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Tra scorte e Cina, previsioni sul rame dividono Wall Street
Il mercato del rame sta vivendo un anno di alta volatilità, e gli analisti puntano alla settimana che sta per aprirsi come a un possibile punto di svolta per capire quale sarà la direzione del mercato nel corso dei mesi. Sembra che per ogni punto a favore di un possibile trend rialzista, ci sia anche un altro lato della medaglia che potrebbe continuare a spingere il mercato a ribasso. Il tutto anche per via dei livelli di scorte, che sono raddoppiati da luglio a oggi ma rimangono ancora bassi rispetto alle medie storiche. Questo significa che ogni variazione della domanda, anche piccola, potrebbe avere un impatto significativo sui livelli dei prezzi spot e dei futures.
Ewa Manthey, commodity strategist di ING, ha divulgato una previsione articolata. L’analisi mette in luce come il rapido aumento dei livelli di scorte di rame nel corso dell’estate sia un chiaro segnale di domanda debole da parte del mercato. E gli effetti si sono visti: ad agosto i contratti venivano scambiati a oltre 4$, mentre oggi valgono 3,69$. A confermare questo aumento delle scorte è direttamente il London Stock Exchange, la principale piazza di scambi per il rame -soprattutto per le imprese europee-. Nell’ultimo report, le scorte disponibili equivalevano a 162.900 tonnellate. Tanto ad agosto quanto a settembre, questa cifra ha segnato un aumento del 50%.
Sottile linea tra scorte e domanda
Manthey fa notare che il livello di scorte, per quanto aumentato, sia comunque molto basso rispetto ai livelli storici. Soprattutto se si torna al periodo della pandemia e del pre-pandemia, poco più di 160.000 tonnellate depositate presso il LSE appaiono come un chiaro invito ai rialzi dei prezzi. Ma la situazione del mercato odierna è diversa: la richiesta delle imprese è debole, soprattutto in Europa dove il settore industriale continua a essere in difficoltà. Il grande assente, poi, è la Cina. Con la seconda economia più grande al mondo che continua a non riprendere slancio, mancano delle vere prospettive per un aumento della richiesta di rame sui mercati.
Dall’altra parte, sottolinea la Manthey, con un livello così basso di scorte basterebbe poco per causare un nuovo rally rialzista. Ma se ING rimane nel dubbio di fronte alla situazione attuale, ci sono anche delle altre grandi banche che invece prendono posizione in modo netto. Scotiabank, ad esempio, prevede un finale del 2023 molto positivo per le imprese che si occupano di estrarre rame. Anche Bloomberg, nel suo report semestrale sull’energia rinnovabile, ha espresso una previsione rialzista con un target price del 20% superiore alle quotazioni attuali. Tutto sembra dipendere da due variabili, cioè l’eventuale ripresa cinese e la domanda di materiali legati alla transizione energetica.
La Cina rimane la grande incognita
Essenzialmente esistono due grandi settori da cui proviene la domanda di rame: quello dell’energia rinnovabile e quello delle costruzioni. Entrambi questi settori vedono nella Cina il grande importatore mondiale, quello che con la sua domanda di mercato è in grado di influenzare i prezzi in qualsiasi piazza finanziaria. La Cina sta avendo un anno molto difficile, ma al tempo stesso le misure del governo per agevolare il credito sembrano stare avendo effetto nel corso delle ultime settimane. La richiesta di prestiti misurata negli ultimi dati è misurata addirittura di quattro volte rispetto al mese precedente, facendo pensare che le imprese edili e manifatturiere stiano tornando a investire in modo importante.
Anche in questo caso, però, a ogni prospettiva positiva ne fa da contraltare una negativa. Moody’s, l’agenzia di rating creditizio più importante al mondo, di recente ha minacciato la possibilità di tagliare il rating di altri due grandi costruttori cinesi. Nuovamente questo potrebbe causare un’altra ondata di pessimismo riguardo al mercato immobiliare in Cina, con prezzi in calo e di conseguenza domanda di rame in diminuzione. Si continua a vedere sul mercato una situazione molto equilibrata, ma nella quale qualsiasi novità di rilievo potrebbe portare a un impatto molto significativo sulle quotazioni.
