e alle imprese locali.

Il processo di accusa è stato molto veloce: nel momento in cui l’antitrust ha deciso di notificare l’inizio della sua investigazione alle società in questione, queste hanno immediatamente deciso di patteggiare una sanzione anziché essere trascinate in tribunale. Tra queste nove aziende ce ne sono quattro in particolare (Afriquia, Vivo Energy di Shell, TotalEnergies e Petrom) che insieme controllano oltre i due terzi del mercato del petrolio in Marocco. L’antitrust ha mosso diverse accuse: comportamento volto a escludere l’entrata di nuovi concorrenti, manipolazione dell’offerta, cartello sui prezzi e divisione pianificata dei mercati.

presentazione della notizia su scandalo antitrust nel mercato del petrolio in Marocco

Una vicenda durata 5 anni

L’epopea del mercato del garante della concorrenza in Marocco è iniziata nel 2018, quando il Parlamento mosse le prime accuse di collusione alle società petrolifere. Ci vollero due anni prima che l’antitrust formalizzasse le accuse, sotto la guida di un primo capo della commissione scelto direttamente dal Re Muhammad VI. In seguito alle prime investigazioni, le società erano state condannate a pagare ciascuna tra l’8% e il 9% del volume totale di vendite generato l’anno precedente. Il processo però non si è concluso, anche per via della pandemia arrivata nel 2020, venendo di fatto rimandato fino al giorno d’oggi. A seguito delle nuove accuse mosse dal nuovo capo della commissione, Ahmed Rahhou, ora finalmente il processo giunge al termine.

La popolazione marocchina, però, sente di non aver ancora raggiunto il proprio obiettivo: un processo equo che porti le società colpevoli a rispondere di tutti i danni causati. La cifra di poco superiore a 160 milioni di euro, da dividersi pro quota tra le nove aziende accusate, non è stata giustificata in alcun modo dalle autorità dell’antitrust. Il patteggiamento si è raggiunto senza l’intervento di un giudice e senza alcun calcolo matematico riportato agli atti. Come risultato, la popolazione marocchina sente comunque di aver dovuto pagare un prezzo troppo alto rispetto a quello che ora verrà restituito dalle società colpevoli.

foto di pozzi di petrolio con un grafico del prezzo in aumento sullo sfondo

Pagheranno anche TotalEnergies e Shell

Il caso del Marocco in sé sarebbe limitato a una questione nazionale che difficilmente avrebbe ripercussioni sul mercato del petrolio, ma ci sono due azioni che indubbiamente potrebbero subirne le conseguenze: si tratta della francese TotalEnergies e dell’olandese Shell, tra le società principali del mercato petrolifero marocchino ed entrambe condannate a pagare la sanzione dell’antitrust. Per i bilanci di due società così grandi non si tratta di un colpo eccessivamente duro, ma si tratta senza dubbio di un grande danno d’immagine. Soprattutto per l’immagine di Shell, che proprio poco tempo fa è finita al centro di diverse polemiche riguardanti i tagli alla divisione per la sostenibilità.

Il momento rende la questione particolarmente sensibile, dal momento che proprio in questi giorni si sta svolgendo il COP 28 di Dubai. All’evento stanno partecipando anche i rappresentanti delle più grandi industrie petrolifere e soprattutto si sta parlando molto di aiutare i paesi emergenti nella loro transizione climatica. Una notizia di questo genere, in un momento così delicato, potrebbe portare gli azionisti a prendere le distanze dalle società coinvolte.

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