Azioni News
TikTok rischia di essere vietato negli Stati Uniti
Un gruppo di senatori degli Stati Uniti ha presentato una proposta di legge bipartisan che mira ad ampliare i poteri del Presidente Joe Biden per vietare TikTok e altre applicazioni di servizi simili in tutto il Paese. La proposta di legge, chiamata “Restricting the Emergence of Security Threats that Risk Information and Communications Technology Act” o semplicemente “Restrict Act”, non mira specificamente per un divieto a TikTok, che non viene direttamente menzionata, ma mira a dare al governo degli Stati Uniti nuovi poteri, incluso un divieto, contro i produttori stranieri di tecnologie, applicazioni, software o piattaforme di e-commerce che il Dipartimento del Commercio giudica essere un rischio per la sicurezza nazionale degli utenti americani.
Il Senato degli Stati Uniti lancia una legge per proteggere la sicurezza nazionale dai rischi delle app cinesi
Il progetto di legge è stato presentato da una dozzina di senatori, tra cui il senatore democratico Mark Warner, presidente del Comitato per l’Intelligence del Senato, e il senatore repubblicano John Thune. Il disegno di legge richiederebbe al Segretario del Commercio di identificare le minacce legate alle tecnologie delle comunicazioni e delle informazioni e creare soluzioni per affrontarle. Inoltre, il decreto darebbe al Segretario del Commercio maggiori poteri, tra cui l’autorità di vietare la tecnologia straniera. La legislazione affronterebbe anche aree come l’intelligenza artificiale, la tecnologia finanziaria e la computazione quantistica, che non sono state coperte in modo adeguato dalle autorità del potere esecutivo.
La proposta di legge prende un approccio ampio alle preoccupazioni che le aziende con legami con la Cina potrebbero essere costrette dal governo cinese a consegnare le informazioni personali o i record di comunicazione degli statunitensi. Nel caso di TikTok, i legislatori hanno detto che le leggi sulla sicurezza nazionale della Cina potrebbero obbligare la società madre cinese di TikTok, ByteDance Ltd., a fornire l’accesso ai dati degli utenti di TikTok negli Stati Uniti.
Warner, tuttavia, ha spiegato che il disegno di legge mira a proteggere la sicurezza nazionale degli utenti statunitensi e che la legge potrebbe sì consentire al presidente di creare una soluzione alternativa che affronti le preoccupazioni, ma senza necessariamente arrivare ad un divieto o ad una vendita totale.
Il CEO di TikTok, Shou Chew, ha dichiarato questa settimana che l’azienda non ha mai ricevuto una richiesta del genere dal governo cinese e non vi aderirebbe mai. Sembrerebbe, inoltre, che la società abbia preso misure volontarie per isolare i dati degli utenti statunitensi dal resto della sua organizzazione globale, anche ospitando tali dati su server gestiti dalla società tecnologica americana Oracle. L’azienda sta inoltre negoziando un possibile accordo con l’amministrazione Biden che potrebbe consentire a TikTok di continuare a operare negli Stati Uniti in determinate condizioni. In una dichiarazione, la portavoce di TikTok Brooke Oberwetter ha affermato che un divieto del governo degli Stati Uniti soffocherebbe la libertà di espressione americana.
Tutto ciò, però, non ha impedito a molti legislatori di cercare misure più severe contro l’azienda.
Mentre molti senatori hanno espresso preoccupazioni sulla sicurezza nazionale e sulla privacy dei dati degli utenti, alcuni si sono anche chiesti se il disegno di legge sia giusto o meno, esprimendo preoccupazione per le implicazioni politiche che il divieto di TikTok potrebbe avere, data la sua popolarità tra i giovani, e domandandosi se il divieto o la vendita forzata di TikTok potrebbe violare la libertà di espressione degli utenti statunitensi.
Investimenti
Tesla lascia il 3% in borsa. Male anche Bitcoin: già finita la magia dei Trump Trade? Anche DJT a picco!
Trump Trade: male Tesla, Bitcoin e DJT. Già svanito l’effetto elezioni?
Il tocco magico del Trump Trade è già svanito? Sembrerebbe così a guardare le performance odierne di Tesla, titolo legato a Elon Musk che è a sua volta legato al neo-eletto presidente degli Stati Uniti d’America. Il titolo lascia per strada circa il 4%, in parallelo con quanto fatto dall’altro grande Trump Trade, ovvero Bitcoin, tornato a più miti consigli dopo una corsa inarrestabile nel corso degli ultimi giorni, che ha permesso alla principale criptovaluta di fissare record su record.