Breaking News
Borse USA: in positivo i listini più importanti. NASDAQ a +0,80%, SPX500 a +0,41% in attesa delle elezioni
Wall Street: SPX500 e NASDAQ chiudono in positivo l’ultima settimana prima delle elezioni.
È tutto sommato un buon venerdì, l’ultimo prima delle elezioni presidenziali, per le borse USA. Buone le performance di Amazon e Intel, in scia di buoni dati trimestrali, per una performance NASDAQ che nonostante una leggera correzione nella seconda parte della seduta, chiude a +0,8%. Bene anche Standard & Poor’s 500, che invece chiude a +0,41%. Performance che valgono doppio in concomitanza di dati sul mercato del lavoro tutto fuorché entusiasmanti. Rimangono però diverse preoccupazioni per i principali listini: gli investitori non sono convinti della bontà dei piani – assai esosi – di investimenti per l’intelligenza artificiale.
Intelligenza artificiale che, come scritto più volte su TradingOnline.com, è ancora lontana dal poter offrire anche soltanto i primi ricavi. Oggi comunque è buona la prima, anzi, buona l’ultima prima di un appuntamento elettorale di grande incertezza tanto per il prossimo inquilino della Casa Bianca, quanto invece a livello economico e finanziario.
Poche certezze per i mercati, che però rimbalzano
Sarà che Intel è meno debole di quel che sembra – nonostante fosse considerata poco più di uno zombie – sarà che in realtà i dati del mercato del lavoro sono stati negativi principalmente per motivi esogeni (scioperi nel settore della logistica, uragano in Florida). Sarà ancora che difficilmente ci saranno dei cambiamenti importanti a prescindere da chi vincerà le prossime elezioni. Sta di fatto che i mercati reagiscono bene, almeno negli USA, all’interno di una giornata relativamente complicata e che si porta dietro gli strascichi di un periodo di relativa tensione, per quanto sempre in prossimità dei massimi.
Ora ci sarà da tenere il fiato sospeso almeno fino a mercoledì, giorno durante il quale i principali spogli dovrebbero essere finiti. Per ora però, vale la pena di ricordare che si tratta di una posizione in cui trovarsi che in molti non avrebbero potuto neanche sognare soltanto qualche settimana. Che Jerome Powell abbia tirato in modo corretto le somme?
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Apple acquisisce Pixelmator. Arriva la conferma da parte della App. Cifra ancora segreta.
Non solo trimestrali. Quella che si sta chiudendo oggi verrà ricordata come una delle più importanti settimane degli ultimi anni per Apple. Dopo aver presentato conti tutto sommato ok, il gruppo ha acquisito Pixelmator, popolare App per l’editing di foto, che entrerà a far parte della scuderia di Cupertino. L’acquisizione è stata confermata da Pixelmator sul blog ufficiale dell’azienda. Il rapporto tra le due aziende è da tempo eccellente, con Pixelmator che è stata più volte parte dello showcase di Apple di app per i suoi computer e i suoi dispositivi mobili.
Tutto il team che attualmente lavora a Pixelmator passerà a Apple, non appena arriverà l’ok dei regolatori coinvolti e da parte dell’antitrust, con ogni probabilità. Pixelmator non subirà cambiamenti almeno per il breve periodo, anche in termini di team. Non ci sono altri dettagli nel breve e conciso post con il quale Pixelmator ha annunciato l’avvenuta acquisizione.
Apple fa shopping
Apple si muove raramente in questo senso – se non per acquisti estremamente mirati nel mondo del software e – relativamente più di frequente – nel mondo dell’hardware. Non è chiaro se in futuro la suite di Pixelmator sarà integrata all’interno dell’offerta di App gratuite di Apple o se continuerà ad essere venduta separatamente.
Apple sta affrontando nel frattempo una giornata molto complicata in borsa, con una perdita che supera l’1,30% nella sessione odierna, successivamente alla pubblicazione di trimestrali in realtà migliori delle aspettative. Tutto questo mentre NASDAQ 100 si appresta invece a chiudere una giornata molto positiva, con un recupero superiore all’1%.
La notizia per il momento non è stata dunque computata dai mercati, con il titolo che ha seguito lo stesso trend che si è inaugurato all’apertura delle contrattazioni di oggi, le ultime della settimana. Il crescendo di tensioni continuerà fino a quando dalle urne USA uscirà il nome del prossimo presidente degli Stati Uniti d’America.
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PepsiCo, a New York rigettata la causa sull’inquinamento dell’ambiente
A New York è stata rigettata la causa contro PepsiCo, accusata di inquinare l’ambiente con le sue bottiglie di plastica.
PepsiCo vince a New York. È stata, infatti, rigettata la causa che vedeva imputata l’azienda di un’accusa particolarmente pesante: inquinare l’ambiente con degli imballaggi in plastica monouso. Il giudice ha aspramente criticato Letitia James, procuratore generale dello Stato, per aver portato avanti il caso.
Emilio Colaiacovo, giudice della Corte Suprema dello Stato di Buffalo, ha preso una posizione ben precisa, sostenendo che Letitia James non è riuscita a dimostrare che PepsiCo abbia creato un disturbo pubblico e che avrebbe dovuto avvertire i consumatori sui rischi per la salute e l’ambiente della plastica dei suoi brand.
Nel corso del mese di novembre 2023, James ha fatto causa alla PepsiCo e alla sua divisione Frito-Lay cercando di dimostrare che il colosso delle bibite avrebbe messo a repentaglio l’approvvigionamento idrico di Buffalo producendo il 17% dei rifiuti di plastica che erano stati trovati nel fiume Buffalo.
Secondo James, PepsiCo avrebbe ingannato il pubblico sui loro sforzi per combattere l’inquinamento da plastica.
PepsiCo, la causa è stata rigettata
Il giudice, però, non è stato dello stesso parere del procuratore generale, ritenendo che sarebbe stato contrario ad ogni norma di giurisprudenza consolidata punire PepsiCo. Sono, infatti, le persone che consumano la bevanda ad ignorare le leggi che proibiscono di gettare dei rifiuti.
Tra l’altro James ha ignorato il rifiuto di una corte d’appello del 2023 di ritenere Sturm Ruger responsabile quando i criminali usano le sue pistole. Il predecessore di James, Eliot Spitzer, aveva portato avanti quel caso.
La causa di James è una delle tante portate avanti dai governi statali e locali e dei gruppi ambientalisti contro le aziende che utilizzano la plastica. La contea di Los Angeles ha intentato una causa simile contro PepsiCo e Coca-Cola sul loro imballaggio in plastica monouso.
Ricordiamo che i marchi di PepsiCo includono Cheetos, Cracker Jack, Doritos, Fritos, Gatorade, Lay’s, Lipton, Mountain Dew, Ocean Spray, Pepsi, Quaker, Ruffles e Tostitos.
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Exxon Mobil e Chevron, profitti meglio del previsto grazie alla produzione record di petrolio
I profitti di Exxon Mobil e Chevron sono meglio del previsto: hanno, infatti, beneficiato della produzione record di petrolio.
Exxon Mobil e Chevron hanno registrato profitti, nel corso del terzo trimestre 2024, migliori del previsto, riuscendo a battere i competitor europei. Le due compagnie hanno beneficiato della produzione record di petrolio, che è riuscito ad attutire, almeno in parte, il crollo del margine del carburante.