A confermare la scarsa appetibilità odierna di questo mini-comparto c’è anche la performance, pessima, di DJT. Titolo che ha lasciato oltre il 7% avviandosi a chiudere sotto i 27 dollari USA, dopo aver toccato in settimana i 33 dollari. Difficile considerare per il momento se a contribuire alla correzione sia stato il clima generale da fine del mondo dopo che i dati sul mercato del lavoro e quelli sul PPI hanno confermato uno scenario che sembrerebbe meno in grado di garantire un percorso chiaro di riduzione dei tassi di interesse negli USA per il 2025.
Inflazione e mercato del lavoro forti fanno tremare i Trump Trade
Potrebbe trattarsi in larga parte anche di una correzione dovuta dopo corse, per tutti i titoli sopracitati, che sono state innescate dalla vittoria quasi landslide di Trump. Una vittoria che ha avuto un impatto immediato su titoli e asset che hanno fatto registrare, in alcuni casi (quello di Bitcoin), dei nuovi massimi storici.
La parola ultima sulla settimana i mercati cercheranno di darla domani, tenendo conto di uno scenario macro che – pur non essendo mutato completamente – è comunque diverso da quello che era venuto fuori dai dati della scorsa settimana.
Per ora chi è entrato tardivo long su questi asset si lecca le ferite. Tutti gli altri valuteranno invece se si sia costruita o meno l’occasione per farsi un altro pezzo di corsa, magari a con un prezzo di ingresso più basso. Bitcoin per il momento scambia ancora sotto i 90.000$, anche se comunque ad un passo. Tesla dovrebbe riuscire a mantenere i 300$, per quanto domani sarà un’altra giornata di redde rationem per i titoli maggiormente legati al futuro presidente degli USA.
Investimenti
Swisscom: nuove proposte per il deal Vodafone / Fastweb. Spazio fino al 10 dicembre per AGCM
Swisscom offre un pacchetto di remedies per ottenere ok AGCM. Basterà?
Arrivano gli emendamenti di Swisscom per la proposta di fusione di Fastweb con Vodafone nel nostro Paese, proposta che aveva ricevuto il niet – o meglio un primo giro di commenti preoccupati da parte di AGCM – l’autorità garante della concorrenza e del mercato in Italia. Autorità che aveva sottolineato come un’eventuale fusione dei due gruppi avrebbe creato un player dominante sia per il settore corporate e istituzionale, sia per il mercato retail.
Una situazione, quella delle possibili fusioni e acquisizioni dei maggiori gruppi della telefonia che operano in Italia che è da tempo fonte di preoccupazione e che ha visto diversi cambiamenti di fronte nel corso del 2024, anno che ha suggellato anche l’arrivo di KKR in TIM. Non è chiaro se le offerte di Swisscom saranno accettate da parte di AGCM, che a quel punto potrebbe anche decidere di sbloccare il tentativo di fusione.
I remedies offerti da Swisscom
I remedies, gli emendamenti offerti a AGCM sono in realtà diversi e permettono di avere una sorta di ottimismo per quanto riguarda la possibilità che l’affare vada in porto. Swisscom ha infatti offerto l’apertura ai competitor della sua infrastruttura fibra detenuta e controllata tramite Fastweb, per i clienti corporate e amministrativi. Al tempo stesso Fastweb manterrà tutti i contratti all’ingrosso con gli altri operatori per offrire connettività ai clienti di carattere residenziale.
Swisscom sarebbe anche d’accordo con la creazione di un trustee che monitori l’andamento del mercato e gli eventuali effetti della fusione di cui sopra. In ultimo, si preoccuperà di fornire tutte le informazioni rilevanti per il mantenimento di un mercato equilibrato anche dopo l’eventuale fusione. Non ci sono stati commenti per il momento da parte dei soggetti direttamente coinvolti.
La risposta dovrà arrivare dopo il 10 dicembre, data ultima per AGCM per valutare la proposta. Nel caso di ok, se ne riparlerebbe comunque nel primo trimestre del 2025. Il nuovo set di proposte non ha avuto effetti sul titolo di Swisscom, che viene scambiato a 513 franchi svizzeri, in calo dell’1,6% rispetto alla quotazione con la quale aveva chiuso la giornata di scambi di ieri.