Exxon Mobil e Chevron si sono concentrati principalmente sull’espansione della produzione di petrolio e gas, mentre i principali competitor come Shell e BP hanno speso molto per l’eolico, il solare e le energie rinnovabili. Entrambe le compagnie petrolifere hanno nel frattempo beneficiato delle acquisizioni di produttori di petrolio più piccoli.
Exxon Mobile e Chevron, il problema dell’aumento della produzione
Sono diversi i problemi che Exxon Mobil e Chevron dovranno affrontare a breve. L’aumento della produzione potrebbe essere frenata dalla domanda debole, specialmente in Cina, il principale importatore di petrolio. Da tenere sotto controllo, inoltre, l’Opec, che potrebbe eliminare i limiti di produzione già dal mese prossimo. Si prevede che l’organizzazione ritarderà un piano per aggiungere 180.000 barili al giorno a causa delle preoccupazioni sulla debole domanda e l’eccesso di offerta.
Exxon Mobil ha estratto qualcosa come 4,6 milioni di barili di petrolio al giorno nel corso terzo trimestre, in aumento di oltre il 24% rispetto all’anno precedente, poiché la sua scommessa da 60 miliardi di dollari su Pioneer Natural Resources e l’acquisto di Denbury ha portato i loro frutti.
Chevron, la cui acquisizione da 53 miliardi di dollari di Hess è stata bloccata, ha registrato un aumento del 14% della produzione nel corso del terzo trimestre arrivando ad un livello record di 1,61 milioni di barili al giorno, ottenuta principalmente dalla sua attività di scisto negli Stati Uniti. Chevron, inoltre, ha aggiunto una piattaforma di perforazione nel bacino del Permiano nell’ultimo trimestre e inizierà un’espansione della produzione in Kazakistan il prossimo trimestre.
Exxon Mobil e Chevron hanno riportato profitti inferiori anno su anno, poiché i deboli margini di raffinazione globali – i quali hanno colpito BP e TotalEnergies – hanno tagliato duramente i loro guadagni petroliferi. I profitti del terzo trimestre di Exxon Mobil sono stati inferiori del 5% rispetto all’anno scorso, mentre quelli di Chevron sono scesi del 21%.
Exxon Mobil e Chevron, i numeri ufficiali
I cali registrati dalle due compagnie sono stati inferiori alle aspettative di Wall Street e a quelli riportati dai principali rivali europei. BP questa settimana ha registrato un calo del 30% dei profitti rispetto a un anno fa, mentre TotalEnergies ha portato a casa un calo del 37% del reddito netto rettificato.
Secondo i dati di LSEG, l’utile di 1,92 dollari per azione di Exxon Mobil è stato di quattro centesimi superiore alle prospettive di Wall Street, mentre il reddito rettificato di 2,51 dollari per azione di Chevron era ben al di sopra delle stime medie degli analisti di 2,42 dollari. Le azioni di entrambe le società sono aumentate di quasi il 2% nel trading pre-mercato.
Le due società hanno estratto una quantità record di petrolio e gas dal bacino del Permiano, il principale giacimento di scisto degli Stati Uniti. La produzione di Exxon dal bacino, che attraversa il Texas e il New Mexico, ha raggiunto un record di 1,4 milioni di boepd.
Exxon non ha intenzione di togliere il piede dall’acceleratore. Kathryn Mikells, capo delle finanze, vede enormi opportunità di investimento in una crescita redditizia sia nelle attività esistenti che in quelle nuove.
Chevron ha, invece, spiegato che la sua produzione nel Permiano è balzata del 22% a un record di 950.000 boepd, aiutata dall’acquisizione dell’anno scorso di PDC Energy, ed è sulla buona strada per 1 milione di boepd nel campo l’anno prossimo.
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Bonus affitto, in arrivo 5.000 euro per le spese di locazione dei neoassunti
La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto un bonus affitto per i neo assunti, che arriva a coprire le spese di locazione fino a 5.000 euro.
Tra le novità previste dalla Legge di Bilancio 2025 c’è il bonus affitto per i lavoratori appena assunti a tempo indeterminato. Per accedere all’agevolazione è necessario, però, è necessario trasferire la propria residenza per motivi di lavoro.
Lo sanno bene quanti si sono dovuti spostare in un’altra città per motivi professionali: i costi sono sempre molto alti. Soprattutto quelli relativi al canone di locazione. Proprio per risolvere questo problema e incentivare la mobilità lavorativa, attraverso la Manovra 2025 viene introdotto il cosiddetto bonus affitto, che prevede l’esenzione fiscale delle somme che vengono rimborsate o erogate direttamente dal datore di lavoro per far fronte al canone di locazione.
Ma cerchiamo di capire nel dettaglio come funziona il bonus affitto e quali sono i soggetti che vi possono accedere.
Bonus affitto, chi lo può richiedere
I lavori dipendenti, assunti con un contratto a tempo indeterminato nel 2025, possono accedere al bonus affitto, nel caso in cui dovessero trasferire la propria residenza per motivi di lavoro. È necessario, però, che la nuova abitazione nella quale andranno ad abitare sia a più di 100 chilometri rispetto alla precedente residenza.
Per accedere al bonus affitto è necessario rispettare una serie di requisiti:
- il richiedente deve essere assunto a tempo indeterminato nel 2025. Non possono aderire alla misura quanti siano già occupati;
- il trasferimento della residenza deve avvenire a non meno di 100 chilometri rispetto alla precedente residenza. La distanza deve essere calcolata dalla precedente abitazione alla nuova sede di lavoro. Si deve far riferimento alla distanza chilometrica più breve e non a quella in linea d’aria;
- nel corso dell’anno precedente l’assunzione il reddito da lavoro dipendente deve essere stato inferiore a 35.000 euro;
- l’immobile preso in locazione deve essere obbligatoriamente adibito ad abitazione principale.
Bonus affitto, ecco come funziona
Il datore di lavoro ha la possibilità di rimborsare o erogare direttamente al dipendente le spese di locazione e gli eventuali oneri accessori. Fino ad un tetto massimo di 5.000 euro ogni anno. I rimborsi effettuati al lavoratore non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente per i primi due anni a decorrere dalla data di assunzione. Questo significa, in altre parole, che sono completamente esenti Irpef, ma sono rilevanti ai fini contributivi.
Proviamo a fare un esempio: nel caso in cui il datore di lavoro dovesse riconoscere 4.000 euro al dipendente per coprire il canone di locazione, questi 4.000 euro non verranno tassati.
Volendo sintetizzare al massimo il bonus affitto rientra nelle esenzioni dei fringe benefit erogati dai datori di lavoro. Ed hanno una durata massima di due anni a partire dalla data di assunzione.
Stando alle indicazioni che sono giunte fino a questo momento, sembrerebbe che il bonus affitto non valga solo per il 2025 ed il 2026. Quanti saranno assunti – solo per fare un esempio – il 1° dicembre 2025 potranno beneficiare dell’agevolazione fino al 30 novembre 2027, senza particolari discriminazioni rispetto a quanti siano stati assunti ad inizio 2025.
Questo è quanto fa presupporre la relazione tecnica, dato che si stima che le ricadute fiscali delle agevolazioni abbiano un impatto nel periodo compreso tra il 2025 ed il 2027.
Per ottenere il bonus affitto è necessario esibire al datore di lavoro una serie di documenti:
- un’autocertificazione del lavoratore attraverso la quale dichiara quale fosse il suo luogo di residenza nel corso dei sei mesi precedenti;
- il contratto di locazione e la relativa documentazione, dalla quale si evince quali siano le spese sostenute dal dipendente.
Un’apposita norma, tra l’altro, prevede che le somme erogate o rimborsare dal datore di lavoro non debbano essere prese in considerazione per la determinazione dell’Isee o in relazione all’accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali. Sembrerebbe, invece, essere cumulabile con gli altri fringe benefit esentasse erogati al singolo dipendente.
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