Investimenti
Stellantis: altri 1.100 licenziamenti negli USA. Riorganizzazione per il gruppo, che però puzza di crisi
Altri licenziamenti per Stellantis negli USA. Ora via 1.100 operai dall’impianto Jeep del Michigan.
Altri 1.100 addetti di Stellantis negli USA dovranno cercarsi una nuova occupazione. Il gruppo ha comunicato il licenziamento di addetti della fabbrica Jeep in Ohio, che arriva a poco meno di un mese da un licenziamento di identiche proporzioni in Michigan. Secondo quanto è stato riportato da CNBC, nella fabbrica si produce il pickup Jeep Gladiaor. Il licenziamento sarebbe frutto di una situazione economica difficile – anche negli States – con livelli di inventario piuttosto alti e soprattutto di ricavi in picchiata nel corso del 2024.
La notizia è stata confermata da Stellantis stessa – che in un comunicato ha annunciato anche la riduzione di un turno del ciclo produttivo, allineando così la produzione con le richieste del mercato per Jeep Gladiator, che è l’unico modello che è prodotto presso lo stabilimento di Toledo South.
Un anno di transizione
Per quanto sia difficile farlo, il comunicato fornito a CNBC cerca di indicare qualche motivo di ottimismo, indicando l’anno in corso come anno di transizione e di riorganizzazione delle operazioni negli Stati Uniti. Riorganizzazione che non ha toccato soltanto però la produzione, ma anche la dirigenza, con uno shuffle che ha completamente ridisegnato l’azienda anche ai massimi vertici, almeno negli USA.
I licenziamenti saranno avviati il 5 gennaio e il preavviso è dovuto agli obblighi di legge presenti negli Stati Uniti. Per il momento tutto tace dal sindacato, al termine di una stagione di scontri aspri anche con Stellantis, scontri che si sono conclusi con una vittoria che però, stando allo stato attuale del mercato dell’auto e ai conseguenti licenziamenti, comincia a lasciare il tipico amaro in bocca di un’occasione persa.
Continua il trend negativo non solo per Stellantis, ma per un settore auto che in occidente continua a fare enorme fatica e che probabilmente continuerà a faticare anche per il 2025.
Investimenti
Reuters SHOCK: maxi multa per Apple da Commissione Europea. Prima violazione del DSA
Commissione Europea: arriva multa per Apple? Indiscrezioni di Reuters
Secondo notizie diffuse da Reuters, che cita fonti anonime ma informate dei fatti, Apple sarà la prima grande azienda ad essere multata in seguito alle norme incluse nel Digital Services Act, framework interno all’UE che impone restrizioni, lacci e lacciuoli e controlli ai giganti e ai meno giganti del web. Non è chiaro per il momento quali siano le motivazioni che porteranno alla sanzione, né al quantitativo di multa che verrà inflitta al gigante di Cupertino.
Si tratterebbe di una pietra miliare – così come la definiscono in genere i giornali americani – nell’applicazione di una norma che è stata già contestata dai grandi colossi del web, tutti di matrice statunitense o quasi. Per il momento non sono stati registrati commenti da parte di Cupertino e la notizia deve essere confermata anche da parte della Commissione Europea. Per il momento il titolo Apple non ha accusato il colpo successivamente alla diffusione della notizia, che rimane comunque ancora da confermare.
DSA: prima applicazione verso Apple?
Farebbe certamente doppia notizia. Mentre il mondo guarda con attenzione le evoluzioni elettorali negli USA, dall’Europa arriva un metaforico siluro ad una delle società più capitalizzate della borsa USA. Secondo indiscrezioni che per il momento rimangono tali e che sono state diffuse da Reuters, che però conferma di aver ricevuto la soffiata da fonti informate dai fatti e interni alla Commissione.
Con ogni probabilità la notizia verrà ufficializzata nei prossimi giorni, con i dialoghi tra l’azienda e la Commissione che dovrebbero essere già iniziati, almeno a rigor di logica. Interlocuzioni che però non avrebbero portato a risultati concreti o comunque positivi per Apple. Si attenderanno dunque sia entità della multa sia le motivazioni che avrebbero portato la Commissione ad agire, per quello che sarà un caso che certamente passerà alla storia, a patto che appunto si tratti di una questione concreta.
Azioni News
Netflix sospettata di frode fiscale. Vengono perquisite le sedi in Francia e in Olanda
Per un sospetto di frode fiscale le autorità hanno perquisito le sedi di Parigi e di Amsterdam di Netflix.
Aperta un’indagine fiscale nei confronti di Netflix, i cui uffici sono stati perquisiti in Francia e nei Paesi Bassi a seguito di un’indagine preliminare per frode fiscale. A comunicare la notizia è stata una fonte giudiziaria francese.
A condurre l’indagine francese è il PNF, un’unità speciale che ha il compito di perseguire la criminalità finanziaria, specializzata nelle indagini nei confronti dei cosiddetti colletti bianchi ad alto rischio, che nella maggior parte dei casi coinvolgono le più importanti società a livello internazionale. L’indagine ha preso il via nel corso del mese di novembre 2022.
Netflix sono indagine in Francia e nei Paesi Bassi
Benché siano stati interpellati, almeno per il momento, i rappresentanti di Netflix in Francia e nei Paesi Bassi non hanno rilasciato delle dichiarazioni o dei commenti sulla vicenda.
Nel corso della mattinata gli investigatori specializzati hanno fatto irruzione all’interno degli uffici dell’azienda collocati al centro di Parigi. Nello stesso momento le autorità olandesi stavano perquisendo la sede europea dell’azienda, che è collocata ad Amsterdam.
Stando a quanto ha riferito una fonte francese citata da Reuters, la cooperazione tra le autorità francesi e olandesi è in corso da molti mesi e ha portato a queste perquisizioni.
È importante sottolineare, ad ogni modo, che un’indagine preliminare in Francia non implica necessariamente delle accuse penali, ma soprattutto non porta necessariamente a un processo. Al momento non sono stati nemmeno chiariti i presupposti che avrebbero portato all’apertura dell’indagine. In altre parole, per il momento non ci sono ancora delle accuse precise nei confronti di Netflix, ma solo delle indagini.
Le grandi aziende tecnologiche, come Netflix, che offrono i loro servizi online e abbonamenti oltre confine spesso incontrano difficoltà con le autorità fiscali europee.
Il sito web di notizie La Lettre ha riferito, l’anno scorso, che la filiale francese di Netflix è diventata oggetto di controllo da parte delle autorità fiscali per il suo basso fatturato, che secondo i media era in contrasto con il numero di utenti paganti nel paese.
Secondo La Lettre, tra il 2019 e il 2020, Netflix Services France ha pagato meno di un milione di euro in imposte sulle società, coinvolgendo un’unità separata registrata nei Paesi Bassi. la società ha interrotto la pratica nel 2021.
Reuters è riuscita ad esaminare i registri aziendali, dai quali sembrerebbe che le entrate della divisione francese di Netflix sono salite a circa 1,2 miliardi di euro nel 2021, dai 47 milioni dell’anno precedente.
Nel 2022, Netflix aveva accettato di risolvere una controversia fiscale con l’Italia pagando 55,8 milioni di euro.
Netflix riferito di aver aperto il suo ufficio di Parigi, situato proprio dietro l’angolo dall’Opera Garnier, nel 2020 quando impiega circa 40 dipendenti.
Netflix, molti manager se ne vanno
Nei giorni scorsi Netflix ha comunicato che il vicepresidente di Global Public Policy Dean Garfield e il Chief Communications Officer Rachel Whetstone stanno lasciando l’azienda.
Il co-ceo della piattaforma di streaming Ted Sarandos è alla ricerca di candidati per un ruolo di nuova creazione, chief global affairs officer, per supervisionare le politiche pubbliche e le comunicazioni.
Secondo una fonte interna all’azienda per il momento nessuno sarebbe stato ancora identificato per il nuovo ruolo. La fonte ha aggiunto che Garfield non ha esperienza nelle comunicazioni e che Whetstone non era interessato al ruolo, portando alle loro partenze previste.
Garfield, che è entrato a far parte di Netflix nel 2019, era stato precedentemente CEO dell’Information Technology Industry Council e aveva ricoperto posizioni presso la Motion Picture Association.
Whetstone, che ha quasi due decenni di esperienza di lavoro su questioni di comunicazione e politiche per aziende tecnologiche statunitensi come Google di Alphabet, Uber e Meta Platforms.
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